Il curioso caso Gadda-Conrad
Manuela Bertone
Poco si sa del legame che ha unito Carlo Emilio Gadda a uno dei massimi scrittori di lingua inglese a cavallo fra Otto e Novecento, Joseph Conrad. Va da sé che intendiamo fare riferimento a un legame letterario, libresco, ideale, e non a un rapporto di natura personale, poiché è certo che le loro strade non si sono, nella realtà, mai incrociate. È forse superfluo rammentare che quando Conrad soggiorna in Italia con la famiglia, nel 1905, Gadda è appena un ragazzo dodicenne e che, proprio nell’anno in cui Gadda, poco dopo il ritorno dall’Argentina, dà inizio a Milano al suo primo tentativo di romanzo, Racconto italiano di ignoto del novecento, – nel 1924, dunque – Conrad muore sessantasettenne nel Kent.
Sappiamo però che nel 1953 Gadda firma per Bompiani la traduzione dall’inglese di The Secret Agent di Conrad, anche se, come è noto, quella traduzione è stata dallo scrittore milanese soltanto riveduta. Si tratta probabilmente di una delle numerose traduzioni di classici stranieri prodotte ma non firmate da Lucia Rodocanachi, alla quale esse venivano sub-appaltate da artisti affermati (Gadda e Vittorini erano nel numero) in cerca di rapidi e facili guadagni, ma carenti di conoscenze sufficienti per svolgere in proprio le versioni che la «gentile signora» era invece in grado di sfornare a getto continuo. (1) A dire il vero, per questo Conrad, né – se di lei si tratta – Lucia Rodocanachi, che sapeva l’inglese, né Gadda, del cui inglese è lecito dubitare, (2) sembrano aver speso tesori di accuratezza e di inventività, poiché la versione cosiddetta gaddiana dell’Agente segreto, «ben lungi dal mostrare le caratteristiche invenzioni linguistiche tipiche del Gran Lombardo o dall’offrire soluzioni stilistiche originali, sorprende per la dimostrazione che fornisce della scarsa conoscenza dell’inglese da parte del traduttore». (3)
Andrebbe appurato, tuttavia, quando Gadda avesse avuto occasione di leggere per la prima volta il romanzo di Conrad, uscito in rivista fra il 1906 e il 1907, apparso in volume nel 1907e poi, sotto forma di dramma in quattro atti, rappresentato nel 1922e dato alle stampe nel 1923. E questo perché sono numerosi gli spunti tematici e addirittura gli stilemi che possono indurre a credere che una parentela diretta leghi The Secret Agent a diversi scritti di Gadda o di conseguenza, a ritenere che Gadda abbia accettato di effettuare (ovvero di rivedere) la traduzione del romanzo in ragione del fatto che già conosceva piuttosto bene il testo di Conrad.
Si paragonino, a titolo di esempio, le considerazioni conradiane, contenute nella Author’s Note del 1920, a proposito dei personaggi della sua storia, «both law-abiding and lawless», a quelle depositate da Gadda nel 1924nel Racconto italiano-Cahier d’études in merito all’in lege ed ex lege.Anche a voler credere nel caso suddetto ad una pura coincidenza, ovvero ad una riflessione sulla società figlia delle letture paretiane del giovane Gadda più che di una condivisione dello sguardo portato sui protagonisti del racconto dal maturo Conrad, che dire di altre, più sorprendenti somiglianze fra il testo del Secret Agent e quelli dell’Adalgisa e del Pasticciaccio? Intendiamo fare riferimento, innanzitutto, al brano incipitale del disegno milanese intitolato Al parco, in una sera di maggio, che vede come protagonista donna Eleonora, milanese «dama incocchiata», condotta a spasso sulla propria carrozza da una macchietta di conducente: «il cocchiere [con] una puntuta coccarda [che], a ritta, gli sopravanzava sul tetto del cilindro» (RR I 485). Gadda sembra recuperare la descrizione del passeggio in carrozza sul Row presso Hyde Park su cui esordisce il capitolo II del romanzo di Conrad; analoghe le circostanze, dunque, ma addirittura identica la scelta di dedicare un accenno al cocchiere attraverso la sottolineatura del medesimo dettaglio vestimentario: anche a Londra, come a Milano, nella piùsobria epifania approntata da Conrad, spicca un «groom with a cockade to his hat» (un «palafreniere con la coccarda sul cappello», come si legge nella versione Gadda). (4)
Diverso e più complesso il caso del Pasticciaccio, latore di somiglianze macroscopiche con il Secret Agent, ma anche di svariate sottigliezze disseminate qua e là, che sembrano essere rimbalzate dalle pagine di Conrad a quelle di Gadda. Entrambi i romanzi, costruiti sul canovaccio del giallo, si aprono sulla presentazione della coppia degli interpreti principali: una figura di protagonista-pensatore le cui azioni-ruminazioni reggono le sorti dell’intreccio e una figura di donna-angelo del focolare lanciata verso un destino sciagurato. Al silenzioso e misterioso Mr Verloc, agente segreto-filosofo, talvolta scettico, talvolta pessimista, sembra corrispondere il taciturno e tenebroso Ciccio Ingràvola (poi Ingravallo), (5)commissario-filosofo e teorico delle concause; Liliana Balducci, dal canto suo, spartisce con Winnie Verloc un numero tale di caratteristiche – elencate nello stesso ordine e in termini pressoché identici – da rendere poco plausibile l’ipotesi della casualità. Può non sorprendere il tratto di riservata cordialità che le accomuna, ma colpisce invece la selezione di identiche caratteristiche: la pelle, l’acconciatura. Per Winnie, «her clear complexion», l’«extremely neat and artistic arrangement of her glossy hair»; per Liliana, «una pelle stupenda», «un viluppo di bei capelli castani». (6) Di Winnie viene sottolineata «the air of unfathomable indifference» e, poco dopo, «the provocation of her unfathomable reserve», con la reiterazione significativa dell’aggettivo, unfathomable. Gadda lo traduce entrambe le volte con impenetrabile: e dell’impenetrabilità di Winnie dota anche Liliana, anche se per giocare, con humor e sarcasmo, sul risultato di quell’impenetrabilità – l’infertilità, la maternità mancata: «si sarebbe detto […] ch’egli, il Balducci, non avesse valutato, non avesse penetrato tutta la bellezza di lei: quanto vi era in lei di nobile e di recondito: e allora i figli non erano arrivati» (RR II 287).
Conrad non instaura davvero il rapporto causa-effetto fra l’impenetrabilità della protagonista e la sua sterilità, come Gadda decide di fare; eppure, guarda caso, anche nel romanzo inglese, come in quello italiano, la maternità è negata alla protagonista. Se parliamo di maternità negata (laddove, giova sottolinearlo entrambi i romanzi esordiscono con un bilancio di sterilità che riguarda entrambi i coniugi – «the Verlocs had no children»; «non hanno figli»), è perché i due racconti propongono e sviluppano fino in fondo il tema della maternità inadempiuta della protagonista, fino a farne il motivo dinamico scatenante di tutta la vicenda, mentre la paternità mancata è trattata dai due scrittori come ovvia e pura conseguenza del fatto che le mogli dei non-padri non sono madri. The Secret Agent e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana potrebbero definirsi romanzi della maternità traslata e tragica. Traslata, poiché sia Winnie che Liliana vengono munite, dai rispettivi autori, di succedanei dei figlioli mai avuti.
Per Winnie, ersatz eccellente è il fratello semi-deficiente, Stevie: «Winnie found an object of quasi-maternal affection in her brother», «Winnie, his sister, glanced at him from time to time with maternal vigilance». Per Liliana, fanno da rimpiazzo le servette-nipoti che si avvicendano nell’appartamento di via Merulana: «La signora Liliana, non potendo scodellare del proprio… così ogni anno… Il cambio della nipote doveva di certo valere nel suo inconscio come un simbolo, in sostituzione del mancato scodellamento» (RR II 289). Entrambe si estasiano alla vista dei loro oggetti d’amore materno: «That ardour of protecting compassion exalted morbidly in her childhood by the misery of another child tinged her sallow cheeks with a faint dusky blush, made her big eyes gleam under her dark lids»; «La signora Liliana allora la guardava compiaciuta, quasi con tenerezza: come vedesse un fiore ancor chiuso e un po’ raggelato dall’aurora dischiudersi e risplendere sotto i suoi occhi nei prodigi del giorno» (RR II 285). Ed è precisamente per aver guardato tutt’e due da madri quegli individui che figli non sono che, entrambe, accecate dal sentimento materno, vengono trascinate verso la tragedia. Infatti se abbiamo parlato di romanzi della maternità tragica oltre che traslata, è perché nei due romanzi i figli/non-figli occupano il centro della scena sulla quale si svolge il fatto di sangue che decide del destino delle due madri/non-madri.
Non si può terminare questa prima campionatura delle corrispondenze più macroscopiche senza richiamare almeno l’inserimento nelle prime battute di ambedue i racconti dell’adagio vieto (la parola è di Gadda), ma non certo obbligato (viene voglia di suggerirgli), «cherchez la femme» (RR II 283) lasciato ovviamente tale e quale nella versione gaddiana dell’Agente segreto, ripreso alla lettera nel Pasticciaccio, ma anche riproposto (e quindi ribadito con sottolineatura) nella «tarda riedizione italica» del commissario Ingràvola: «’e femmene se retroveno addó n’i vuò truvà».
Vogliamo poi segnalare che, nel suo romanzo, Gadda utilizza alcuni degli ingredienti che già comparivano nella ricetta narrativa di Conrad, pur facendone uso in fasi e in modi diversi della preparazione del proprio impasto romanzesco. Così innesta una biforcazione geografica importante, quella fra Roma e le borgate, spaziando via via negli appartamenti della Roma-bene di via Merulana, nei locali della questura, nelle baracche della periferia; in modo analogo, la vicenda conradiana si snoda fra il centro della capitale e le sue zone estreme, ma anche fra i bassifondi e i salotti, fra strade fangose e commissariati, fra osterie infrequentabili e ambasciate. Proprio nel salotto di una dama dell’alta società vengono ricevuti contemporaneamente il Vicesovrintendente Heat, che indaga sulle trame dei cospiratori anarchici, e l’anarchico Michaelis, colui che fabbrica la bomba che esploderà a Greenwich Park, uccidendo Stevie e stroncando l’esistenza di Winnie Verloc; così in casa di Liliana Balducci si trovano temporaneamente riuniti la figliastra-servetta ladra e complice del suo assassinio e l’invitato-commissario Ingràvola che svolgerà le indagini sulla sua morte.
Andrà infine ricordato che nemmeno la trovata più felice e originale del Pasticciaccio gaddiano, quella del pastiche linguistico fatto di multipli registri e diverse parlate, è totalmente estranea alla vicenda narrata da Conrad. Beninteso, Conrad scrive, come suo solito, un inglese straordinariamente nitido, oltre che innegabilmente ricco; ma proprio nel Secret Agent compaiono numerose sottolineature riguardanti l’accento, la coloritura, l’intonazione e la pronuncia dei diversi parlanti, quasi che la tessitura plurilinguistica dell’espressione, anche se non formalizzata, andasse almeno denotata nel testo quale elemento veramente notevole ai fini della comprensione della vicenda. (7) La paternità di queste sottolineature è per lo più attribuita al poliglotta Verloc, agente segreto dall’orecchio fine, somigliante quindi, anche per questa sua abilità nel maneggiare e distinguere diversi idiomi e linguaggi, al commissario Ingràvola.
Nel commentare la traduzione gaddiana del romanzo di Conrad, Mario Curreli non dimentica di segnalare che Gadda traduce, sbagliando, «Assistant Commissioner» con «Vice Commissario» (anziché con «Vicesovrintendente»), e precisa: «può fare poca differenza che l’Assistant Commissioner venga reso con il “Vice Commissario”, il quale tuttavia si troverebbe più a suo agio in via Merulana che sulla scena del delitto a Brett Street» (Curreli 1995: cix). Quella che dalla penna di Curreli esce anzitutto come arguta boutade, è in realtà un’osservazione da raccogliere per ricordare che, nell’agenda del lavoro gaddiano, la traduzione-revisione del Secret Agent e laripresa della stesura del Pasticciaccio per la pubblicazione in volume presso Garzanti hanno luogo a ridosso l’una dell’altra. Il cantiere del giallo, a seguito delle numerose insistenze di Livio Garzanti (peraltro precedute da proposte di Giulio Einaudi risalenti al ’52) (8) si riapre in quello stesso 1953 che vede la pubblicazione della traduzione da Conrad.
Non è impossibile, insomma, che il Gadda già autore di un Pasticciaccio, quello in rivista, abbia tradotto o abbia accettato la traduzione erronea di un termine semplicemente perché lo rimanda all’universo del giallo che a lui allora più sta a cuore, quello di via Merulana, la cui redazione-rifacimento è continuamente d’attualità fra il 1946 e il 1953. D’altro canto, è probabile che proprio l’incontro con il giallo di Conrad abbia contribuito (almeno quanto le richieste dell’editore) a far rinascere in un Gadda provato dal lavoro presso la RAI, il desiderio di metter mano al manoscritto del romanzo. Ma queste osservazioni a proposito dell’incrociarsi delle strade dei due gialli negli anni ’50 non cancellano e non esauriscono il quesito sollevato in apertura, al quale ora, a esemplificazione avvenuta delle somiglianze salienti fra testi gaddiani – soprattutto quelli degli anni ’40 – e testo conradiano, diventa urgente tentare di trovare una risposta: quello cioè dell’epoca del primo incontro fra Gadda e Conrad, particolarmente il Conrad del Secret Agent. Secondo quanto risulta dal catalogo del Fondo Gadda alla Biblioteca e Raccolta Teatrale del Burcardo, Gadda possedeva soltanto tre volumi delle Opere di Conrad edite da Bompiani negli anni ’50, due nelle traduzioni di Jahier (Appunti di vita e letteratura e Lo specchio del mare),nonché uno di quella stessa edizione tradotto da Pellizzi (L’avventuriero).Ma vale per Gadda ciò che vale per chiunque: non possedere un libro non significa affatto non averlo letto; nel caso di Gadda, poi, il fatto che un libro non faccia parte del novero di quelli suoi conservati al Burcardo, non vuol dire che egli non lo abbia posseduto (e prestato, o perduto durante uno dei frequenti spostamenti).
Gadda potrebbe davvero avere incontrato per la prima volta l’opera di Conrad negli anni ’20. È infatti alquanto improbabile che, reduce dal soggiorno argentino, aspirante romanziere, egli sia rimasto sordo alla creazione, nel centro della sua Milano (in via Montenapoleone), di Bottega di Poesia,
luogo d’incontro sofisticato, con scaffali e arredi disegnati dall’arch. De Finetti. Per i suoi libri più preziosi Bottega di Poesia usò l’arte tipografica di Modiano, le invenzioni Protosurrealiste di Alberto Martini, e testi di Lucini, Bacchelli, D’Annunzio, Conrad (ma stampò anche le Lettere d’amore alle sartine d’Italia di Guido da Verona); scoprì il Sentir Messa di Manzoni, ospitò molti di quegli artisti che nel 1923 alla Galleria Pesaro daranno il via al Novecentismo sotto tutela della Sarfatti. Nel marzo ’24 Marinetti vi presenterà la prima rassegna antologica postuma di Boccioni. (9)
Nel dicembre del 1924 proprio le edizioni Bottega di Poesia danno alle stampe la versione italiana (di A.C. Rossi) di un capolavoro conradiano, Heart of Darkness (Cuore di tenebra), sorta di omaggio-celebrazione in onore dello scrittore recentemente scomparso. Ma – e lo ricordano gli editori milanesi nella loro introduzione in memoriam – seConrad approda tardi agli italici lidi, più di un decennio prima, in Francia, era incominciata la traduzione delle sue opere: ai primi anni ’10 risale la traduzione gidiana di Typhoon,al 1912 la traduzione del Secret Agent (L’Agent secret) firmata da Henry Davray per le edizioni Mercure de France. È più che verosimile che Gadda, alla ricerca di maestri e di modelli di scrittura, abbia cercato di avvicinarsi a Conrad in francese, se non prima di leggere Cuore di tenebra e la nota editoriale che l’accompagna, almeno a lettura ultimata e del capolavoro e della nota da cui apprende che la traduzione delle opere complete di Conrad è già disponibile oltralpe. D’altronde, attraverso la Francia e la sua lingua passano numerose, significative letture di Gadda fra gli anni ’20 e ’30: ricordiamone almeno una delle più importanti ai fini della comprensione del suo lavoro di scrittore, quella delle opere di Freud. (10)
Un altro illustre suggerimento potrebbe aver raccolto Gadda per avviare o approfondire la propria conoscenza dell’opera conradiana: quello di Emilio Cecchi. Infatti, poco prima della pubblicazione milanese di Cuore di tenebra, nell’agosto del 1924, esce sulle pagine de Il Convegno un saggio biografico critico di Cecchi dedicato a Conrad, morto il 3 di quello stesso mese. Si tratta di una lunga nota commemorativa in cui vengono riassunti gli scritti e illustrati gli intenti del romanziere inglese. (11) è assai poco probabile che a Gadda, impegnato com’era nell’organizzazione della sua prima storia tenebrosa e, come si è già accennato, nella riflessione sulla propria scrittura e su quella di illustri predecessori, siano sfuggite le parole di Cecchi a proposito del Secret Agent, presentato come prima «apparente diversione verso il romanzo poliziesco» attraverso la quale Conrad «portava i suoi disperati dall’oriente nei bassifondi europei».
Ci si può legittimamente accontentare di abbracciare una tesi minimalista, ed escludere che le pagine del Racconto italiano debbano alcunché a quelle del Secret Agent. Viceversa, si dovrà almeno credere che Gadda non ha dovuto attendere di essere diventato egli stesso traduttore (o revisore di una traduzione) di Conrad per conoscere l’Agente segreto. Escludere, poi, che l’abbia conosciuto attraverso le due versioni pubblicate nel 1928 da Alpes (nella traduzione di Lula Jahn) e da Sonzogno (nella traduzione di Gastone Rossi) significa rigettare un fatto lampante per insufficienza di prove.
Université de Savoie
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Note
1. Cfr. Gadda 1983d. Nel volume, che raccoglie i testi di lettere, cartoline, biglietti, inviati da Gadda all’amica traduttrice fra il 1935 e il 1964, non compaiono riferimenti espliciti alla traduzione dell’Agente segreto, mentre abbondano gli accenni a svariate altre traduzioni dall’inglese che Gadda vorrebbe proporre agli editori, soprattutto per far fronte alle proprie ristrettezze economiche. Ma Gadda non è in grado di cavarsela da solo nemmeno a livello semplicemente propositivo; e allora sollecita la competente Lucia Rodocanachi: «Insomma proponga, proponga, proponga: biografie, autobiogr., carteggio, storia» (lettera del 31 agosto 1938 – Gadda 1983d: 86). E a lei chiede sempre un parere quando dall’editore è già giunta una proposta: «stamane mi telefona Bompiani se voglio tradurre un libro (credo romanzo) dello Steinbek (si scrive così?) – pagine 360 tempo 3 mesi e 1/2. Posso nuovamente ricorrere a Lei? Prima di dir di sì vorrei conoscere la sua opinione» (lettera del 28 agosto 1939, corsivi dell’autore, pp. 105-06); «ho anche ricevuto l’incarico di leggere, per un responso, il libro di Samuel Butler: The way of all flesh […] Devo dare responso. Lei lo ha letto? Che ne dice?» (lettera del 27 gennaio 1939, p. 95); poi, sempre a proposito del Butler: «Come devo comportarmi? Che devo lasciargli presagire?» (lettera del 24 aprile 1939, p. 100).
2. Fra i libri e opuscoli posseduti da Gadda, ora conservati alla Biblioteca del Burcardo a Roma, spiccano sì un certo numero di testi utili per l’apprendimento della lingua inglese, ma si tratta di manuali di conversazione, di grammatiche, di corsi confezionati ad uso e consumo del turista ovvero del principiante. Si tratta, per esempio, del Manual of Conversation English-Italian with the Italian Figured Pronounciation for English Tourists in Italy (Milano: Bietti, s.d.), della Grammatica razionale della lingua inglese ad uso delle scuole superiori e medie, a cura di C. Formichi (Milano: Vallardi, 19252),del Corso elementare di lingua inglese (Giordano-Orsini – Firenze: La Nuova Italia, 1939).Anche a supporre che Gadda fosse perfettamente familiarizzato con le strutture basilari della lingua, è indubbio che per tradurre una prosa della complessità di quella di Conrad gli ci sarebbe voluta una preparazione da specialista dell’idioma anglosassone. D’altronde, proprio all’amica traduttrice, egli confida: «vorrei finalmente arrivare a conoscere l’inglese e lo studio un po’» (lettera del 26 febbraio 1941 – Gadda 1983d: 128);«studio l’inglese con il fratello di Joyce [Stanislaus, allora residente a Firenze, n.d.r.]» (lettera del 12novembre 1941, p. 134),ma non compaiono segnalazioni di superamento di questa fase di apprendistato.
3. M. Curreli, Nota alle traduzioni,in J. Conrad, Opere. Romanzi e racconti 1904-1924, a cura di M. Curreli (Milano: Bompiani, 1995), cvii. Sulla versione gaddiana, «non proprio bella e neppure fedele» (ibid.), si vedano le pp. cvii-cx della Nota, in cui vengono accuratamente repertoriati svarioni, imperfezioni, travisamenti, garbugli traduttivi e refusi. Siamo grati a Mario Curreli dell’Università di Pisa, direttore del Centro Studi Conradiani Ugo Mursia, per averci messo a disposizione materiali e documenti conradiani altrimenti irreperibili. Senza la sua competente e cortese disponibilità, la redazione di questo testo sarebbe stata impossibile.
4. Tutte le citazioni riferite alla traduzione di Gadda sono tratte dal volume VII delle Opere complete di Joseph Conrad (Milano: Bompiani, 1953). L’agente segreto èpreceduto da un saggio introduttivo di Thomas Mann (nella traduzione di G. Bemporad).
5. Ingràvola, lo ricordiamo, èil cognome di don Ciccio all’altezza della prima redazione del romanzo, quella uscita in rivista nel 1946-’47. In questa sede, non rimandiamo alla versione Garzanti 1957, poiché vogliamo insistere sul fatto che, nel 1946, la prima lettura di Conrad era, a nostro avviso, già avvenuta.
6. RR II 292. Le citazioni da The Secret Agent si riferiscono alla Collected Edition of the Works of Joseph Conrad, 21 voll. (London: Dent, 1946-1955).
7. Si vedano gli esempi seguenti: «Mr Vladimir began, with an amazing guttural intonation not only utterly un-English, but absolutely un-European, and startling even to Mr Verloc’s experience of cosmopolitan slums»; «his interlocutor [...] switched the conversation into French»; «some of your revolutionary friends’ effusions are written in a charabia every bit as incomprehensible as Chinese»; «his enunciation would have been almost totally unintelligible to a stranger».
8. Per ulteriori ragguagli sull’iter compositivo del Pasticciaccio (uno e due), cfr. la nota di G. Pinotti in RR II particolarmente le pp. 1137-155.
9. G. Lopez, La città e il suo sfidante. Milano e Marinetti 1909-1924, in AA.VV., Marinetti e il futurismo a Milano, Catalogo della mostra omonima, Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, 10 ottobre-18 novembre 1995 (Milano: De Luca, 1995), 13-29 (27).
10. Gadda possiede (annota e sottilinea) le versioni francesi delle seguenti opere di Freud: Essais de psychanalyse (Payot, 1929), Essais de psychanalyse appliquée (Gallimard, 1933) Introduction à la psychanalyse (Payot, 1929), La psychopathologie de la vie quotidienne (Payot, 1926).
11. Il saggio di Cecchi, Joseph Conrad, viene ristampato nel 1925 in Almanacco letterario, poi è incluso, con altri testi dedicati a Conrad, in E. Cecchi, Scrittori inglesi e americani (Lanciano: Carabba, 1935), e in tutte le successive edizioni (Il Saggiatore, Mondadori, Garzanti) del volume comparse negli anni.
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-01-9
© 2000-2024 Manuela Bertone & EJGS. Issue no. 0, EJGS 0/2000. Previously published in Studies for Dante. Essays in Honor of Dante Della Terza, ed. by F. Fido, R.A. Syska-Lamparska, P.D. Stewart (Florence: Cadmo, 1998), 397-403.
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