L’autobiografia altrui:
«Le Lys dans la vallée»

Rinaldo Rinaldi

Questa lunga serie di figure tutte simili e tutte sovrapponibili come vecchie fotografie di famiglia, questo unico grande atroce romanzo familiare che Balzac ha continuato a riscrivere, sempre uguale a se stesso come un ipnotico caleidoscopio, agisce davvero in profondità nella memoria letteraria gaddiana. È un ampio repertorio di profili, che funziona da un lato come cassa di risonanza, amplificando e conferendo uno spessore indeterminato (quando non coagula fulmineamente in un ricordo preciso) ai fantasmi privati dell’Ingegnere. Al tempo stesso gli echi balzacchiani permettono a Gadda di velare le più segrete pieghe della biografia; distanziando, raffreddando e rendendo perciò dicibile quello che dovrebbe rimanere inespresso.

è allora paradossale e insieme significativo che il luogo da cui sembrano giungere alla Cognizione del dolore le corrispondenze più ricche e articolate (anche se non sempre fissate in un corto circuito testuale) sia proprio il romanzo di Balzac più direttamente autobiografico: Le Lys dans la vallée. Gadda esorcizza insomma il proprio passato per mezzo di un’opera altrettanto sbilanciata verso le zone più nascoste dell’Io; utilizza uno schermo curiosamente omologo alla propria verità, vicino e lontano nello stesso tempo. Scatta così fra i due romanzi un gioco di specchi che certo modifica i significati e i rapporti di quello balzacchiano, conservandone tuttavia le valenze e la riconoscibilità: i fantasmi del visionario Balzac, simili a delle macchie di Rorschacht, si ricompongono e si sovrappongono a quelli gaddiani, permettendo ancora una volta all’autore della Cognizione del dolore di farli emergere alla superficie, potenziati nella loro verità.

Ritroviamo anche ne Le Lys dans la vallée i tre personaggi dei grandi romanzi di Balzac: la coppia di rivali di fronte al fascino irresistibile di una donna. Il giovane Félix de Vandenesse follemente innamorato di Mme de Mortsauf e l’anziano, malato marito di lei, infatti, si affrontano in queste pagine con un ossessivo duello di parole e sentimenti che si conclude soltanto con la morte della protagonista. Lo schema, come abbiamo visto, è analogo a quello di altri romanzi delle Scènes de la vie de campagne, che lo lasciano però sullo sfondo o in secondo piano: si pensi in particolare a Les Paysans con la villa, il giovane Blondet, il conte e la contessa di Montcornet. Ne Le Lys dans la vallée, invece, esso forma l’unico centro della narrazione e rivela direttamente le sue valenze autobiografiche: il legame del giovane Balzac con Mme de Berny, ma anche la sostituzione di questo amore a quello assente di una madre ostile.

Tale è appunto il senso profondo della purezza del «giglio» di Mme de Mortsauf, che si rifiuta fisicamente al giovane innamorato ma anche al marito («“Elle est vierge à mes dépens”, disait le comte»), (1) trasformandosi in una madre per l’uno e per l’altro: «enfant gâté» e malato il conte, «enfant» adorato e amorosamente educato alla vita Félix («la comtesse m’enveloppait dans les nourricières protections, dans les blanches draperies d’un amour tout maternel»). (2) Essi paiono così raddoppiare spiritualmente i due figli veri di Henriette de Mortsauf, che definisce con esattezza il suo cuore «comme enivré de maternité» (Balzac 1978: IX, 1034). La passione di Félix, quando trema sull’orlo del desiderio carnale, quando oltrepassa i limiti della purezza che le sono imposti dall’amata («je commençais à ne plus me contenter de la part qui m’était faite […] si les sens étaient tout âme, l’âme aussi avait un sexe», 1052), rischia davvero di trasformarsi in una sorta di incesto con «une mère secrètement désirée»: «N’aigrissez pas le lait d’une mère», lo rimprovera Henriette. (3)

è a partire da questa esplicita valenza simbolica della protagonista de Le Lys dans la vallée che si può intendere la forza suggestiva del romanzo all’interno della Cognizione del dolore. La vicenda bloccata intorno al castello di Clochegourde, con la sua grande terrazza e la splendida campagna intorno; questa «mater dolorosa», circondata dall’atroce demenza del conte e dallo slancio giovanile di Félix; il lento scorrere del tempo, dalla gioiosa primavera dell’esordio alle prime ombre dell’autunno, in attesa della tragedia finale; gli stessi arrivi e le partenze di Félix a Clochegourde, dall’ingresso principale o dalla «petite porte» del giardino dietro la casa («j’arrivai comme un espion, à pas de loup, sous la terrasse […] j’avait gardé la clef de la petite porte, j’entrai»): (4) tutta la cornice de Le Lys dans la vallée ricorda in filigrana quella del romanzo gaddiano. Al centro, la solita coppia dei fratelli rivali assume allora una rilevanza straordinaria per la memoria gaddiana. Dietro Félix e il conte traspare in un sol colpo, con una corrispondenza di contorni mai così precisa, l’intera architettura immaginaria della Cognizione del dolore: è come se i due fratelli, il giovane puro Enrico insieme al reduce malato Carlo Emilio ovvero Gonzalo, fossero presenti entrambi in scena per conquistare l’amore della Madre.

Al ritratto di Gonzalo Pirobutirro, comunque, sembrano collaborare entrambi i personaggi maschili del romanzo balzacchiano. La dolorosa infanzia di Félix de Vandenesse descritta nelle prime pagine, per esempio, tocca alcuni nuclei tematici che riguardano da vicino anche il protagonista della Cognizione. Pensiamo al bambino straziato dal disinteresse e dalla freddezza dei genitori, dalla scarsità dei mezzi e dell’alimentazione; mandato a scuola con «un panier peu fourni», mentre i compagni «apportaient d’abondantes provisions»; punito ferocemente dalla madre per aver acquistato a credito «du sucre et du café» (Balzac 1978: 973, 977-78). È una denuncia che Gadda ha potuto proiettare con facilità sulla propria, lamentando per bocca di Gonzalo le «lunghe esclusioni patite» nell’infanzia, «quando si vedeva negare dal silenzio stesso di una tutela avara e inconsulta alimento bastevole», quando alla «timida e ricca sua natura di bimbo» veniva sottratta ogni «benevolenza» da parte dei «suoi generanti, o genitori» (Cognizione, RR I 763; Gadda 1987a: 513-14). È il motivo che Balzac enuncia negli appunti della Anatomie des corps enseignants, quando scrive che «tout se tient dans la souffrance» e che «le père et la mère tuent presque toujours moralement parlant leurs enfants» (Balzac 1978: XII, 842-44). Ma è anche il tema dell’educazione scolastica dell’eroe eponimo del romanzo Louis Lambert, ugualmente vicinissima a quella del Gonzalo gaddiano. Ecco, per esempio, gli orrori olfattivi della vita di collegio:

Ses sens possédaient une perfection que leur donnait une exquise délicatesse, et tout souffrit chez lui de cette vie en commun. Les exhalaisons par lesquelles l’air était corrompu, mêlées à la senteur d’une classe toujours sale et encombrée des débris de nos déjeuners ou de nos goûters, affectèrent son odorat; ce sens qui, plus directement en rapport que les autres avec le système cérébral, doit causer par ses altérations d’invisibles ébranlements aux organes de la pensée. Outre ces causes de corruption atmosphérique, il se trouvait dans nos salles d’étude des baraques où chacun mettait son butin, les pigeons tués pour les jours de fête, ou les mets dérobés au réfectoire. […] Nettoyé une seule fois par jour, avant notre réveil, notre local demeurait toujours malpropre. Puis, malgré le nombre des fenêtres et la hauteur de la porte, l’air y était incessamment vicié par les émanations du lavoir, par la peignerie, par la baraque, par les mille industries de chaque écolier, sans compter nos quatre-vingts corps entassés. Cette espèce d’humus collégial, mêlé sans cesse à la boue que nous rapportions des cours, formait un fumier d’une insupportable puanteur». (Balzac 1978: XI, 607-08)

E nella Cognizione del dolore:

L’antica ossessione della folla: l’orrore de’ compagni di scuola, dei loro piedi, della loro refezione di croconsuelo; il fetore della «ricreazione», il diavolìo sciocco; le lunghe processioni verso gli orinatoi intasati, in ordine, due a due […] (Cognizione, RR I 728)

Le percezioni olfattive gli avevano bruttato gli anni, gli autunni, i mesi di scuola… La collettività; gli altri; il plurale maschile… L’interminabile processione verso la piscia… Dai condotti intasati di croste di croconsuelo si diversava sulle scale di béola nerastre. (RR I 732)

Certo, entrambe le pagine nascono dalla comune esperienza di un’organizzazione scolastica che Balzac definiva «pénitentiaire» e che era ancora ben viva negli ultimissimi anni dell’Ottocento (si pensi anche al Dedalus joyciano). Egualmente all’esperienza biografica rinviano, nel Louis Lambert, gli accenni alle sofferenze fisiche subite a scuola «surtout en hiver» («engelures», «crevasses», «point de gants aux mains», Balzac 1978: XI, 608-10); e nella Cognizione i lamenti su un’infanzia «con maglie di lana mal rappezzate, e geloni alle mani gonfie», costretta a studiare «a 7 gradi centigradi» senza «adeguata veste contro gelo e rovaio» (cfr. Gadda 1987a: 514; RR I 763, 636-37). Ma è appunto la possibilità di ritrovare la propria autobiografia in quella altrui, ciò che fa scattare l’associazione letteraria; potenziando l’immaginario privato con il riflesso, quasi la controfigura dei personaggi balzacchiani.

Valore analogo hanno anche le citate corrispondenze fra le pagine educative del romanzo gaddiano e Le Lys dans la vallée, a partire da un frammento della Cognizione sul «sadismo materno», sulle «speciali sevizie» inflitte al «bimbo puro e inerme» dalla «belva» che era sua madre, con «taciturna ferocia» (Gadda 1987a: 527, 530, 533, cfr. 570). È ancora la dolorosa infanzia di Félix de Vandenesse a raddoppiare quella di Gonzalo Pirobutirro, dominata com’è dalla cattiva figura materna, che come un serpente o la stessa Medusa pietrifica e annulla con un solo sguardo il proprio figlio (Balzac 1978: IX, 977, 979). A cominciare dal folgorante esordio della narrazione:

à quel talent nourri de larmes devrons-nous un jour la plus émouvante élégie, la peinture des tourments subis en silence par les âmes dont les racines tendres encore ne rencontrent que de durs cailloux dans le sol domestique, dont les premières frondaisons sont déchirées par des mains haineuses, dont les fleurs sont atteintes par la gelée au moment où elles s’ouvrent? Quel poète nous dira les douleurs de l’enfant dont les lèvres sucent un sein amer, et dont les sourires sont réprimés par le feu dévorant d’un œil sévère? La fiction qui représenterait ces pauvres cœurs opprimés par les êtres placés autour d’eux pour favoriser les développements de leur sensibilité, serait la véritable histoire de ma jeunesse. Quelle vanité pouvais-je blesser, moi nouveau-né? quelle disgrâce physique ou morale me valait la froideur de ma mère? étais-je donc l’enfant du devoir, celui dont la naissance est fortuite, ou celui dont la vie est un reproche? (Balzac 1978: IX, 970)

Fino alle ultime terribili parole del ricordo d’infanzia, che valgono (come poi in Gadda) a giustificare l’intero romanzo in termini d’esame di coscienza e auto-analisi, giudizio finale e definitivo esorcismo del passato:

Malgré ces barrières épineuses, les sentiments instinctifs tiennent par tant de racines, la religieuse terreur inspirée par une mère de laquelle il coûte trop de désespérer conserve tant de liens, que la sublime erreur de notre amour se continua jusqu’au jour où, plus avancés dans la vie, elle fut souverainement jugée. En ce jour commencent les représailles des enfants dont l’indifférence engendrée par les déceptions du passé, grossie de épaves limoneuses qu’ils en ramènent, s’étend jusque sur la tombe. (Balzac 1978: IX, 981-82)

Se il prologo sul passato di Félix è in stretta sintonia con alcuni tratti profondi del protagonista gaddiano, non c’è dubbio che dei molti «malati» balzacchiani il più vicino a Gonzalo Pirobutirro sia proprio «le comte de Mortsauf»: posto accanto alla figura materna, come Athanase Granson ne La Vieille Fille, ma con una carica di trasgressione negativa infinitamente superiore: con tutti i segni della «démence» autentica e non soltanto apparente come quella del marchese d’Espard.

Come Gonzalo, che «nel ruolo del leone magiaro che si risveglia aveva l’aria di valere piuttosto poco» (RR I 606), «ce lion sans ongles et sans crinière» (Balzac 1978: IX, 1020) è un reduce e (come dichiara il suo stesso nome) un sopravvissuto: aristocratico emigrato, ha combattuto con «l’armée de Condé» ed è rientrato in patria deluso, «dépouillé […] de ses forces corporelles et morales», dopo avere attraversato «d’épouvantables douleurs» (Balzac 1978: IX, 1008-009). La «solitude où vivait le comte de Mortsauf», le sue «dispositions maladives», la sua «âme hystérique», il suo «caractère variable», i suoi difetti («le comte devint avare») (Balzac 1978: IX, 1008, 1011-012), corrispondono effettivamente al ritratto gaddiano di Gonzalo. Aureolato di un mitico alone come l’eroe della Cognizione del dolore in apertura di romanzo («Una gloria di schegge di piatti aureolava quel signore favoloso della viltà e della poltroneria», RR I 617), il signore di Clochegourde inganna a tutta prima il giovane visitatore:

M. de Mortsauf, roi dans son castel, entouré de son auréole historique, avait pris à mes yeux des proportions grandioses […]. (Balzac 1978: IX, 1043)

In realtà, come Gonzalo, egli può solo opporre i «capricci» di un «bimbo» al pacato ragionamento (RR I 636, 642):

à des raisonnements concluants, il répondait par l’objection d'un enfant qui mettrait en question l’influence du soleil en été. (Balzac 1978: IX, 1065)

Come Gonzalo:

[…] personne ne l’aime, il est trop grondeur, il fait trop l’absolu […] Si je partais, aucun domestique ne resterait ici huit jours. (Balzac 1978: IX, 1032-033)

Perfino l’orrore di Gonzalo per il «pandemonio» delle «campane», così ossessivamente sviluppato nella Cognizione (RR I 625, 636) trova una discreta corrispondenza negli scatti d’umore del conte:

Puis il s’interrompit et dit: «Entendez-vous les cloches d’Azay? J’entends positivement sonner des cloches».
Mme de Mortsauf me regarda d’un air effrayé, Madeleine me serra la main.
«Voulez-vous que nous rentrions faire un trictrac? lui dis-je, le bruit des dés empêchera d’entendre celui des cloches». (Balzac 1978: IX, 1023)

La cadenza della famosa invettiva del protagonista gaddiano contro «i pronomi di persona» (RR I 636):

Quando l’immensità si coagula, quando la verità si aggrinza in una palandrana […] Quando l’essere si parzializza, in un sacco, in una lercia trippa […] (RR I 637)

sembra riflettersi invece nelle parole di Henriette de Mortsauf, quando confessa i suoi rimorsi a Félix:

Quand l’être intérieur se ramasse et se rapetisse pour n’occuper que la place que l’on offre aux embrassements […]. (Balzac 1978: IX, 1170)

Certo, come nel romanzo di Gadda, lo strano comportamento del conte è motivato da una malattia (che si trasferirà, per un atroce contrappasso, nella malattia esattamente identica che ucciderà la contessa):

La souffrance mina son courage. De longues courses entreprises à pied sans nourriture suffisante, sur des espoirs toujours déçus, altérèrent sa santé, découragèrent son âme. […] Sa maladie était une inflammation du mésentère, cas souvent mortel, mais dont la guérison entraîne de changements d’humeur, et cause presque toujours l’hypocondrie […] il prétendait avoir un estomac délabré dont les douloureuses digestions lui causaient des insomnies continuelles […]. (Balzac 1978: IX, 1009, 1117)

E ancora:

[…] Toujours le pylore, mon ami! J’ai fini par saisir les causes de la maladie, la sensibilité m’a tué. En effet, toutes nos affections frappent sur le centre gastrique…
– En sorte lui dis-je en souriant, que le gens de cœur périssent par l’estomac?
– Ne riez pas, Félix, rien n’est plus vrai. Les peines trop vives exagèrent le jeu du grand sympathique. Cette exaltation de la sensibilité entretient dans une constante irritation la muqueuse de l’estomac. Si cet état persiste, il amène des perturbations d’abord insensibles dans les fonctions digestives: les sécrétions s’altèrent, l’appétit se déprave et la digestion se fait capricieuse: bientôt des douleurs poignantes apparaissent, s’aggravent et deviennent de jour en jour plus fréquentes; puis la désorganisation arrive à son comble comme si quelque poison lent se mêlait au bol alimentaire; la muqueuse s’épaissit, l’induration de la valvule du pylore s’opère et il s’y forme un squirrhe dont il faut mourir. (Balzac 1978: IX, 1152-153)

Ma i dolori fisici rinviano, anche ne Le Lys dans la vallée, ad una malattia dell’anima, ad un «male invisible»:

[…] il semble vraiment que les maladies morales soient des créatures qui ont leur appétits, leurs instincts, et veulent augmenter l’espace de leur empire comme un propriétaire veut augmenter son domaine. […]
– […] Le comte est nerveux comme un petite-maîtresse, reprit-elle pour adoucir l’idée de la folie en adoucissant le mot, mais il n’est ainsi que par intervalles. (Balzac 1978: IX, 1024, 1026)

Proprio come Gonzalo (e Gadda) sofferente di una «disfunzione gastrica», di continuo oscillante fra «quiescenza» e «prominenze sgradevoli», in un perenne «traghetto da delirio a ragione», con un carattere (appunto) «a diagramma pendolare con elongazione spinta, fatto d’un alternarsi di umori contrari, d’un succedersi di stati d’animo opposti» (RR I 622, 647, 653), il conte di Mortsauf presenta allo sconvolto Félix uno spettacolo molto simile a quello che si offre al dottore della Cognizione del dolore:

Je découvris en cet homme une irascibilité sans cause, une promptitude d’action dans un cas désespéré, qui m’effrayèrent. Il se rencontrait en lui des retours soudains du gentilhomme si valeureux à l’armée de Condé, quelques éclairs paraboliques de ces volontés qui peuvent, au jour des circonstances graves, trouer la politique à la manière des bombes, et qui, par les hasards de la droiture et du courage, font d’un homme condamné à vivre dans sa gentilhommière un d’Elbée, un Bonchamp, un Charette. Devant certaines suppositions, son nez se contractait, son front s’éclairait, et ses yeux lançaient une foudre aussitôt amollie. […] Je connus donc ses soudains changements d’humeur, ses profondes tristesses sans motif, ses soulèvements brusques, ses plaintes amères et cassantes, sa froideur haineuse, ses mouvements de folie réprimés, ses gémissements d’enfant, ses cris d’homme au désespoir, ses colères imprévues». (5)

Se sul piano fisico «le comte se plaignait de douleurs vives sans les préciser», («malade imaginaire» come Gonzalo, che chiama il medico «per un nulla, per una delle sue solite ubbìe» – Balzac 1978: IX, 1113, 1117; RR I 596), sul piano psichico «les symptômes de la maladie» sono evidentissimi, tanto da potere «prévoir les accès». I dolori corporei del conte («il avait le crane serré comme dans un étau», Balzac 1978: IX, 1023, 1024) finiscono allora per corrispondere perfettamente a quelli mentali di Gonzalo («idee coatte cerchiavano quel cranio della loro corona di ferro», RR I 645), poiché anche il male di M. de Mortsauf, fatto di «idées fixes», è una forma di «delirio interpretativo» (RR I 650):

[…] peut-être aujourd’hui le manque d’occupations mettait-il sa maladie aux prises avec elle-même: ne s’exerçant plus au-dehors, elle se produisait par des idées fixes, le moi moral s’était emparé du moi physique. […] Les monomanies bien caractérisées ne sont pas contagieuses: mais quand la folie réside dans la manière d’envisager les choses, et qu’elle se cache sous des discussions constantes, elle peut causer des ravages sur ceux qui vivent auprès-d’elle». (Balzac 1978: IX, 1117, 1122)

Non mancano neppure delle crisi violente, come quella finale di Gonzalo che rovescia a terra gli oggetti sul tavolo, urlando e minacciando la madre: (6)

Le passage subit d’une tristesse qui lui arrachait de sinistres prédictions sur lui-même à cette joie d’homme ivre, à ce rire fou et presque sans raison, m’inquiéta, me glaça. Je ne l’avais jamais vu dans un accès si franchement accusé. […] Un coup funeste, et que je ne pus empêcher, changea la face du comte: de gaie, elle devint sombre; de pourpre, elle devint jaune, ses yeux vacillèrent. Puis arriva un dernier malheur que je ne pouvais ni prévoir ni réparer. M. de Mortsauf amena pour lui-même un dé foudroyant qui décida sa ruine. Aussitôt il se leva, jeta la table sur moi, la lampe à terre, frappa du poing sur la console, et sauta par le salon, je ne saurais dire qu’il marcha. Le torrent d’injures, d’imprécations, d’apostrophes, de phrases incohérentes qui sortit de sa bouche, aurait fait croire à quelque antique possession, comme au Moyen Âge. (Balzac 1978: IX, 1024-025; cfr. 1071)

Come il «delirio» e l’«allucinazione» di Gonzalo (RR I 645, 631):

[…] ce délire que le respect humain ne content plus […] ces hallucinations particulières aux égoïstes […] De semblables crises ne s’expliquaient que par le mot démence. (Balzac 1978: IX, 1118, 1078)

E Félix dichiara: «Ne luttez pas plus longtemps contre un fou…» (Balzac 1978: IX, 1122). Henriette de Mortsauf morirà, alla fine del romanzo balzacchiano, come la Madre della Cognizione: vittime entrambe del «delirio» dei protagonisti, di una violenza repressa che sembra sfogarsi indirettamente sulla figura materna nelle pagine finali. Come Gonzalo annuncia al dottore la malattia della «Signora» e la sua ostinazione a rifiutare una visita medica (RR I 634-35), così il conte accusa la moglie:

[…] le comte fut conduit par la pente de son esprit à se plaindre de la comtesse. Sa femme n’avait jamais voulu se soigner ni l’écouter quand il lui donnait de bons avis; il s’était aperçu le premier des symptômes de la maladie […]. (Balzac 1978: IX, 1198)

Ma le recriminazioni prendono anche toni più sinistri:

[…] il l’accablait de sinistres prédictions et la rendait responsable des malheurs à venir […] (Balzac 1978: IX, 1118);

fino al terrore ispirato dalla rivelazione della «folie»:

Quelle terreur vint la saisir au moment où la nature maladive de cet homme ruiné s’était dévoilée! elle avait été brisée par le premier éclat de ses folles colères». (Balzac 1978: IX, 1030)

Ed è un’ombra continuamente evocata, nel corso del romanzo, quella della morte, quella del giglio innocente reciso dalla barbara furia del demente:

M. de Mortsauf m’aura tuée […] Ah! il me tuera […] Comment résister? Il me tuera. (Balzac 1978: IX, 1032, 1120)

Analogamente nella Cognizione:

Da anni aveva intuito, di suo figlio. […] Le rade volte che apparisse, il figlio sperso, era ogni volta la stessa cupa idea.
La povera madre aveva lentamente compreso. Ora ella vedeva il buio di quell’anima. […] «Un po’ di buona volontà…», gli diceva la mamma, sorridendogli, studiandosi dargli animo, e indurre un po’ di sereno su quel volto. «La volontà…», rispondeva, «che è indispensabile agli assassini…» Ciò la impauriva, cercava di mutar discorso. (RR I 690-91)

E ancora nell’ultima scenata, fino alla minaccia suprema:

La mamma allora si atterrì. Lo aveva creduto calmo.
[…] Egli la trattenne per un braccio, con violenza: «…non voglio, non voglio maiali in casa…», urlò, accostando ferocemente il volto a quello della mamma. La mamma ritrasse il capo appena, chiuse gli occhî, non poté congiungere le mani sul grembo, come di solito faceva, perché egli le teneva un braccio sollevato […]
[…] parve il volto di chi si raccolga nella richezza silente e profonda dell’essere, per non conoscere l’odio […]
Un disperato dolore occupò l’animo del figliolo […] Disse: «Se ti trovo ancora una volta nel braco dei maiali, scannerò te e loro…». (RR I 736-37)

La minaccia diventa esplicita anche ne Le Lys dans la vallée:

Il s’avança sur elle en lui présentant sa tête de loup blanc devenue hideuse, car ses yeux jaunes eurent une expression qui le fit ressembler à une bête affamée sortant d’un bois. Henriette se coula de son fauteuil à terre pour recevoir le coup, qui n’arriva pas ; elle s’était étendue sur le parquet en perdant connaissance, toute brisée. Le comte fut comme un meurtrier qui sent rejaillir à son visage le sang de sa victime, il resta tout hébété. (Balzac 1978: IX, 1072)

Tutta la storia di Henriette, fino alla grande scena della morte nella camera aperta allo strazio dei folgorati testimoni (come nel romanzo di Gadda), è ossessivamente scandita da ciò che Félix definisce «l’infini de la douleur» (Balzac 1978: IX, 1150). Alla contessa e al suo giovane innamorato, infatti, tocca in sorte «la cognizione del dolore», quella che nel testo gaddiano sarà privilegio del lucido «delirio» di Gonzalo: la «science amère», capace di scoprire che «toute souffrance a sa signification» (Balzac 1978: IX, 1170-171). Non a caso in una delle ultime pagine de Le Lys dans la vallée, fitte di allusioni e citazioni evangeliche, il narratore (ironicamente chiamato Félix) sigilla l’atroce vicenda con la figura del Calvario:

Hélas! nous avons tous dans la vie un Golgotha où nous laissons nos trente-trois premières années en recevant un coup de lance au cœur, en sentant sur notre tête la couronne d’épines qui remplace la couronne de roses […]. (Balzac 1978: IX, 1211)

Pochi attimi prima, nell’attimo stesso della morte di Henriette, egli aveva udito giungere dalla campagna il simbolico richiamo dell’amore che si spegne e insieme della «longue souffrance» di un’intera esistenza votata al dolore:

Quelques moments après, sa respiration s’embarrassa, un nuage se répandit sur ses yeux qui bientôt se rouvrirent, elle me lança un dernier regard, et mourut aux yeux de tous, en entendant peut-être le concert de nos sanglots. Par un hasard assez naturel à la campagne, nous entendîmes alors le chant alternatif de deux rossignols qui répétèrent plusieurs fois leur note unique, purement filée comme un tendre appel. Au moment où son dernier soupir s’exhala, dernière souffrance d’une vie qui fut une longue souffrance je sentis en moi-même un coup par lequel toutes mes facultés furent atteintes. (Balzac 1978: IX, 1210-211)

Ed è ancora una volta, come nell’analoga pagina de Le Médecin de campagne, la forma stessa della definizione gaddiana della «cognizione del dolore»:

Per intervalli sospesi al di là di ogni clàusola, due note venivano dai silenzî, quasi dallo spazio e dal tempo astratti, ritenute e profonde, come la cognizione del dolore: immanenti alla terra, quandoché vi migravano luci ed ombre. E, sommesso, venutogli dalla remota scaturigine della campagna, si cancellava il disperato singhiozzo. (RR I 732)

Università di Parma

Note

1. H. de Balzac, Le Lys dans la vallée, in La Comédie humaine, édition de P.-G. Castex (Paris: Gallimard, 1978), IX, 1072.

2. Balzac 1978: IX, 1048, e cfr. (per il conte) 1051, (per Félix) 1169, 1004, 1034-035, 1084 sgg. (quest’ultimo luogo è la lettera d’istruzioni «contre les dangers du monde» che Henriette affida a Félix sul punto di tornare a Parigi).

3. Balzac 1978: IX, 1112, 1035. E per il fantasma dell’incesto in Balzac, oltre a La Fille aux yeux d’or si veda anche l’ultima parte de La Femme de trente ans, intitolata La Veillesse d’une mère coupable.

4. Balzac 1978: IX, 1082. E cfr. Cognizione, RR I 615 («il cancello principale della villa»), 617 («il piccolo cancello di ferro […] dal di dietro»).

5. Balzac 1978: IX, 1017-018. Ma non va dimenticata neppure la descrizione del dolore di Julie in Souffrances inconnues, per quanto il tema sia diverso: «[…] dans l’oisiveté d’une doleur qui, d’abord violente comme un disque lancé vigoureusement avait fini par s’amortir dans la mélancolie, come s’arrête le disque après des oscillations graduellement plus faibles. La mélancolie se compose d’une suite de semblables oscillations morales dont la première touche au désespoir et la dernière au plaisir […] (La Femme de trente ans, Balzac 1978: II, 1120-121).

6. Per la minaccia alla madre, v. Cognizione, RR I 736-37 – e, per la versione precedente, Gadda 1987a: xxi-xxii.

Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859

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