Satura e pasticcio

Daniel Reimann

Martha Kleinhans, «Satura» und «pasticcio». Formen und Funktionen der Bildlichkeit im Werk Carlo Emilio Gaddas , Tübingen, Niemeyer, 2005, 478pp., ISBN 3-484-55045-7

Con «Satura» und «pasticcio». Formen und Funktionen der Bildlichkeit im Werk Carlo Emilio Gaddas (Satura e pasticcio. Forme e funzioni dell’immagine nell’opera di Carlo Emilio Gadda) Martha Kleinhans propone la più ampia monografia su Gadda apparsa sinora. Al contrario di quanto il titolo lascia presumere – e su questo ritorneremo successivamente – si tratta di un’analisi approfondita dell’opera omnia dell’autore lombardo, la quale, superando lavori canonici come quello di Roscioni, saprà rappresentare un fondamento critico irrinunciabile per i futuri studi gaddiani; grazie ai numerosi rimandi intertestuali e intermediali, rintracciati talora perfino con quel fiuto proprio del detektiv Gadda, la lettura si rivela assolutamente entusiasmante per ogni esperto gaddiano. A maggior ragione è auspicabile che in tempi quanto più brevi possa uscirne una traduzione in lingua italiana o almeno in inglese. Tuttavia siamo convinti che il lavoro, anche nella presente versione tedesca, possa essere di utilità a tutti gli studiosi gaddiani proprio in virtù della sua pregevole ricchezza di riferimenti intertestuali e intermediali. Toccando l’intero corpus letterario gaddiano, con citazioni in lingua italiana e rinvii puntuali esso risulta a suo modo accessibile anche al lettore che non padroneggi l’idioma tedesco.

Lo studio è frutto di un’intensa ricerca ultradecennale condotta nell’ambito di un progetto di Habilitation all’Università di Würzburg dove l’autrice insegna letterature romanze, con particolare interesse per la letteratura italiana. La sola impaginazione è impressionante: 478 fittissime pagine, di cui 18 dedicate a un’ampia bibliografia aggiornata all’anno 2000.

Realizzare una monografia sull’opera omnia di Gadda appare per così dire un’impresa impossibile. Eppure verrebbe da dire che in questo caso l’impresa sia riuscita. Naturalmente anche Martha Kleinhans, di fronte a tale sfida, presumibilmente a malincuore, ha dovuto omettere ora questo ora quest’altro aspetto. Per trovare un criterio di selezione Martha Kleinhans ha fatto riferimento al concetto di iconicità, avendolo individuato come una categoria centrale della scrittura gaddiana (3). Per poter raggiungere l’obiettivo di uno sguardo d’insieme sull’opera, il concetto di iconicità è stato assunto, non da ultimo, in un’accezione quanto più estesa possibile: esso va dalle immagini linguistiche (in particolare le metafore) fino al sogno diurno (8-9), passando per i tableaux fittizi e le descrizioni di opere d’arte (ekphrasis), nonché per le deformazioni di queste nel segno della satura e del pasticcio. Quel che fa sembrare davvero ricco tale studio, è non tanto la maestria con la quale Kleinhans svela l’esistenza dei vari tipi di immagini – il che renderebbe di poco più chiara la comprensione delle opere di Gadda – quanto piuttosto la finezza grazie alla quale ella analizza i vari riferimenti intertestuali e intermediali, ovvero si interroga – e trova risposte – circa la possibile configurazione delle diverse immagini.

All’introduzione, che tra l’altro offre un’ampia panoramica sullo stato della critica, e che definisce i concetti di immagine, satura e pasticcio accennando pure al metodo (ermeneutico-filologico, verrebbe da dire, con tendenza al close reading in relazione all’analisi testuale; estetico, semiotico e antropologico invece per quanto concerne lo studio dell’iconicità), seguono quattro vasti capitoli che da una parte vengono dopo una cronologia, o meglio una tassonomia dei documenti letterari di Gadda, e dall’altra analizzano lo sviluppo dell’iconicità in Gadda sotto il segno della satura e del pasticcio. La prima parte Selbstbilder und Bilder des Unbewußten (Immagini dell’Io e immagini dell’inconscio) (20-75) analizza in particolare le dichiarazioni autoreferenziali di Gadda nelle lettere, nei saggi, e nelle (auto)interviste fittizie, laddove sullo sfondo del mito di Narciso si staglia la messa in scena di un Io carico di complessi. La seconda parte interpreta sotto il titolo Metasprachliche Bilder: über das eigene Schreiben und das Schreiben der Anderen (Immagini metalinguistiche. Sulla scrittura propria e sulla scrittura degli altri) (76-146) soprattutto le affermazioni metapoetiche di Gadda nei saggi sulla letteratura. Il terzo capitolo Ekphrastische Bilder: Schreiben und Malerei (Ekphrasis: scrittura e pittura) (147-230) prende in esame il rapporto dell’ingegnere con l’arte, partendo dai postulati storico e critico-artistici degli scritti teorici di Gadda. Tale capitolo appare di primaria importanza nella legittimazione di una lettura dell’opera omnia sotto il segno dell’iconicità. A questo è direttamente correlato il quarto capitolo, Erzählte Bilder (Immagini narrate) (231-425), in cui Cognizione del dolore e Quer pasticciaccio vengono analizzati – sempre sotto l’aspetto dell’iconicità – con notevole acribia. Infine (Schluß: Von der «Satura» zum «Pasticcio» – Conclusioni: dalla satura al pasticcio, 426-427) vengono riassunti ulteriori essenziali sviluppi nell’iconicità di Gadda. L’opera si chiude con un ampio apparato iconografico (429-460), comprendente 30 raffigurazioni, ordinate secondo i diversi capitoli.

Risulta impossibile rendere giustizia al volume nella sua totalità nei limiti di una recensione. L’opera si ramifica infatti in numerosi sottocapitoli e paragrafi. Non si profila cioè nessun facile approccio all’iconicità gaddiana. Ma ciò rimane radicato nella natura del corpus testuale preso in considerazione, e non è certo da imputare all’autrice; anzi, ogni schematizzazione strutturale sarebbe banalizzante e incongrua all’aggrovigliata opera dell’ingegnere. Qui di seguito se ne illustrano rapidamente diversi sottocapitoli.

Nella sezione 1 (Immagini autoreferenziali) si studiano, all’interno dei capitoli 2.1 e 2.2, la corrispondenza epistolare di Gadda, le Schede autobiografiche, le autointerviste, l’onomastica di Gadda, gli alter ego Dott. Feo Avverois e Ali Oco de Madrigal; nel sottocapitolo 2.3 si guarda anche al rapporto Gadda-Freud, mettendo in nuova luce in particolar modo il mito di Narciso.

La seconda sezione (Immagini metalinguistiche) tratta, prendendo le mosse fra l’altro dai saggi poetologici, il complesso legame di Gadda con il Futurismo (3.1), la sua presa di distanza dal Neorealismo (3.6), il concetto di scrittura barocca (3.7), il suo rapporto con la poesia dialettale romanesca del Belli (3.3) e con il maccheronico di Folengo (3.4). Essa contiene inoltre un’analisi dettagliata del corpus Come lavoro (3.5). In tal modo il corpus critico-letterario gaddiano viene sottoposto ad uno studio approfondito. Questo capitolo risulta di grande importanza per la futura ricerca gaddiana. Un punto focale dell’indagine consiste nella genesi e nelle forme delle immagini metalinguistiche, in special modo del traslato metalinguistico e di ulteriori processi retorici di iconicità.

La terza parte (Ekphrasis: scrittura e pittura) traccia, a partire dalle riflessioni estetiche dell’autore, le coordinate del suo sistema storico-artistico e critico-estetico, che viene qui posto per la prima volta al centro dell’interesse di una monografia dedicata a Gadda e per la prima volta studiato con la dovuta precisione, ponendovi il giusto rilievo. Viene preso in esame, fra l’altro, il rapporto di Gadda con il critico d’arte Roberto Longhi (4.1) e vengono esemplarmente presentati (ad es. Caravaggio: Conversione di Saulo e Vocazione di San Matteo, 4.3) i meccanismi dell’ekphrasis gaddiana – anche nei limiti delle descrizioni della critica d’arte. In un secondo momento si illustra come Gadda contamini letture di opere d’arte con letture di testi letterari (ad es. Caravaggio-Manzoni, Correggio-Foscolo in contatto col metalivello Longhi-Croce, 4.4). Ulteriori punti di riferimento per Gadda sono Carlo Crivelli, la Leda di Antonio Correggio, Il ratto di Europa di Paolo Veronese, Cavalli in Europa e il Filosofo di Giorgio De Chirico. Infine viene analizzato il Primo libro delle Favole (4.8).

Nella quarta parte, dedicata alla Cognizione del dolore e Quer pasticciaccio, ci si può concentrare sulla tematica dell’immagine, nella misura in cui la critica – che Martha Kleinhans anche qui con competenza celebra e talora corregge – offre già una solida base preliminare. Qui viene studiato fra l’altro lo smascheramento del mito di Mussolini (5.3), viene sottoposta ad accurata analisi la raffigurazione gaddiana degli oggetti quotidiani (5.4), e messo in rilievo lo straniamento baroccheggiante gaddiano della dinamica futurista (5.5). Infine viene presa in esame l’ekphrasis del tabernacolo dei Santi Pietro e Paolo nei Due Santi del Pasticciaccio come esempio paradigmatico della complessità e della multidimensionalità delle immagini narrate dei romanzi (5.10).

A conclusione del lavoro Martha Kleinhans riassume le tappe dell’evolversi della scrittura gaddiana dalla Satura al Pasticcio (6), come già accennato nel titolo, ossia da una scrittura referenziale, capace di deformare la realtà, e pertanto satirica, a un pastiche autoreferenziale, postmodernista, che mette in discussione il postulato della mimesi (15-18). Raffrontando i risultati raggiunti nei capitoli 3 e 4 con quelli del capitolo dedicato ai romanzi risulta evidente che i temi e i procedimenti della narrazione contraddistinguono anche la saggistica di Gadda e che viceversa il programma estetico del Pasticciaccio può apparire sotto nuova luce solo sulla scorta delle riflessioni teoriche e delle recensioni dell’autore.

Nella struttura della monografia si sovrappongono pertanto due obiettivi: da una parte quello di una classica monografia che segue una suddivisione dell’opera secondo generi (dalle autotestimonianze, passando per i saggi, fino alla prosa) e dall’altra parte quello di un intervento tematico e storico-culturale centrato sull’aspetto dell’iconicità. Tale duplice intento chiaramente non è di facile perseguimento; esso presuppone rinunce su entrambi i fronti: incompletezza della monografia da un lato, e ampiezza del quadro di riferimento – qui dilatazione del concetto di iconicità – dall’altro (come l’autrice stessa ammette, cfr. 426). Dato però che l’autrice non dà per assiomaticamente giustificato l’impianto storico-culturale, come avviene invece in molti studi letterari, e non chiama in causa i testi solo a dimostrazione dell’una o dell’altra teoria, bensì lavora con metodo induttivo sul testo analizzato, ovvero su di esso aggiusta continuamente la propria indagine, le suddette rinunce paiono sorvolabili (introduzioni alla vita e all’opera di Gadda o alle teorie dell’iconicità sono facilmente reperibili); al contrario, questo intenzionale procedere su due livelli si rivela essere metodo estremamente fruttuoso, adatto alla complessità della scrittura di Gadda. Ne risulta così una monografia sull’opera di sicura complicatezza, ma imperniata anche su un chiaro filo conduttore evinto dallo stesso corpus testuale. Che questo filo non sia, come si aspetta certa scienza della letteratura contemporanea, il preciso tratto rettilineo di un geometra, quanto piuttosto in origine un intricato groviglio gaddiano che l’autrice ha saputo dipanare in un filo di Arianna, il quale rintraccia le forme del dedalo testuale e conduce il lettore fuori dal labirintico costrutto dell’opera, sta nella natura dell’oggetto e costituisce più un merito dell’autrice che un difetto della sua esposizione. Alla fine non resta che constatare: la monografia di Martha Kleinhans rappresenta una pietra miliare degli studi gaddiani, destinata ad avere molti lettori in ogni parte del mondo.

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Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

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