Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali

Dolore

Maurizio Rebaudengo

Concetto insceverabile da una vita, quella propria, Gadda gli intitola il primo dei romanzi maggiori, con sintagma di ascendenza biblica ma di matrice nietzschiana (Gadda 1987a: viii-xi), delineando un percorso filosofico dal suo apprendimento.

Dolore è consapevolezza di personale estraneità, ed ha invaso l’esistenza trasformandola in un calvario laico. Già nel ’15, al fronte, in un momento di abbattimento dovuto all’inazione, Gadda annotava: «Tutte le volte che rivado nel passato, non ci vedo che dolore» (SGF II 486) – dolore, non fatica ad ammettere, acuito dalla «sensibilità morbosa» che lo spinge a proiettare in avanti, sul futuro, le premesse emotivo-materiali della sua esistenza. Prigioniero a Celle, Gadda riflette sulle manifestazioni ricreative organizzate dagli ufficiali della baracca, notando che il «dolore ha cause, manifestazioni e gradazioni diversissime nei varî individui» (SGF II 799), e che ciò rende impossibile un vero clima cameratesco.

Il concetto di dolore lo definisce anche la riflessione sul suo contrario. In Meditazione Gadda dedica il terzo capitolo alla discussione dell’idea di grama felicità – «felicità o gioia intensa è la sensazione di un possibile adempimento della funzione vitale, del compito» (SVP 641), sensazione così intensa da indurre, nell’individuo, «oblio» della propria «limitatezza fisioligico-psicologica» (SVP 642). Se ne ricava che è dolore l’opposta situazione esistenziale, l’inadempimento del compito: la distonia tra il fine e il grado di realizzazione della funzione vitale.

Rapportato ad un concetto edonistico classico – ma sarebbe meglio dire utopico –, il dolore è dovuto alla mancanza di equilibrio nel sistema, alla mancata armonia tra interiorità ed esteriorità, armonia che avrebbe dovuto essere aliena da ogni condizionamento di carattere materiale. E qui va ricordato un altro dato insceverabile da una vita: il fatto che Gadda invidia quei coetanei (I divini della biografia di Roscioni), appartenenti alla sua stessa classe sociale, la ricca borghesia, i quali, non avendo conosciuto dissesti finanziari, continuano a permettersi le attività ricreative proprie di un borghese comme il faut. Non a caso, quando compaiono nella pagina gaddiana, questi giovani – modello il San Giorgio in casa Brocchi – sono segnali di speranza, nella bellezza e nella salute fisica.

La realtà del dolore, invece, appartiene a chi, come Gadda, medita e riflette anche per conto di coloro – la vasta collettività degli altri – che non se ne interessano: compito, quello della riflessione dolorosa, cui si è ridotta la realizzazione della propria funzione vitale, e cui si accompagnano incontenibili esplosioni di rabbia, per impotenza. In Eros e Priapo, un Gadda sarcastico, furente, fa la cronaca impietosa della discesa agli inferi di un intero popolo, gabbato da una retorica vitalistica, quella fascista, ma letale nei fatti.

Il dolore ha indubbiamente, in Gadda, la doppia valenza di condizione esistenziale e male fisico – esemplare, in tal senso, il corpo-globo di Gonzalo, «ingegnere-capo decentemente defunto» (RR I 620) sul tavolo della visita medica della Cognizione; in questo caso, il male immaginario ha cioè fatto produrre al personaggio l’icona della morte fisica. Se, però, Gadda-narratore e/o cronista contempla il corpo già divenuto cadavere, il dolore scompare, e subentra la constatazione della infrazione di un sistema: alla notizia della morte di Liliana, sul volto di Ingravallo si dipinge un « diadema di terrore, di dolore» (RR II 58) – ma quando il commissario si trova infine davanti al cadavere della donna, la descrizione non sconfina nella dimensione emotiva, accorpando invece le versioni del dato fornite dai testimoni oculari e dal reperto fotografico, anticamera del verbale da redigere.

Similmente, in Una mattinata ai macelli, in apertura delle Meraviglie d’Italia. Davanti al trapasso, testimoniato da persona ma di routine, si descrivono le varie fasi di un rito officiato in nome della necessità. Di dolore pressoché nessuna traccia; il brano illustra difatti il meccanismo della trasformazione – dal corpo vivo ed integro ad una pluralità di derivati, in una catena di mera utilità economica.

Università di Torino

Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0

© 2002-2024 by Maurizio Rebaudengo & EJGS. First published in EJGS (EJGS 2/2002). EJGS Supplement no. 1, first edition (2002).

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