Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali

Macaronico

Albert Sbragia

Attribuzione inizialmente dovuta al Contini, in un suo articolo del 1934 apparso su Solaria e recante il titolo Carlo Emilio Gadda, o del pastiche. I due si conobbero a Roma nello stesso ’34, dopo che Contini fu guadagnato alla causa gaddiana dal comune amico, Montale, e poco dopo che ebbe ricevuto l’incarico da Bonsanti di recensire l’appena uscito Castello di Udine (Gadda 1988b: 7). L’articolo ebbe il pregio di elevare Gadda al di sopra degli angusti limiti del dibattito sul calligrafismo per inserirlo in una lungimirante prospettiva storica che passa attraverso gli Scapigliati per approdare alla «corrente eruditissima e umanistica dei pasticheurs rinascimentali, dai nostri macaronici al Rabelais» (Contini 1989: 4). Insieme a pastiche ed espressionismo, macaronico rimase un termine prediletto di Contini per descrivere il lavoro gaddiano, sia nella magistrale Introduzione alla «Cognizione del dolore», in cui il critico coniò la felice formula di «arte macaronica esercitata su una materia […] freudiana» (Contini 1989: 19), sia in vari contributi ad antologie ed enciclopedie che diedero al termine l’autorità di una definizione perentoria.

Fu una definizione, però, che Gadda accolse solo con circospezione. In una lettera del 20 luglio del ’34, Gadda ringrazia Contini del saggio – «vedo che lei è stato un lettore attentissimo e acutissimo» – ma commenta che forse «è apparso un po’ troppo sottolineato il pastiche» (Gadda 1988b: 13 e 15). Circospezione che riappare, in toni più coloriti, nel Fatto personale…o quasi, in cui l’autore ci ricorda che «quel tanto di macaronico» che Contini aveva sorpreso nella sua scrittura era germogliato nella «schedula della quale mi trovo oggimai etichettato nel casellario dell’opinione, in misura troppo rudemente collocativa» (SGF I 495).

Ci si potrebbe chiedere, allora, quanto Contini stesso abbia indotto Gadda verso un’idea del maccheronico come coordinamento consapevole della sua prosa. È la tesi di Roscioni, che opina che Contini «contribuì, in modo forse decisivo, a rendere Gadda più consapevole del tipo di scrittura che praticava» (L’arduo Gianfranco, La Repubblica, 22 settembre 1988). Significativo in questo senso il tentativo (fallito) di Contini di convincere Gadda a tradurre tutto Rabelais in italiano (Gadda 1998: 21-27). Notevole anche lo scambio di deferenze in materia da parte dei due amici se, come argomenta Roscioni, Contini cancellò la parola pastiche dal titolo del suo primo saggio su Gadda quando lo ripubblicò come Primo approccio al «Castello di Udine», e Gadda, qualche anno più tardi, la ripescò per il titolo del suo romanzo romanesco (Roscioni 1988).

Ciò che sappiamo con sicurezza è che Gadda volle adattare idee letterarie di pastiche e macaronico alla sua visione ontologica ed epistemologica della svariata e spesso raccapricciante confusione della realtà. A sottolineare questa sua operazione, una perfida allusione alla poetica maccheronica appare nel momento in cui meno l’aspetteremmo, e cioè al ritrovamento del cadavere straziato di Liliana Balducci. Il collo ferocemente reciso della signora Liliana è «un orrore! da nun potesse vede», un «pasticcio» di sangue nero con bollicine e arterie mozzate che appaiono agli agenti della squadra mobile come «maccheroncini color rosso, o rosa» (RR II 59). Sono dunque anche queste le spettacolari e «curiose forme» che può assumere il maccheronico gaddiano.

Le riflessioni saggistiche di Gadda sul discorso macaronico ruotano intorno alla composizione del Pasticciaccio, e, si può dire, sono condizionate da fonti e tecniche che informano il romanzo. In primis, l’incontro con Belli:

La parlata del popolo […] [a]ttinge ai limiti egualmente dolorosi ed ugualmente fecondi d’un conato di rivendicazione gnoseologica e […] dissolvimento della inanità nella maccheronea. Gestore di quest’epos è il popolo. (SGF I: 555-56)

Arte del Belli appare nel ’45. Nasce come recensione di Er Commedione, una scelta di sonetti belliani commentati da Antonio Baldini, ma è soprattutto, da parte di Gadda, la scoperta di una felice formula in cui tratti personali del proprio progetto letterario – rivendicazione gnoseologica, dissolvimento della inanità – trovano in pieno la loro sede popolare. È la formula vincente del Pasticciaccio, il primo capitolo del quale esce sulle pagine di Letteratura agli inizi del ’46. Concetto popolare di maccheronea poi ribadito – «[i]l popolo […] secerne continuamente la su’ maccheronea» – ed ornato di un eclettico filone di autori praticanti del mestiere in Fatto personale… o quasi, apparso nel ’47, a chiusura del primo Pasticciaccio, quasi come sua apologia, e in simmetria, poi, con l’apologia del «barocco» che accompagnerà l’altro grande romanzo gaddiano. (1)

è stato Cesare Segre più di ogni altro a sviluppare in sede filologica le intuizioni continiane sul Gadda maccheronico (Segre 1979 & 1998). Riprendiamone alcuni punti salienti.

Macaronico è, innanzitutto, un termine che serve a sottolineare la continuità storica del plurilinguismo gaddiano, consistente, tra l’altro, in italiano letterario, venato di arcaismi, tecnicismi e linguaggi speciali, dialetti e, saltuariamente, lingue straniere (tra i dialetti, il milanese, il romanesco e il toscano arcaico costituiscono i tre episodi di più rilievo). Il vero maccheronico, incluso quello gaddiano, effettua, poi, non solo un accostamento di diversi strati linguistici ma una vera interferenza sia al livello sincronico che diacronico (in questo senso, aggiungerei che Eros e Priapo, con il suo ricorso costante al toscano antico, è l’opera più maccheronica di Gadda). Il maccheronico è, infine, una trasgressione linguistica che può investire tutte le convenzioni di pensiero e di espressione.

University of Washington, Seattle

Note

1. Il Fatto fu incrementato notevolmente per la ripubblicazione nel ’58 nei Viaggi la morte, forse anche in occasione del ripubblicato e aumentato Pasticciaccio, e fu reso ancora più quasi personale (tenui sfumature dalla malinconia alla maccheronea, complesso di castrazione passivo). Per un autore come Gadda, sempre in odore di pecche di arzigogolismi e riboboli, riportare la propria maccheronea alle essudazioni più terrose del popolo è anche un atto di ribellione a quell’elemento di troppo angusta parodia letteraria che Bachtin avrebbe identificato nella maccheronea italiana rinascimentale. Interessante il fatto che Folengo è quasi del tutto assente nei saggi letterari gaddiani e che viene menzionato in Fatto personale solo in un’aggiunta del ’58. Per quanto riguarda la presenza di Folengo nella biblioteca personale di Gadda, il lettore viene rimandato al saggio di Alessandro Capata, Gadda e il modello inconscio della Macaronea (Cortellessa & Patrizi 2001a: I, 47-51).

Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0

© 2002-2024 by Albert Sbragia & EJGS. First published in EJGS (EJGS 2/2002). EJGS Supplement no. 1, first edition (2002).

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