Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali
Mito
Pierpaolo Antonello
Concordemente con la sua formazione positivista e razionalistica (di un positivismo e di un razionalismo che potremmo definire critici), e con i suoi presupposti epistemologici (esplicitati nei vari saggi e brogliacci filosofici), il pensiero e il progetto narrativi di Gadda possono definirsi essenzialmente anti-mitici. Vi è nell’opera dell’ingegnere una coerente e programmatica propensione demistificatoria, accompagnata a un sostanziale e inalterato realismo e odio per le parvenze. La sua scrittura vuole essere, in senso generale, una restituzione al vero, sceverato da ogni passione ideologica o retorica, da ogni velame di bugia, di mitografia posticcia, personale o sociale. (1)
Il mito per Gadda è una fissazione arbitraria, grossolana, di una porzione della realtà, cristallizzatasi nelle menti umane per difetto logico o di conoscenze reali, ovvero per adeguamento a forme di iper-semplificazione linguistica o di mistificazione retorico-ideologica della realtà. Il mito è il linguaggio dell’affezione, della mancanza di disposizione ragionativa, che attecchisce con maggior vigore tra il popolino, tra i semplici: «il linguaggio affettivo cioè uterino, cioè mitologico e sbagliato che si usa comunemente» (Meditazione, SVP 721). Sono miti i vari parti della fantasia della gente, il «folklore locale» (Cognizione, RR I 574); «le dicerie dettata dall’invidia» (Palazzo degli ori, SVP 930). «Il palazzo degli ori» nel Pasticciaccio è, ad esempio, «costituente mito sulle bocche favoleggianti del popolo» (SVP 937).
Come antidoto alla mito-mania Gadda prescrive la «preziosa tautologia» offerta da Giacomo Devoto in un suo libro: «la forza che attenua il peso dei miti… e li tiene nelle loro giuste proporzioni è la verità» (Un testimone, SGF I 948). Nel capitolo VIII della Meditazione, intitolato programmaticamente La dissoluzione dei miti, Gadda si pone quindi, come compito esplicito, quello di dissolvere «li eroi e le armi loro e tutto ciò che è nell’anima e nell’amor nostro», non per «favorire con ciò lo scetticismo», ma per non deformare le cose «incollate sull’album della conoscenza come francobolli» (SVP 675). L’ingegnere sottolinea come si riscontri «nella contemplazione del mondo dei fatti differenti che la natura mitologica, grossolana, inesperta del nostro cervello rozzo e contadinesco, ha arbitrariamente sottoposto a un nome solo. (Vecchia storia)» (SVP 678). Si tratta in realtà di un difetto osservativo e di presupposti logici, perché «se leviamo lo sguardo alle parvenze nel turbine, ne cogliamo un aspetto e dopo un istante esso è già cosa diversa» (SVP 675). Il principio della deformazione, intrinseco all’articolarsi fenomenico della realtà – sia questa pensata come «pulsione oggettiva sia […] come interpretazione e conoscenza» (SVP 676) –, sta alla base dell’instabilità di ogni possibile fissazione mitica. La realtà è popolata di «parvenze» che non possono mai cristallizzarsi, perché sempre in trasformazione, e che pertanto «si dissolvono e si deformano da sé» (SVP 675), da cui la precarietà di ogni ipostatizzazione mitografica del reale.
C’è per Gadda «un trapasso di “ravvedimento” dal mito alla notazione logica» (L’ultimo libro di Gianna Manzini, SGF I 777), che non rieccheggia una vichiana o comptiana progressione della conoscenza storica dell’uomo, ma che fa semplicemente della razionalità e della conoscenza scientifica degli appoggi di cui l’uomo deve servirsi per potere articolare più compiutamente le forme del reale, il movimento effettivo delle cause e delle ragioni che spiegano i fenomeni naturali e sociali. A proposito, nei Miti del somaro, Gadda contrappone alla retorica fascista-marinettiana, grazie a cui si è costruito il mito scenico, teatrale, da dare in pasto alle masse desiderose di una prigione mentale, la «consapevole Scienza» e il «contro-mito» della «Ragione e del Progresso» (SVP 909), da esercitarsi attraverso «la diligente e partecipata lettura, la sperimentata ricerca, la collazione e elaborazione dei dati e delle istanze di fatto alla luce di un metodo» (SVP 912), così da «incenerire il mito in una somma di conoscenze reali» (SVP 913). Pur riconoscendo molti degli errori teorici della cultura scientifica di fine 800, Gadda ritiene valida, in termini di acquisizione di consapevolezza, l’azione svolta dalle troppo criticate generazioni di scienziati e filosofi: «Il faust positivista si contentava di “contribuire con indefessa tenacia al miglioramento della umanità e all’accrescimento delle cognizioni umane”. Non è poco, mi pare. […] Ma se la consapevolezza “scientifica” e “documentaria” del positivismo acquistò valore di mito e divenne mito a sé medesima, ciò accadde in modo puro e ingenuo; e non fu gioco di putta, né calcolo di ruffianona bugiarda» (SVP 913-14). Del resto proprio nell’ambito della tecnica, «la parola “progresso”, che altrove è mito e bugia, non è mito, e tanto meno bugia, nel vasto cantiere della verità meccanica, dove sono ad opera le macchine» (Lettera a Leonardo Sinisgalli, SGF I 1070).
Questo apparente eccesso di fiducia razionalistica nella «consapevole scienza» può sembrare sproporzionato rispetto alla capacità della stessa di fornire proposizioni vere in senso assoluto, ed è certamente motivato anche dall’intento polemico dei Miti del somaro. Oggetto di queste note è infatti il fraintendimento delle prospettive epistemiche proprie delle tecniche da parte dell’«innografo Marinetti», ma soprattutto la sua mala fede nel volere intenzionalmente generare miti invece che conoscenza, disponendo di apparati retorici invece che di apparati di verifica sul reale. Contro qualsiasi logica avanguardistica, e antidoto alle «consecuzioni parolaie» della cultura italiana, per Gadda serve farsi carico dell’esperienza pregressa, cioè sia della tradizione che del materiale espressivo che continuamente si forma in ambiti estranei a quelli strettamente letterari, e così demistificare tutte le ideologie che concorrono a togliere alla ragione gli strumenti più adatti alla comprensione e costruzione della realtà.
Se il mito poi può mantenere un qualche valore immaginifico in ambito pittorico, (2) una sua eventuale funzione in ambito poetico viene da Gadda molto ridimensionata. In un commento a Baudelaire nei Viaggi, la morte, l’ingegnere considera un vizio l’uso della mitologia e dei suoi riferimenti in poesia, ancorché consenta «simboli e trapassi più rapidi e di comune accezione» (SGF I 570). Il suo ricorso può fa perdere forza poetica a qualsiasi composizione, soprattutto quando si consegna al puro gioco linguistico o della finzione, perdendo il contatto con la realtà:
La poesia in quanto epitome purificatrice della conoscenza, nella estensione più ampia di questa, non può cancellare dal mondo le realtà etiche. Quando voglia prescindere «in absoluto» da un qualche motivo della realtà complessa, rinnegarne un qualche vincolo, si trasforma in arzigogolato ricamo, in «imaginosa finzione», nel senso più dilettantesco della parola. (SGF I 580)
I miti riacquistano valore per Gadda soprattutto come sintesi di contenuti psichici, come precipitato di inferenze affettivo-conoscitive, sia personali che collettive, e che trovano una sintesi immaginifica e metaforica in alcuni racconti mitici. Gadda distingue a proposito fra il mito «d’accatto, un giucattolo adocchiato a caso in una bancarella, compro a sei soldi da persuadere buoni modi al bambino», e il mito con «reale valore psicodinamico, o psicagogistico». E «valore psicodinamico ha soltanto quel mito che trasforma in pragma o almeno in tensione pragmatica le istanze più profonde del nostro essere, una nostra scelta o intellettiva o istintiva […] un’idea partecipata con intera coscienza di uomini, e di maturi alle operazioni del cervello» (Miti del somaro, SVP 904).
Eros, Priapo, Narciso sono figure del mito che vengono riprese in quanto attraversate dalla spiegazione psicanalitica e che pertanto non assumono un contenuto di semplice parvenza ma un preciso valore conoscitivo e esplicativo, proprio perché riempiti ora di nuovo contenuto positivo dall’analisi psicologica (e quindi sostanzialmente de-mitizzati). L’allusione al mito in un passo di Virgilio, commentato in Psicanalisi e letteratura, diventa importante per Gadda in quanto richiamo sulla pregnanza psico-evolutiva del rapporto genitori-figli (SGF I 460). Allo stesso modo, nella recensione ad Agostino di Alberto Moravia, riconosce che «il mito stesso di Venere e di Adone, il favolello ariostesco dell’Angelica e di Medoro, hanno un innegabile e delicatissimo semi-contenuto edipico» (SGF I 609).
A parziale riscatto delle ragioni del mito, Gadda sottolinea come Freud abbia essenzialmente contribuito a sistematizzare quello che già da tempo altri avevano esplorato con altre metafore: «Freud non [ha] scoperto nulla di sistematicamente nuovo, ma soltanto ordinato, schematizzato, ridotto in termini un materiale probante già noto da secoli. I più disparati documenti ce lo attestano, ce lo confermano magari occasionalmente, e in un certo modo a spizzico: cronache, miti, romanzi, confessioni e lettere autobiografiche d’ogni epoca» (Psicanalisi e letteratura, SGF I 462). Nelle pagine dedicate al narcisismo, Gadda si sofferma non tanto sugli aspetti clinici ma sul mito, sulla pregnanza del mito: «genio di quel popolo che intuì e divinò e di poi descrisse e di poi celebrò nelle use favole i dimolti moti della psiche, con una libertà che resulta impraticabile alla nostra cachettica prudenza: e vereconda stitichezza» (Emilio e Narcisso, SGF I 653).
Cambridge UniversityNote
1. Anche Emilio Manzotti sottolinea come nella Cognizione si assista a una «operazione di sceverazione e la conseguente negazione-distruzione delle “vane immagini”» che rieccheggia «un biblico vanitas vanitatis» (Manzotti 1987a: xxxix).
2. Per un esempio si veda: «Io stento a credere che Giove siasi per davvero tramutato in toro […]. Altro è il mio sentimento davanti alla pittura del Veronese: quella gran tela appunto che celebra il ratto dell’avvenente femmina da parte dello iddio fregolesco» (Miti del somaro, SVP 903).
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0
© 2008-2024 by Pierpaolo Antonello & EJGS. First published in EJGS. EJGS Supplement no. 1, third edition (2008).
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