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Corre voce che Gadda sia il massimo narratore del nostro Novecento; se schierarsi è facile, interrogarsi sulla grandezza impone invece un faticoso chiarimento, che finisce per coinvolgere il senso stesso dell’atto letterario.
Nel caso dell’Ingegnere, molte e diverse sono le posizioni critiche. Ma dopo ogni più vivace e polifonico dibattito, e a dispetto delle immancabili voci dissenzienti, viene sempre il momento in cui un certo modo di vedere e sentire un autore si attesta come dominante. Siamo forse in prossimità di un simile passo per Gadda. Tanto più cruciale, dunque, mettere in rilievo aspetti dell’opera (e, più ampiamente, della mens) gaddiana che un inevitabile assestamento esegetico, accompagnato come accade da una certa cristallizzazione concettuale – quando non addirittura semplificazione agiografica – potrebbe presto pervenire a minimizzare, o forse neutralizzare del tutto.
Tale è il proposito di questo libro: avvicinare Gadda in una prospettiva che ne salvaguardi l’originalità, l’unicità (resistendo alla sempre più forte tentazione di troppo comode sistematizzazioni), ma che contemporaneamente non rifugga dall’esigenza di un’ampia contestualizzazione storica e teorica; e, di pari passo, riaffermare il valore artistico e ideale di un’opera fra le meno facilmente classificabili e canonizzabili del secolo appena trascorso.
Giuseppe Stellardi, Gadda: miseria e grandezza della letteratura, Firenze, Cesati, 2006, 184pp., ISBN 88-7667-208-7.
Giuseppe Stellardi ha studiato a Pavia e Parigi e, dopo aver ricoperto incarichi negli atenei di Cape Town e Lancaster, attualmente insegna letteratura italiana presso l’università di Oxford. Oltre che su Gadda, ha pubblicato saggi su Dossi, Michelstaedter, Svevo, Eco, Derrida, e un volume sulla metafora nel discorso filosofico del Novecento.
EJGS Review by I. De Michelis, EJGS 5/2007
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
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