Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali

Europa

Nicoletta Pireddu

Il topos del vecchio continente, dei suoi miti e della sua eredità culturale, nei suoi aspetti sia caricaturali che drammatici, punteggia l’intera opera gaddiana. Le pagine dell’Ingegnere spaziano dalla «imperlata giovenca Europa» sedotta dall’«omniconcupiscente» dio sovrano dell’Olimpo, (1) a un’Europa ancora custode di decoro e di «elegante urbanità» (SGF I 456), retaggio di una stirpe «affinatasi fra gli antichissimi fiori della terra» – un’Europa, peraltro, ormai anche «standardizzata» (SGF I 834), che ha affogato cibi, tradizioni e saggezza locali nei «pentoloni dell’egualità e della monotonia», e quindi assai più prossima a quella «Europe au cerveau rétréci» (RR I 100) di cui M.lle Delaney invita a «buttar a mare tutti gli scrupoli rancidi» per dovere di americanizzazione.

Il Gadda schivo, chiuso nel suo proverbiale isolamento, desideroso di rimanere nell’ombra e intimorito perfino da uno spostamento in treno da Roma a Milano, si può definire, di fatto, con la caratteristica attribuita a suo tempo allo studio di famiglia: «dall’aria così nobilmente provinciale, lombarda, e allo stesso tempo doviziosamente cosmopolita» (Gadda 1993b: 182-83). Cosmopolitismo, il suo, in cui senza dubbio a fare la parte del leone è appunto l’«homo europaeus» (SGF I 1221), ma non soltanto in veste di patetico «bipiede» collocato da Linneo nell’«eminente» gruppo dei primates, e bersaglio dell’impietosa ironia gaddiana per il suo ossessivo culto della famiglia.

Gadda, insomma, potrà anche criticare gli eccessi dell’«errabondo e pluriverso cosmopolitismo» (SGF I 598) di uno Stefan Zweig, «appassionato araldo della speranza civile d’Europa» (SGF I 596), il cui europeismo finisce tuttavia per sconfinare nel grottesco mentre la stessa «civiltà europea» nei suoi scritti decade nella bestialità. Eppure, definendosi «minimissimo Zoluzzo di Lombardia» (SGF I 243), Gadda non dimostra unicamente un interesse residuo per il naturalismo dell’autore de La Débâcle. Con Zola egli elegge, soprattutto, un referente straniero, europeo, fonte di possibilità creative assenti nell’enclave letteraria della sua terra. Pur senza sminuire il ruolo di Manzoni, Porta, o Dante, figure italiane delle quali Gadda stesso riconosce l’influenza determinante nella sua formazione letteraria, lo Zola alter ego gaddiano va collegato ad ulteriori modelli europei, punti di riferimento altrettanto fermi per l’Ingegnere: tra questi, Verlaine, dai più «odiato per ragioni morali» (Gadda 1993b: 169) e che Gadda ammira e cita sfidando i benpensanti; Baudelaire e Rimbaud, non meno apprezzati dal nostro autore; lo Shakespeare di Amleto, Dostoevskij (Gadda 1993b: 214); o, ancora, Shaw e Swift, coi quali Gadda condivide il temperamento satirico (Gadda 1993b: 61). (2)

Non sorprende quindi che questo Gadda, «esterofilo» proprio e perfino quando il fascismo condannava la parola e la pratica (Gadda 1993b: 92), questo Gadda che si interessa alla psicanalisi quando Freud appariva ancora come nulla più di un pervertito, e che, non a caso, per il suo straordinario lavoro di sperimentazione e innovazione è stato ripetutamente affiancato a Joyce e Céline (Gadda 1993b: 61, 213), sintesi emblematiche di una coscienza e di un’estetica europee, debutti nel mondo delle lettere in veste di assiduo collaboratore di Solaria, rivista di avanguardia che, più di ogni altra, fece dell’europeismo il proprio vessillo. Perché un’Italia intellettualmente sola abbia una letteratura europea, afferma Leo Ferrero nel saggio divenuto una sorta di manifesto di Solaria, è necessario che i suoi scrittori dipingano il proprio paese mantenendo «il presentimento del mondo», pur senza «esiliarsi per amore del forestiero». (3)

Ed è appunto come scrittore europeo, espressione di tante diverse Italie quanto di una sfaccettata realtà sovranazionale, che Gadda, dopo troppa pubblica indifferenza, sarà infine consacrato con il conferimento del Prix International de Littérature nel 1963. Le osservazioni di Hans Magnus Enzensberger, a proposito dell’«avvenimento europeo» (Enzensberger 1963b: 58) rappresentato dalla scrittura di Gadda, colgono appieno le implicazioni dell’operazione gaddiana, erroneamente presa dalla critica nazionale per mero segno di italianità, se non addirittura di colore locale: il linguaggio gaddiano, ineguagliato nella letteratura moderna se non da Jean Paul, è universale, «un tessuto labirintico, una babele linguistica sovranamente organizzata, un complesso inscindibile e – insieme – il composto di una schiera di singoli linguaggi: scritti, parlati, vivi e morti, paesani e stranieri, un composto […] di lingue, sottolingue e soprallingue» (Enzensberger 1963b: 58).

E come l’idioletto gaddiano si estende senza soluzione di continuità dalle infiltrazioni lombarde nell’Adalgisa e dall’epopea del romanesco nel Pasticciaccio alla polifonia franco-inglese de La Madonna dei Filosofi e allo spagnolo protagonista de La cognizione del dolore, così anche la materia narrata dall’orizzonte della realtà regionale valica il confine nazionale per assumere una dimensione europea.

Concordando con Enzensberger, per il quale Gadda «distrugge egli stesso tutto ciò in cui crede, dove è radicato, che gli è più caro» (Enzensberger 1963b: 59), possiamo quindi riconoscere nell’Europa gaddiana la medesima tensione tra amore e odio che lega a doppio filo l’Ingegnere e la vita borghese della sua Lombardia. Ovvero, l’ironia con cui l’Ingegnere allude, ad esempio, al materialismo del vecchio continente evocando le «ingorde spiagge dell’Europa» (SVP 75), o il sarcasmo con cui, nel neon delle insegne luminose, vede la diffusione dei piaceri di Pigalle e di Boulevard des Italiens «per tutti i luoghi di delizie d’Europa» (SVP 89), sono inseparabili dall’empatia per quell’Europa su cui «la belva tudesca» (SGF II 1037) si getta con avidità e violenza, estendendo a tutto il continente «il vecchio gioco di Bismarck», ovvero creando «dissidî e rivalità e lotte fra i deboli per poterli strozzare a uno a uno», dividendo culture (come quella italiana e francese) da sempre legate da affinità e fratellanza.

Dal comico traspare allora il tragico, la sofferenza del Giornale di guerra e di prigionia per il «sanguinoso pandemonio della storia “europea” di allora (1915-18)» (Gadda 1993b: 124), o per «le calamità catastrofizzanti che l’Europa conobbe dal 1939 al 1945» (RR I 759).

Così come avviene per la realtà della sua patria, per le idiosincrasie della sua Italia di regioni e di dialetti, Gadda esprime il rifiuto di una certa Europa con le forme e la sensibilità di un’Europa altra, quella dei grandi della letteratura del vecchio continente, che come lui o prima di lui, sono apparsi diversi, polemici, difficili, maccheronici, barocchi, in preda a un furore linguistico (Gadda 1993b: 61) che li rende innovatori ineguagliabili. In altre parole, geni la cui creatività non può che lasciare un segno nella cultura non soltanto italiana ma appunto europea, un segno assai più profondo e duraturo di quel «qualche cosa» (Gadda 1993b: 231) remotamente ipotizzato dall’Ingegnere con la sua solita modestia.

Georgetown University

Note

1. SGF I 1221. Sebbene il Gadda de I miti del somaro stenti a credere alla trasformazione di Giove in toro per «rapire Europa, la ninfa bell’occhia» (SVP 903), l’autore riprende comunque più volte l’episodio mitico nei suoi scritti, rendendo Europa stessa l’oggetto della metamorfosi, oltre che del rapimento. Quasi a voler assimilare la sorte di Europa a quella della trisavola Io, trasformata in vacca da Zeus per sfuggire alla gelosia di Era, Gadda allude, ad esempio, ne Il primo libro delle Favole, a un toro e a «una giovenca […] che pareva Europa» (SGF II 43). Analogamente, secondo il narratore di Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus, «Giove, se ’l fusse oggi qua e tramutatosi in toro, non arriverebbe a ingredire nella ritrosa vacca Europa; e […] detta vacca al vederlo già la si sarebbe tramutata in una comune femina, con grande berleffo del detto Giove» (RR II 966).

2. Insistente l’interesse di Gadda per Swift. Oltre a Gadda 1993b: 151, 96, 98-99, cfr. la ripresa del capolavoro swiftiano in Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus (RR II 955-66).

3. L. Ferrero, Perché l’Italia abbia una letteratura europea, in Antologia di Solaria, a cura di Enzo Siciliano (Milano: Lerici, 1958), 21.

Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0

© 2002-2025 by Nicoletta Pireddu & EJGS. First published in EJGS (EJGS 2/2002). EJGS Supplement no. 1, first edition (2002).

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