Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali
Firme
Riccardo Stracuzzi
Nei diari, negli epistolari, nelle pagine dei cahiers d’études di Gadda si moltiplicano le firme, e si tratta di una moltiplicazione connessa a metamorfosi continua; ne deriva una sistematica escursione tra i due poli dell’insistenza: iterazione da un lato, e dall’altro diversificazione, quasi che sintagma e paradigma – passi l’assimilazione impropria – fossero sollecitati allo stesso titolo e allo stesso modo.
Alla moltiplicazione della scrittura di firma va poi aggiunta la corrispettiva moltiplicazione e diversificazione nel determinativo cronotopico: tale determinativo, nella scrittura diaristico-epistolare o nell’appunto di lavoro, ha solitamente l’effetto di produrre un quadro elocutivo dove il destinatario è rigidamente preconosciuto, quale che esso sia (lo scrivente stesso o un corrispondente noto). La diversificazione modale di questi aspetti del sigillo (cioè firma + determinativo cronotopico), invece, svia il testo dal suo carattere generico e lo rivolge, già in partenza, a un pubblico senza nome.
è sufficiente aprire il gaddiano Giornale di guerra e di prigionia al frontespizio (d’autore), per verificare quello che qui si viene notando: in alto si leggono nome e cognome dell’autore; ad essi fa séguito una specificazione temporale (Anno 1915) e il titolo del testo (Diario di campagna). Dopo alcune righe vuote, ecco intervenire una prima variante e, allo stesso tempo, una sorta di ripetizione in forma di chiosa: «Gaddus. – 1915 | – In Edolo di Valle Camonica | – In Pontedilegno (Pons Daligni) di Valle Camonica. –» (SGF II 439), dove la latinizzazione della firma d’autore si riflette anche nella latinizzazione, sia pure parentetica, del nome di luogo, con un effetto di duplicazione sùbito evidente: due firme, due date, e due indicazioni di luogo, per quanto queste ultime siano entrambe nel secondo dei sigilli. (1)
Voltata pagina, una prima pseudo-annotazione, autoreferente: «“Acquistai questo quaderno oggi, in Edolo, al Bazar Edolo.” | 24 agosto 1915. | CEGadda»; segue, alla pagina successiva, una prima nota di dieci righe e mezzo, aperta da un: «– Carlo Emilio Gadda. | 24 agosto 1915.», e chiusa da un: «Edolo, 24 agosto 1915. | CEGadda». Si volti pagina nuovamente: si leggerà la prima nota distesa e ampia del Giornale, la quale però è ancora una volta preceduta da un’intestazione generale: «Carlo Emilio Gadda. – Anno 1915. –| Giornale di campagna. – | Edolo di Valle Camonica. –», e iniziata da un’indicazione cronotopica: «Edolo, 24 agosto 1915» (SGF II 440-43). Nel breve volgere di cinque fogli, in recto e in verso, l’autore del diario firma sei volte in tre modi diversi (Carlo Emilio Gadda, Gaddus e CEGadda) e appone sei volte un’indicazione di tempo e sei volte una di luogo, anch’esse secondo diversi modi (solo anno oppure giorno | mese | anno). Ce n’è quanto basta perché si possa parlare di una certa ipertrofia del sigillo, di una sua proliferazione che il carattere generico della scrittura, quello del diario, non bastano a motivare.
Tale l’incipit del Giornale; ma l’explicit non riserva minori sorprese. Se si scorre anche rapidamente l’ultima pagina della Vita notata. Storia, e cioè quella sezione del journal che racconta l’odissea del ritorno dalla prigionia e la ripresa di contatto, inevitabilmente amara e dolorosa, con il mondo lasciato in Italia – un po’ come La Tregua di Levi, e sia pure con minor sapienza nel racconto e gravità degli eventi – ci si trova dinnanzi una triplice chiusa, un crescendo di sconsolatezza che finisce per triplicarsi in un addio alla scrittura di tono sommessamente verdiano.
L’ultima nota si conclude con queste parole: «Non noterò più nulla, poiché nulla di me è degno di ricordo anche davanti a me solo. Finisco così questo libro di note. – | Milano, 31 dicembre 1919. Ore 22. In casa. – || Qui finiscono le note autobiografiche del periodo post-bellico; e non ne incominciano altre né qui né altrove. | CarloEmilio Gadda | Milano 31 dicembre 1919. || Fine delle mie note autobiografiche e di tutte le note raccolte in questo libro. CEG. | Milano, 31-12-1919. –» (SGF II 867). Evidentemente, non c’è ragione psicologica che basti a spiegare questa reiterazione tanto a livello del significato, quanto a quello del significante (con variazioni): il tono amaro e dolorante di chi ha saputo della morte del fratello, sino a quel momento nascostagli dai familiari, è indubbiamente appropriato al difficile momento che lo scrivente sta attraversando – ma perché ripetere tre volte che alle note del ritorno non seguiranno altre note? Perché tre sigilli posti in rapida successione: un primo con luogo, data, ora e ancora determinativo di luogo (in casa); un secondo, più ricco, con firma e determinativo cronotopico; un terzo che varia a partire dai primi due, con firma in forma di sigla (CEG) annessa al testo, e sintetico determinativo cronotopico?
Lasciando da parte il Giornale, e trascurando così quelle risorse eteronimiche che l’autore vi utilizza spesso, del resto assai note, (2) è possibile verificare la coincidenza di riti scritturali inerenti al sigillo anche negli epistolari e nelle pagine preparatorie dei cahiers d’études. Dagli epistolari sarà difficile trascegliere una porzione o un’altra; Gadda in essi manifesta anzi una certa ansia: la sua vita fatta di spostamenti e frequenti traslochi lo porta a infarcire quasi ogni lettera di indicazioni di tempo e di luogo, di prescrizioni ai suoi destinatari perché gli segnalino dove poterli rintracciare e perché sappiano dove rintracciare lui; tanto che la normale successione di indirizzi diversi (non straordinaria negli anni precedenti alla guerra, quando la scrittura epistolare soddisfaceva ancora alle quotidiane necessità di comunicazione) finisce per avere un ruolo da comprimaria, tra le tante questioni ossedenti. E questo ruolo di comprimaria è attribuito alla varietà degli indirizzi e al senso di ansiosa viandanza propriamente dall’insistito modificarsi delle firme, spesso in testa come in calce alle lettere, e delle determinazioni di luogo.
Nelle lettere, per esempio, è quest’ultimo aspetto a primeggiare; sia che scriva a Gianfranco Contini, alla sorella o all’amica Lucia Rodocanachi, solo per fare qualche esempio, Gadda premette alla missiva l’indicazione del luogo, del giorno, dell’anno e talvolta anche dell’ora, per ripeterla poi alla fine in modo più o meno sintetico. La firma tende a non essere duplicata, all’interno della stessa missiva, subisce però i già visti modi di diversificazione: Il suo/tuo aff.mo C. E. Gadda, L’aff.mo Carlo E. Gadda, suo C. E. Gadda, il tuo C. E. G., Carlo Emilio, a Contini (Gadda 1988b: 12, 23, 15, 17, 37, 45); Llotti, tuo Llotti, Carlo, Carlo. tuo Llotti, Lotti, Llotti e mille baci, alla sorella Clara (Gadda 1987b: 21, 41, 25, 63, 69, 79); C. E. Gadda, Carlo E. Gadda, Gadda C. E., C. E. G., alla Rodocanachi (Gadda 1983d: 47, 50, 52, 122).
Nei cahiers d’études si assiste più o meno allo stesso spettacolo del Giornale, e come in quel caso basta soffermarsi sulle prime pagine per assicurarsene. L’incipit del Racconto italiano di ignoto del Novecento è da questo punto di vista un omaggio alla firma, alla sua flebile apparenza di segno deittico, alla sua illusione iterata di presenza:
I recto) «Cahier d’études di C. E. Gadda | Anno 1924. – Italia»;
II recto) Carlo Emilio Gadda, | Capitano del 5.º Reggimento Alpini, | Ingegnere industriale ed elettrotecnico. || Anno 1924. – Italia – || CAHIER D’éTUDES. || Nota importante del 7 settembre 1924, in Longone. – CarloEmilioGadda: – | [segue, per diciannove righe, minuziosissima descrizione delle fattezze fisiche del quaderno utilizzato: quasi fosse, filologicamente, una descrizione interna ed esterna del manoscritto] | Longone al Segrino, 7 settembre 1924 | CarloEmilioGadda | 7-9-1924… 7-9-1924 [queste ultime due indicazioni sulla stessa, ultima, riga del foglio: una all’estrema sinistra, l’altra all’estrema destra]»;
III recto) «CarloEmilioGadda || Milano, anno 1924 || In casa, Via San Simpliciano 2, terzo piano. Ore 16. – || [segue, per diciotto righe, notizia del concorso letterario cui intende partecipare] || Milano, lunedì 24 marzo 1924. Ore 16. || Nota: [segue per quattro righe indicazione dei termini di scadenza del concorso] | CEG. - 24-3-1924. Milano». (SVP 387-393)
La giostra delle firme, delle date, delle indicazioni del giorno e dell’ora non si ferma qui, tutto il quaderno ne è percorso, come se il giovane autore stesse facendo esperienza della sua stessa autorità, dell’authorship cioè che la vittoria del concorso Mondadori avrebbe per effetto di inverare.
Il fenomeno di un tale godimento giubilante del nome, e il suo corrispettivo rampollare sotto forme differenti più o meno idiolettiche o burocratiche, sarebbe di per sé stesso molto interessante, anche qualora la sua azione fosse inclusa nei confini di quello che Genette ha voluto definire epitesto privato; (3) ma è probabile che ciò non sia, e anzi che i segni di quest’ansia del nome finiscano per insinuarsi nell’opera narrativa e in quella saggistica.
Sotto questo aspetto, Il castello di Udine produce al suo interno, tra le maglie del suo peritesto cioè, la figura di un alter ego, il Dott. Feo Averrois, firmatario in proprio delle note che chiosano la raccolta di racconti (RR I 115). E un consimile alter ego potrebbe sembrare, in Eros e priapo, quell’Alì Oco De Madrigal che non ha diretta presenza nel testo, ma che l’autore cita a più riprese, tanto da farne un quasi-personaggio, quando deve marcare il proprio detto con un aforisma o con una sentenza (la natura eteronimica dell’alter ego è indirettamente significata anche dagli Indici delle Opere gaddiane a cura di Isella; in essi, il lemma nominale Alì Oco De Madrigal rimanda direttamente al lemma Gadda Carlo Emilio, con gesto non meno interpretativo che disorientante: cfr. BI 85 e 138). In ultima analisi, si potrebbe credere che anche la figura del Critico, nella Meditazione milanese, abbia qualcosa a che fare con la produzione paratestuale di un’identità scissa dell’autore (SVP 654-56 e passim).
La pluralità delle firme, in Gadda, non rappresenta a pieno titolo una sviluppata elaborazione poetica del sigillo: per quanto l’Ingegnere condivida con Dossi una certa tendenza a giocare sul nome proprio d’autore, attribuendolo a personaggi di carattere spesso anòdino per ragioni umoristiche, pur alla luce di ciò che siamo andati segnalando, non si potrebbe dire che egli elabori un teatro delle maschere autoriale quale può essere quello di Pessoa, (4) dove la molteplicità degli eteronimi risponde rigidamente a una varietà delle cifre stilistiche elaborate dall’autore.
E tuttavia, in questa stessa prospettiva dobbiamo porre anche Gadda: il nome d’autore fa parte del testo, ne orienta il mito, ne marca in modo apparentemente materiale il margine. La firma è supposta autografa, e «L’autographie est un mode d’inscription caractérisé par le fait qu’un signe est écrit “par soi-même”, de la propre man de l’auteur. Elle suppose un contact direct avec le support écrit et, de ce fait, consitue une sorte de preuve de la présence de celui qui a signé»: (5) sarebbe meglio dire che l’autografia è in se stessa sempre apparente, e che la firma finge, piuttosto che supporre, un contatto diretto tra il segno e il supporto su cui esso è tracciato.
Lo dimostra empiricamente l’atto stesso della pubblicazione di un epistolario, sia esso d’autore o di sconosciuto estensore. E al di qua di ciò, lo dimostra l’essenza strutturalmente contraffacibile di ogni firma e di ogni autografia, tanto più singolare o graficamente elaborata, quanto più a rischio di essere riprodotta. Così, «la condition de possibilité de ces effets [quelli della firma] est simultanéament, ancore une fois, la condition de leur impossibilité, de l’impossibilité de leur rigoreuse pureté. Pour fonctionner, c’est-à-dire pour être lisible, une signature doit avoir une forme répétable, itérable, imitable; elle doit pouvoir se détacher de l’intention présente et singulière de sa production»: (6) la firma, cioè, finisce per mettere in questione dialetticamente il rapporto stesso tra scrittura e autore; la sua ripetibilità, e i giochi a cui essa è sottoposta, rappresentano in Gadda l’esplorazione di questo rapporto dialettico e insieme conflittuale. L’Autore che ha fatto dell’assenza di stile, del continuo salto tra i registri stilistici e quindi del rifiuto all’enunciazione, il suo inconfondibile stile, è ovviamente anche l’Autore che sottilmente rivela il carattere eminentemente scrittorio dell’Autorità stessa, in letteratura.
Università di BolognaNote
1. Su questa pagina si sofferma Guglielminetti nel suo Gadda/Gaddus: diari, giornali e note autobiografiche di guerra (Guglielminetti 1996: 127).
2. Citatissimo, p. es., il passo che inizia con queste righe: «Hodie quel vecchio Gaddus e Duca di Sant’Aquila arrancò du’ ore per via sulle spallacce del monte Faetto, uno scioccolone verde per castani, prati, conifere, come dicono i botanici, e io lo dico perché di lontano guerciamente non distinsi se larici o se abeti vedessi» (SGF II 452). Circa la questione degli pseudonimi giovanili, escogitati dal Gadda ragazzino ai fini di quello che Freud definisce romanzo del nevrotico, si veda il noto ma sempre utile Roscioni 1997, segnatamente alle pp. 71-88.
3. G. Genette, Seuils (Paris: Seuil, 20022), 11.
4. In stato ancora embrionale, vi s’avvicina di più Ezio Comparoni, p. es., giacché firma come Silvio D’Arzo il romanzo All’insegna del buon Corsiero, come Sandro Nedi alcuni articoli, alcuni racconti e la prima versione edita in rivista (1948) del racconto lungo Casa d’altri, non per un semplice gusto della variazione ma per rimarcare una differenza al livello della cifra generica degli esperimenti letterari. Cfr. R. Carnero, Silvio D’Arzo. Un bilancio critico (Novara: Interlinea, 2002); e soprattutto S. Costanzi, Avvertenza, in Silvio D’Arzo, Casa d’altri, edizione critico-genetica a cura di S. Costanzi (Torino: Aragno, 2002), 113-15.
5. P. Charaudeau & D. Mainguenau (sous la direction de), Dictionnaire d’analyse du discours (Paris: Seuil, 2002), 531.
6. J. Derrida, Limited Inc., presentation et traductions par E. Weber (Paris: Galilée, 1990), 49.
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ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0
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