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O Gadda, curati!
Federica G. Pedriali
I sensi sotto il fascismo? Fecero il loro mestiere, erano dei poveri canali. Il nuovo standard obbligativo doveva versarsi nella persona. Furono i pitali d’elezione del programma di Bonifica, la sovraordinazione dell’individuo e del paese nello stato. Oh la bontà, la giustezza, la nobiltà del progetto e del progettatore. Ma anche la fesseria, il ridicolo assoluto, anche l’orrore della storia attuale, e di sempre, perché l’umanità è inemendabile, e Platone incurabile: perché il Gran Capo e Gran Mente Nostrana non diede, ai fatti, che spettacolo d’infinita vergogna.
Qualcosa, cioè, nella corruzione collettiva per pressione del collettivo, finì col resistere. Fu questo il mito di un personale, di un sensoriale antifascismo? Corrotto, consenziente, Gadda si dissociò – presto? subito? quando? – dagli associati, il mito di Eros e Priapo. Vantava, nella generale disperazione dei sensi, un naso discreto. Un motivo di naso. Alla Carlo Borromeo, alla tagliamare, da fenderci il destino. E in più canna capiente, potente, sensibilissima. Senza esitazione aveva categorizzato il fascismo come lezzo di materia morente. Bastava ora, all’assoluzione, quel naso erotizzato dall’epoca? poteva bastare l’aver grufolato e gavazzato nell’irragione dei tempi, a scopo denuncia? I maligni, che per privilegio di gruppo la sanno lunga, sono d’altro avviso. Quel suo naso, sostengono, in realtà se lo tappò ben bene.
Ma i miti, si sa, su alcuni dettagli devono sorvolare. Gadda scrisse sin quasi all’ultimo, tra gli ultimi, a sostegno del programma di Emendazione, questo uno dei dettagli. Col Duce, il Merda come lo chiamò di lì proprio a poco, nel ruolo di Bonificatore Massimo. Articoli di argomento tecnico-divulgativo, forse di nessunissima conseguenza politica, eh già. Intanto però facevano, potevano fare opinione, se ancora ce n’era bisogno. Probabilmente ce n’era più che mai bisogno, vista la piega presa dai bei tempi: a partire dai bisogni del Dissociato, sempre più escluso, coi propri dissociabili sensi, dalla circolazione felice, equanime, ma terribilmente sotto minaccia, della speranza nazionale. Era stato soldato. Non aveva conosciuto congedo dall’ideale romano della Patria, della Gens. Chi sostiene che, da buon milite, tenne la posizione oltre al suo dovere di truppa, ha, tutto sommato, ragione.
Il nuovo standard obbligativo, e l’individuo fuori d’ogni standard: eppure ancora e sempre creatura dello Standard. La malattia dei sensi, quasi una schizofrenia, cioè l’ecolalia schizofrenica, perché l’orecchio è stato usato eccome, è stato pitale, e la persona, canna intasata, adesso butta fuori orrori liquidi di collettivo. Forse per questo un discrimine netto tra fascismo e antifascismo gaddiano non si lascia ripescare dalle acque luride. Contradittorio, mendace in proposito l’interessato, troppo compromesso in un suo senso vivo, beffardo e leibniziano del revers de médaille. Due valute incompossibili coesistono, nel suo caso, in una sola moneta, coinvoluzione non venale né logica di fede e assurdità della fede – per quanto, a rigori, di coesistenza logica si dovrebbe anche parlare, e nel senso che a lui più andava a genio, testimone la congenialità un po’ partigiana delle posizioni epistemiche prese nella Meditazione. L’impasse, difatti, e a riprova, non si sciolse con le soluzioni della storia – come avrebbe potuto?
Gadda sfollato, inverno 1944-1945. Il Gadda che mette mano a Eros e Priapo. Che non resiste a immagini di fianta liberatrice, traghettamenti di turbe, segnaletica per il futuro – per di qui, per questa morte, per il tramite di questo testo: la via della resurrezione! Con un suo illogico, un suo coesistente e intramontabile credo – la coscienza totale della nazione –, da ritentarsi implicitamente, dopo un’eternità di condanna, con diversa, con cioè meno fessa e credula, questo sì, ma pur sempre totalitaria sublimazione: il transitus da follia a vita ragionevole. Infatti, non a caso e da buon portitor, quel Gadda lascia nell’ordine degli impliciti, ahi!, la confessione che lo riguarda, la menzione del lungo capitolo di civile speranza sotto il fascismo, il suo appoggio al regime. Forse davvero traghetta disonestamente. Forse invece non avrebbe potuto essere più strategico, chissà – come dire: strategico a fin di bene.
è sempre legittimo distinguere il narratore dal pubblicista. Se una distinzione tecnica riuscirà a salvare anche il Gadda tecnico, divulgatore autarchico, ben venga, e sarà a suo modo una resa di giustizia, da prestatore di servizi a prestatore di servizi, da essere umano ad essere umano. Qui però valga, a riavviare il dibattito, la schizofrenica unità dell’esperienza, dove l’orrore vero è quello della coesività della coesistenza più assurda. Non era Gadda il primo a dire di sentirsene responsabile? del proprio presente, sì, come del proprio pensiero scritto? In quel suo presente pensato e scritto, questo il dato indistinguibile, un particolare, un aggravato stato di stipo, da pozzo cimiteriale colmo e tra promiscui travasi interni, nessun esito escluso, nemmeno quello del camuffamento di Eros in Eros pentito, per il rilancio del Per Sempre Assente ed Affatto Ineffabile Logos. Un complicato quadro endocrino, forse. Di certo, il collasso dell’una ed unica coscienza morale in dotazione.
Ciò che è opposto si genera per contiguità. Dalla patria, dal mito della polis alta, l’infimo antipode, la topica del mondo alla rovescia. Dalle Meraviglie d’Italia, la Cognizione. Da questa le derive verso L’Adalgisa. In quella, in un libro dichiaratamente destinato a tempi sereni (destinazione paradossale: quali mai i tempi sereni?), ulteriori prove generali del flumen inferi, ovvero l’altro tragicomico collutorio di un’intera cultura, l’altra restituzione maggiore, prima del Pasticciaccio, del veleno ricevuto, e con rincaro. Il piano regolatore. L’umanità come disastroso sistema fognario milanese. Ad aver naso, va detto, la piena maturità del Dissociato fu una stagione splendida. I due primi grandi romanzi, il sentore del terzo. Un’inforcata dietro l’altra nel fenomenico, intanto che s’attende il forcone divino. L’orrorosa declinazione sotterranea degli standard frasali, propri e di un’epoca, sul rovescio della celebrazione del riordino fascista degli scoli. Il lungo sabato di Gadda fu, invero, cosa interminabile.
Tocca nel vivo di questa morte chi la riporta, ma sono pochi, a quell’altro momento splendido della sofferenza che fu la precedente stagione della Meditazione. L’avanzata logica, la conquista degli spazi. Il sacrificio glorioso del singolo in una significazione più vasta, la sua totale funzionalizzazione in nome dell’impresa. Il che non vuol dire, attenzione, che nel tanto vantato n + 1 si stia o starebbe meno stretti, od oppressi. La mente, processore pleistocenico (qualifica gaddiana, su un dato di fatto) che calcola con genuina euforia, per beneficio suo e nostro, quale debba essere tutto il nostro dovere nel progresso della Mente (e qui il referente non è più il duce), offre la totalità, la complessità, mitiche somme senza cifre, come incentivo e in compenso del sacrificio. Ma c’è da fidarsi? Ogni utopia, è ben vero, assegna le sue rigide derrate, tanto al singolo, tanto alla collettività, quantifiche inverificabili di un convivere che si vorrebbe immaginare nel modo più civile possibile. Ma la Meditazione non è un’utopia, per quanto origini, come molta filosofia, da una particolare disperazione per il sociale. I suoi incentivi non sono difatti forse quelli d’una epistemologia innocentemente milanese, e dunque di un altro ordine di riflessioni? d’un ordine, cioè, che non ha nulla a che fare con un progetto, con quel progetto di semplificazione emendativa dell’italianità? Così per i più.
Il fascismo gaddiano? o fu antifascismo? Appassionato di dibattito, l’Edinburgh Journal realizza un suo vecchio progetto immettendo nel circolo della coesistenza virtuale una ricca casistica critica in argomento, con l’invito al confronto, lo spirito dei suoi numeri speciali. La confrontano, confrontandosi peraltro con tutti i materiali proposti nel sito, dieci scritti tecnico-autarchici di firma gaddiana rimasti esclusi, probabilmente per ottime ragioni, dall’edizione Garzanti delle opere. Non recuperati, mai cioè parzialmente ricodificati dall’autore – il caso degli articoli confluiti nelle Meraviglie o in Verso la Certosa –, escono qui per la prima volta in forma di raccolta. Coprono il periodo 1935-1941. Anni per anime prave.
Harvard, February 2005Nota
Nota di stretta osservanza gaddiana. Non è tuttavia epiteto d’autore il Gran Mente Nostrana, inutile cercarlo nell’indice dei nomi dell’edizione Garzanti. Il titolo adatta a Gadda l’originale «o Plato, cùrati!» di Eros e Priapo (SGF II 234). Molti i prelievi in particolare dal libello antimussoliano. Una lista non riuscirà a tenere traccia dei debiti, ma la si tenta ugualmente, in formato minimo ragionato: SGF II 219-20 (portitor: tra echi danteschi e citazioni virgiliane), 221 (associati: parola d’attacco del libello, con senso presto doppio per dissociazione: dagli associati, e psichica), 230-31 (naso: prima attivazione, subito centrale, da un motivo attivo in tutto Gadda), 232 (transitus da follia a vita ragionevole: ovvero uno dei molti segnali di una fede che resiste), 243 (collutorio: più nota l’occorrenza in Come lavoro, SGF I 436), 251 (ecolalia: fa la sua entrata il lemma capitale di Eros, altrimenti circolante, tra gli altri, nei Viaggi la morte), 273 (materia morente: il tema gaddiano, forse, per eccellenza, qui molto variato), 285 (fianta liberatrice, de’ Liberatori: una delle varie occorrenze, con interessante coniugazione di Liberazione, Nemesi, e scatologico), 316 (sensi pitale: il più pitale di tutti, l’orecchio), 328 (revers de médaille: motivo anche questo con buoni precedenti), 346 (indole ghiandolare dell’attività psichica: motivo con ottimi precedenti, già in Meditazione, da cui si preleva il cervello pleistocenico, SVP 666, 714; l’alternativa poteva essere il cervello uterino, SVP 721, ma chissà perché con quello veniva più difficile tirare il discorso all’utopia e alla sua tradizione contabile), 350 (pozzo cimiteriale – esito toccato il quale ogni lista deve intermettere). Tra i manierismi gaddiani che ha dato più soddisfazione adottare: oh! (RR I 306-08, così si instaura il motivo fognario del romanzo destinato a tempi sereni, cfr. RR I 839), ahi! (SGF II 231).
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-10-8
© 2003-2025 by Federica G. Pedriali & EJGS. First published in EJGS Supplement no. 2, EJGS 3/2003.
Le opere pubbliche di Milano, Piazza Montegrappa a Varese, Le risorse minerarie del territorio etiopico and L’assetto economico dell’Impero were first published in L’Ambrosiano on 25 October 1935 (p. 3); 25 October 1935 (pp. 3-4); 13 June 1936 (p. 3); 23 June 1936 (pp. 1-2). La donna si prepara ai suoi compiti coloniali, Le marine da guerra delle Nazioni belligeranti…, … e le loro forze militari terrestri and La colonizzazione del latifondo siciliano first came out in Le Vie d’Italia, issues 44, no. 10 (October 1938), pp. 1248-251; 45, no. 11 (November 1939), pp. 1391-399; 45, no. 11 (November 1939), pp. 1400-408; 47, no. 3 (March 1941): 335-43. I nuovi borghi della Sicilia rurale and I Littoriali del lavoro were first published in Nuova Antologia issues 76, 413 (January-February 1941), pp. 281-86; 76, 414 (March-April 1941), pp. 389-395.
The ten articles were not included in the Garzanti edition of the Opere directed by Dante Isella and are here published for the first time as a collection.
The material was accessed at the Braidense Library and the Touring Club Italiano, Centro Documentazione, Milan. The archival research carried out on behalf of EJGS was part of a project funded by the Carnegie Trust for the Universities of Scotland.
The digitisation and editing of EJGS Supplement no. 2 were made possible thanks to the generous financial support of the School of Languages, Literatures and Cultures, University of Edinburgh.
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