Le Vie d’Italia. La rivista «del Bertarelli, del Vitòri, del Lüis»
Sara Lonati
1. Gli omaggi di Gadda al «Gran maestro del Touring»
Oppure a metà le Frattocchie, doveva spengere: al passaggio dell’Appia, o a Ca’ Francesi, a Tor Ser Paolo, alla stazione di Ciampino: incurante altre volte a’ più perentori enunciati: Svolta pericolosa! Passaggio a livello! Cunetta! o a’ loro simboli venuti di Milano. I milanesi, il Luigi Vittorio, avevano perseminato l’Italia del seme raro de’ loro ammonimenti, dei loro «cartelli stradali». Il loro spiccato semaforismo, un bel dì, fece dello stivale vecchio, un semaforo nuovo. Ammonir le genti, inculcare a’ velocipedastri il rispetto delle discipline viatorie, e, a un tempo, del loro proprio osso del collo: insegnare al prossimo come si fa a star al mondo: rizzar ferri in tutt’Italia, inarborarvi «cartelli stradali» smaltati per oblazione pubblica, di quella voglia si sentan venir la bava: presi a pretesto i più innocui, i più sonnacchiosi livelli, ogni curva, ogni bifurcazione, ogni cunetta, come dicano loro, ogni zanella. Il memento tecnico del Bertarelli, del Vitòri, del Lüis, a quegli anni: poi, su riscialbate muriccia ad ogni entrar di borgo, il politico-totalitario del Merda: («è l’aratro che scava il solco! ma è la spada… che non lo difende un fico secco.») (Pasticciaccio, RR II 158-59)
E più avanti nell’ultimo capitolo del Pasticciaccio garzantiano, a riprendere il motivo del paesaggio romano «regolamentarizzato» dai milanesi e dal «Luigi Vittorio» che già chiudeva la redazione di Letteratura:
Ma la macchina andò: andava. Filava contro vento, con radi chicchi di pioggia ai cristalli: con dei sussulti impreveduti a certe zane, a certe cunette non ancora verbalizzate dal Touring. (Pasticciaccio, RR II 267)
Così il narratore del Pasticciaccio descrive l’agro romano attraversato dall’andirivieni di motociclette e automobili dei commissari, brigadieri e marescialli (Ingravallo, Pestalozzi e Santarella) sulle tracce del topazio e dell’assassino di via Merulana. Si tratta di un paesaggio ancora prettamente campestre dove irrompono i segnali della modernità meneghina tra il 1919 e il 1926, giusto un anno prima delle vicende narrate. Questi indicatori spaziali, così ricorrenti, specie nella redazione di Letteratura (si veda RR II 421: «Strascinò Albano Laziale in una cantilena piuttosto autorevole, un po’ curialesca, tra l’archivio segnaletico d’aa polizzia e i cartelli del Touring, quando ne recitiamo l’ammonimento», poi espunto nel Pasticciaccio), celano anche una marca temporale, probabilmente tenuta ben presente dall’autore, non all’oscuro delle vicende del sodalizio.
Possessore di molte guide, tra le quali due Baedeker di Roma e dell’Italia meridionale e numerose guide del Touring, fra cui i volumi sull’Italia centrale comprendenti anche Roma e dintorni, (1) Gadda omaggia con ironia, a tratti iperbolica e frammista a burbero orgoglio, l’opera dell’ambrosiana istituzione e del suo instancabile animatore: Luigi Vittorio Bertarelli, «Gran maestro del Touring Club Italiano, sive, pro italica lingua, Turistica Consociazione Italiana» (Pasticciaccio-Letteratura, RR II 459), nonché ideatore della rivista Le Vie d’Italia, che accoglierà fra gli anni Trenta e il ’47 vari articoli gaddiani. (2)
Del resto, l’operato tangibile del Bertarelli, tra guide e cartelli stradali, era già stato oggetto di attenzioni da parte di Gadda, che nel marzo 1924 annotava nell’«Elenco delle letture da fare» per la redazione del Racconto italiano di ignoto del Novecento la guida del Touring, per i «Richiami storico artistici» (SVP 573). E nella stesura del romanzo, sulla strada di Dalegno in una curva a «gomito», segnalava il «cartello del Touring “svolta pericolosa” [che] sembrava un ragazzo generoso, che volesse rivelare l’insidia», eppure inascoltato (SVP 530): il passo viene ripreso, con varianti, nel racconto incompiuto Notte di luna (RR II 1086). Ritorna ancora lo stesso «cartello del Touring», accolto sempre nella sua dizione più moderna («svolta» in luogo di «svolto»), sulla strada sobbalzante dei Giovi ne La meccanica (RR II 473), poi con varianti nel racconto Cugino barbiere (RR II 601). Riferimenti e apprezzamenti alle guide del sodalizio sono presenti nella nota al museo Poldi-Pezzoli nel disegno milanese Al parco, in una sera di maggio (RR I 506), e nella Madonna dei filosofi, ove sicita la guida Touring per «Castelletto, da non confondersi con l’altro Castelletto sul Naviglio Grande, fra Abbiategrasso e Gaggiano» (RR I 71); nel Castello di Udine, i dettagli su Rodi rimandano alla «buonissima guida del Touring» (RR I 204). Vero è che lo «scartabellamento della guida del Touring» (Il Pasticciaccio, SGF I 510), che sia quella della Lombardia, delle colonie o di Roma, ineludibile eredità del Bertarelli scrittore-redattore, propagandata dalla tribuna delle Vie d’Italia, è per tutto il Novecento e a tutt’oggi segno di riconoscimento dei turisti italiani, ivi compresi quei due sposini in viaggio nuziale a Santa Maria del Popolo nel 1952 impegnati nell’«esegesi» della tela del Caravaggio sulla conversione di San Paolo (SGF I 510).
2. Bertarelli e il Touring nella Milano fin de siècle
Nato il 21 giugno 1859, tredici giorni dopo l’ingresso a Milano di Vittorio Emanuele II e di Napoleone III, da padre giramondo insofferente agli austriaci che nella Milano pre-unitaria aveva investito i suoi guadagni in una fabbrica di candele, Luigi Vittorio Bertarelli eredita prematuramente l’attività di famiglia, assieme allo spirito imprenditoriale e al desiderio irrequieto di conoscere il mondo de visu. Rimasto orfano di padre a dieci anni, il suggerimento dello zio setaiolo al termine degli studi tecnici è strettamente pragmatico: «Gh’avii de mangià? Me par de no. Damm a tra a mi, scurta la strada»; (3) ne consegue la rinuncia al Politecnico e la scelta di mettersi subito all’opera. A venticinque anni, quando un incendio ne distrugge l’attività, l’ingegnere mancato è costretto a iniziare da capo, e decide di avviare una fabbrica di arredi sacri, grazie anche ai guadagni maturati da operaio sul mar Baltico. Non è superfluo notare come l’operaio-industriale milanese si muova in bicicletta, immagine del resto ancora comune nei primi decenni del Novecento per le strade meneghine, brulicanti di ciclisti garzoni, meccanici, muratori e macellai (si ricorderà il velocipedastro di Racconto italiano, ribattezzato nelle Meraviglie d’Italia Bruno tra i «rondisti» in bicicletta attorno al Castello, e l’ouverture d’ensemble dell’Adalgisa):
Lavoro tutto l’anno, quanto è lungo, come un negro, nella galera di un’officina vibrante di trasmissioni, risonante di martelli e di cento macchine, ho un fondo di cultura scarso e però tanto più prezioso per me. I miei affari mi permettono vacanze brevi, ma frequenti, e ne approfitto con entusiasmo sempre nuovo e rinascente, per ritemprarmi dal regime dello stabilimento industriale, correndo sciolto di ogni vincolo, alla pianura, ai monti, al mare, dovunque la curiosità mi attira. E, naturalmente ci vado in bicicletta. (4)
La Milano fin de siècle, industriosa e politecnica, metropoli in cui il positivismo si unisce all’etica divulgativa, è ancorata da un lato all’Europa e dall’altro traino della penisola post-unitaria. La vitalità culturale della sua classe media, dalla piccola borghesia di ragionieri (come sarà «il povero Carlo» dell’Adalgisa) ai professori ingegneri del Politecnico (uno su tutti, il senatore Colombo «d’alta statura e d’alto intelletto», Adalgisa RR I 376), è l’humus perfetto per la nascita di circoli, cooperative, bibliotechine e «società di ritrovo (Clubs) come la Società Patriottica, la Società del Giardino, il Club dell’Unione, e molt’altre: dalle più “aristocratiche” o grassoborghesi alle popolari e popolarissime» (Adalgisa, RR I 554). A questi sodalizi più datati (nella stessa nota dell’Adalgisa Gadda ricorderà anche il Club Alpino Italiano, fondato nel 1863 da Quintino Sella), l’8 novembre 1894 si aggiunge il Touring Club Ciclistico Italiano. Quella sera, all’Albergo degli Angioli di via Santa Margherita, Bertarelli si ritrova insieme all’industriale italo-inglese Federico Johnson e ad altri cinquantacinque ciclo-turisti (tra cui il giornalista del Corriere Augusto Guido Bianchi, l’ingegnere Achille Binda e Giuseppe figlio dell’editore Ricordi, ai quali presto si unirà il poeta Olindo Guerrini) e dà vita all’associazione. L’anno seguente nascerà la Rivista Mensile.
In un’ottica di democratizzazione dei mezzi di trasporto, la bicicletta prima e poi l’automobile (la quale sarà la causa all’inizio del secolo della caduta dell’aggettivo «ciclistico» nel nome del sodalizio) rappresentano per questi appassionati proto-turisti non veicoli elitari, né tanto meno diavolerie, o nuove discipline dell’agonismo sportivo in via di organizzazione in altri club cittadini, quanto piuttosto mezzi da diporto e strumenti di lavoro, funzionali ad accorciare tempi e distanze e a aumentare (e occupare) il tempo libero a disposizione. L’idea di un tempo libero dal lavoro, di un «dopolavoro», è occasione per scoprire l’Italia appena fatta, per la quale il Touring (non dimentico del monito di D’Azeglio) si adopera «a far gli italiani», partendo dalla conoscenza, come si direbbe oggi, on the road della penisola. Seguendo l’esempio di altri Touring Club europei (inglese, francese, tedesco, belga e olandese), sin dal primo anniversario si dota di un apparato pubblicistico rivolto a un orizzonte ricettivo identificato nel numero dei soci, in costante aumento, il che garantisce anche una meno rischiosa pianificazione. Costruendosi un circuito editoriale ad hoc, il Touring comincia le sue pubblicazioni nel capoluogo lombardo che si appresta a divenire capitale dell’editoria italiana moderna, centro di diffusione della divulgazione scientifica delle collane di Emilio Treves (5) e dei manuali di Ulrico Hoepli, questi ultimi presenti quanto le guide turistiche del sodalizio nella biblioteca gaddiana. In questi anni, del resto, Milano, animata da una borghesia interessata ai viaggi e alle esplorazioni, lungi dalle disillusioni baudelairiane indagate dall’autore dei Viaggi, la morte, vede nascere riviste come l’Esploratore, giornale di viaggi e di geografia commerciale, organo della milanese Società d’esplorazioni commerciali in Africa, e il Giornale illustrato dei viaggi di Sonzogno.
3. «Giacché L. V. Bertarelli è anche uno scrittore…»
A trentacinque anni Bertarelli, posto ad occupare il ruolo di Capo della Sezione Strade (erediterà la carica più rappresentativa di Direttore Generale da Johnson soltanto alla morte di quest’ultimo, nel 1919), comincia a scrivere quegli articoli (in tutto 325) che diverranno una costante, spesso in apertura a guisa di editoriali, della Rivista Mensile del Touring Club Italiano prima e, dal 1917, delle Vie d’Italia e della Sorgente, organo del Comitato Nazionale del Turismo Scolastico, sorto in seno all’associazione nel 1913 con l’intento di applicare la lezione dello Stoppani. Da autodidatta, come a suo modo il Carlo entomologo dell’Adalgisa, sotto l’influenza della letteratura smilesiana, filtrata attraverso la lezione del Lessona, che non sfuggirà allo stesso Gadda, (6) «si mise a imparare a memoria dei passi d’autore […]. Poi domandò agli amici di suggerirgli dei libri che “gl’insegnassero a scrivere”. Gliene portarono molti. Li tenne qualche tempo e poi li rese. “Non ho il tempo di leggerli” disse», (7) giacché tra gli impegni aziendali, la materializzazione della toponomastica nei cartelli indicatori e la «verbalizzazione delle zane» su e giù per un’Italia che, per primo, rese sulle carte clivometrica, era già molto trovare il tempo per scrivere, o meglio «per mettersi al servizio della società attraverso la scrittura». Per questo motivo «aveva imparato a scrivere in treno con tutta facilità e vivamente se ne compiaceva» (Gerelli 1926: 257), come nel caso dell’inaugurale Traccia di un grande lavoro, pubblicato sul primo numero delle Vie d’Italia dopo l’unificazione (1921) con la Rivista Mensile:
L’argomento trattato è senza dubbio interessante tuttavia per essere bene sviluppato avrebbe avuto d’uopo di calma e di raccoglimento. Io, invece, dalla urgenza della vita d’ogni ora, mi ridussi a stendere questo scritto in ferrovia, in un’andata vespertina da Milano e in un arrivo mattutino a Roma e nel ritorno. Consegnai perciò alla dattilografia un blocco molto male vergato colla stilografica, ma forse anche peggio concepito. Vogliano i Soci considerare la sostanza delle cose qui esposte più che la forma… ferroviaria. (8)
Scrivere è un atto comunicativo orientato alla divulgazione, dove la forma artistica adatta il suo ritmo al mezzo adoperato nel viaggio e risponde a esigenze contenutistiche di ordine pragmatico, tanto più «nell’unica città d’Italia in cui non si chiami cultura soltanto quella umanistica. Non vi è mania delle lauree, e sono cultura a Milano anche le capacità tecniche». (9) E, sviluppando il pensiero di Piovene, letteratura può dirsi anche la guidistica, la cui paternità si può attribuire proprio al Bertarelli e alla ventina di volumi della Guida d’Italia del Touring Club Italiano, inaugurata con Piemonte, Lombardia, Canton Ticino, inviata ai soli soci (quasi 130.000), tra i quali probabilmente lo stesso Gadda, (10) alla vigilia febbricitante di patriottismo-nazionalismo del primo conflitto mondiale, in un’Italia i cui confini ideali rispondevano più a istanze linguistiche che storico-politiche. (11) In questo quadro, Bertarelli può considerarsi scrittore contemporaneo a pieno titolo, non «un artista puro, conquiso, [che] sarebbe trascinato alla contemplazione e all’estasi. Io, artista inquinato dallo spirito positivo del secolo, mentre ammiro, traggo da tanta bellezza ispirazioni e suggerimenti pratici». (12) Così si autodefinisce nel Preludio al Diario di un cicloturista di fine Ottocento. Da Reggio Calabria ad Eboli, e così constata Augusto Guido Bianchi, firma del Corriere e direttore delle riviste Il ciclo e La bicicletta, nella Prefazione al volume:
Giacché L.V. Bertarelli è anche uno scrittore. Dovrei dire che scrittore lo è diventato, giacché mi ricordo che allorché il Touring Club Ciclistico Italiano ne fece il suo caposezione strade, la prosa del Bertarelli faceva a noi giornalisti – allora numerosi nel primo Consiglio del Touring – l’effetto di qualcosa d’improprio, di scialbo, di commerciale.
Ma in pochi mesi ci dovevamo persuadere di una cosa: che con una rapidità maravigliosa, senza che alcuno avesse il coraggio di dirglielo, il Bertarelli erasi spogliato di tutti i suoi difetti, ed aveva saputo crearsi una forma robusta, agile e colorita, tale da farci rimanere tutti come sbalorditi.
è un vero peccato, di fronte a questa maravigliosa trasformazione, che la notorietà di L.V. Bertarelli siasi ristretta fra i ciclisti, giacché egli potrebbe essere un originale descrittore di viaggi per tutti coloro che amano le impressioni vive, sinceramente esposte. (13)
Partendo da quel «fondo di cultura scarso e però tanto più prezioso», fatto di «robinsonate», avventure salgariane, classici manzoniani (14) e Bel Paese quasi par cœur, (15) la conquista di una lingua media, sintatticamente coordinativa, ritmata da elenchi misurati, da un’aggettivazione ricca e puntuale, per cui la precisione linguistica non disdegna forestierismi, dialettismi, tecnicismi (glossati in nota o per inciso nel corpo del testo), è al servizio di una comunicatività immediata, esortativa e facile all’esclamazione, che trasmette la sensazione della rapidità ed agilità dell’atto scrittorio. Il banco di prova è rappresentato dalla Rivista Mensile, che in pochi anni si trasforma da mero bollettino di informazione turistica dell’associazione a rivista che «pubblica scritti letterario-tecnici, corredati da magnifici disegni e fotografie, con la precisa intenzione di divulgare la conoscenza del nostro Paese nel suo aspetto storico-paesistico» (16) e che si avvale di firme giornalistiche e letterarie: dall’«ipocarducciano» Bertacchi (17) a Bevione, da Fraccaroli alla Deledda, da Guerrini a Bontempelli. Bertarelli fa la sua parte pubblicando i reportages delle sue escursioni speleologiche, cominciando dalle grotte del varesotto e delle Prealpi, e prosegue avviando l’imponente opera della Guida d’Italia. L’autore non solo mostra sicure doti scrittorie, pur essendo conscio del sacrificio della «forma letteraria […] alla necessità suprema del condensare» (Bertarelli 1914: 6), ma rivela anche ferma consapevolezza del circuito comunicativo nel quale è inserito.
Divulgatore, allievo ideale dello Stoppani e del nosce te ipsum, si prefigge lo scopo costante «di istruire il lettore piacevolmente senza stancarlo e di guidarlo con pratiche indicazioni» (Bertarelli 1914: 6), cosciente della «poca omogeneità del gran pubblico» cui si indirizza. L’attenzione al pubblico significa per Bertarelli non soltanto una ricerca adeguata contenutistica e formale, ma pure progettazione economico-editoriale alle nuove istanze e ai bisogni culturali-finanziari di un’Italia nel frattempo entrata nella Grande Guerra, che deve necessariamente già pensare al dopo e che può, secondo il Touring ed il Nostro, trovare risposte concrete nello sviluppo turistico su scala nazionale.
4. Verso Le Vie d’Italia
In un clima marcato da evidenti difficoltà materiali con le intere forze del Paese indirizzate alle trincee e con la carta sempre più cara, il Touring, con Bertarelli in prima fila, da un lato invia i pacchi dono ai combattenti e distribuisce le preziose carte e guide, (18) e dall’altro pensa a come la ricostruzione nazionale possa passare attraverso l’investimento nel turismo, di cui ipotizza una ripresa più consistente al termine della guerra, (19) rispondendo ad un bisogno a lungo represso dal conflitto stesso: quello del viaggiare. (20) Investire nel turismo significa: valorizzazione del territorio italiano e delle sue molteplici specificità, creazione e potenziamento di strutture ricettive, di infrastrutture ferroviarie e di linee di trasporto in generale, e, in ultima analisi, propaganda e sensibilizzazione al problema presso entità pubbliche e private, che agiscono all’interno di uno Stato liberale, poco presente. (21) Il veicolo comunicativo immaginato da Bertarelli è un nuovo periodico che tratti di tali questioni pratiche, usando un linguaggio altrettanto pratico: «un periodico come il nostro se chiamerà pane il pane, diventerà un organo veramente e utilmente influente, mentre diventerebbe accademico e inutile se volesse sottacere ciò che merita biasimo e protesta». (22) Ecco emergere l’anti-accademismo del moderno uomo «sanza littere», nutrito di self-culture, self-discipline e self-control smilesiani, conformati all’etica ambrosiana intrisa dagli insegnamenti del Cattaneo sulla Scienza e la sua attuazione, ossia la Pratica, in vista di un tangibile progresso, lontano da «un alto e sdegnoso linguaggio», (23) con una prosa limpida e non frammentata, definita da Gadda come «classico granito» (SGF I 972).
Giovanni Bognetti, ricordando il Bertarelli scrittore, aveva messo in luce «la perfetta aderenza della parola al pensiero: e il pensiero era sempre vario, preciso, completo» (Bognetti 1926: 237). All’osservazione di Bognetti occorre aggiungere un passaggio in più. La precisione linguistica e di pensiero del Bertarelli è indice di un’ulteriore aderenza: in lui, il nesso parola-pensiero, quello «scrivere come parlava», si lega inscindibilmente al referente, al reale. Da questo triplice e diretto legame nascono il pragmatismo e l’energia fattiva, che alimentano la sua scrittura e che troveranno fertile terreno nel periodico in fase di ideazione: «una palestra di narrazioni dello stato di fatto, di serie proposte, di studi, dalle cui pagine agili, meditate, franche devono sgorgare consigli pratici, aiuti morali, sbocciare iniziative fors’anche di azioni dirette» (Bertarelli 1917a: 230).
Questa «fattività scrittoria» pulsante nelle vene e nella penna del Bertarelli trova pieno espletamento nella nuova rivista proposta nel corso della seduta del dicembre 1916 del Consiglio Direttivo, pensata in abbonamento a 6,05 lire annuali per i soli soci, «la quale deve riflettere argomenti accessibili a tutti e tali da interessare tutti, mediante articoli brevi aventi una intonazione perfettamente turistica». (24) Approvato il progetto del Bertarelli, occorre scovare uno stampatore, in un simile «periodo di tipografie semichiuse e di cartiere quasi chiuse del tutto», (25) e trovare un titolo. Per quest’ultimo, Bertarelli coinvolge i soci indicendo «un concorsino» dalle pagine della Rivista Mensile. I soci, dal canto loro, nell’arco di un mese inviano più di 400 proposte di titoli e costituiscono un sempre più numeroso pubblico sui generis: lettori e al contempo parte attiva dell’associazione, operanti in tutto il territorio italiano. (26) Emblematico il verdetto di Bertarelli dopo il vaglio delle proposte:
Questo ultimo titolo [Fiamme nuove], purché ben chiarito da un sotto titolo, potrebbe stare benissimo come programma del periodico. È pieno di vita ed ha in sé il senso della propulsione, che sarà nella tendenza progressista del nuovo periodico. Ma parve un po’ troppo dannunziano per il contenuto medio del periodico, ove spesso verranno prese in considerazione questioni anche un po’ terra terra. Cosicché fu per ultimo soverchiato dal titolo definitivamente prescelto Le Vie d’Italia (Turismo nazionale, movimento dei forestieri, prodotto italiano). (27)
5. Bertarelli editorialista. Tra incitamento e denuncia nell’Italia di transizione
Un mese prima della disfatta di Caporetto, può quindi avere inizio la pubblicazione del nuovo periodico, inaugurato da un editoriale del Bertarelli che diventerà pressoché consuetudine in apertura delle 64 pagine numerate. Il Luigi Vittorio, con enfasi, in tempi infausti e gravidi di attese, parte Alla riscossa!. Smuove gli animi con avvertimenti volti a superare l’immobilismo dovuto alle contingenze belliche: urge preparare il dopoguerra ragionando in un’ottica nazionale e non più di alleanze da campi di battaglia, guardare gli esempi esteri tendendo da cattaneiani positivisti al progresso: «Guai a chi non si sarà tenuto a pari in questa affannosa corsa al progresso!». E più avanti: «il primo passo è il portare nella coscienza di tutti un giusto apprezzamento dell’importanza morale e materiale del turismo, delle sue connessioni e ripercussioni, dei suoi legami con ogni progresso». (28) Per Bertarelli, del resto, ormai «viaggiare in qualsiasi modo è turismo». Tuttavia questa trasformazione sociologica non è vista come degenerazione: per lui e per il Touring fare un tour non è «mera forma di svago […] superfluità degna di simpatia», ma forma di conoscenza tra le più elevate, quasi un dovere etico-patriottico, nonché un coefficiente di progresso della vita sociale ed economica nazionale, secondo la lezione di Stoppani, il quale, sebbene mai parlò di «turismo», finalizzò sempre il dovere conoscitivo del Bel Paese al suo miglioramento anzitutto morale. (29)
Diversamente dalla Rivista Mensile, lettura più variegata, intercalata da sguardi d’autore sul paesaggio nostrano, l’esordio delle Vie d’Italia è fortemente pragmatico, in risposta alle urgenze imminenti e in piena sintonia con la penna bertarelliana. Educatore bonario, ma al contempo esigente, la sua fattività scrittoria risiede tanto nell’incitamento quanto nella denuncia, che lo porta a fondare dalle colonne dei suoi editoriali la cosiddetta «Lega dei Malcontenti». (30) Bertarelli ne diviene il portavoce e indirizza senza mezzi termini reclami alle ferrovie (per la cattiva gestione dei servizi di ristorazione) e agli albergatori, non all’altezza, per dirla sempre con l’amato Stoppani, della loro «nobile professione» (Stoppani 1876: 25), entrando anche in contrasto con i progetti di sviluppo alberghiero legati alle ferrovie, elaborati dal direttore della Nuova Antologia Maggiorino Ferraris. (31) Nell’editoriale sul Concorso per il miglioramento dei piccoli alberghi indetto dal Touring, Bertarelli, raccontando le proprie disavventure di viaggiatore, chiede col solito piglio pratico efficienza nel servizio e pulizia, in un’Italia i cui alberghi suscitano ancora nei viandanti esperienze da touristes del Gran Tour. Bertarelli nei suoi racconti coloriti riprende topoi ben attestati dalla tradizione del voyage en Italie, da Moryson a Audebert, da Ray a Coryat, (33) e del resto, più di tre secoli dopo, ancora fondati nella realtà locale. Se tra i touristes il più noto Montaigne, tirando le somme del suo viaggio tra nord e centro Italia, non è tanto severo, salvo poi seminare per il testo qualche critica a chiare lettere, (33) Bertarelli dopo 340 anni si dimostra decisamente più intransigente verso una realtà ancora poco mutata e retrograda: «finalmente la gentile Margherita venne e fummo condotti nelle camere. Una bella disgrazia! […] Però l’impressione più ributtante l’ebbi coricandomi, per il puzzo profondo, penetrante, connaturato nel mobile, invadente a poco a poco tutta la stanza, del tavolo da notte, intriso ab immemorabili da orine fermentate». (34)
La sua frusta non sempre è però implacabile e la sua penna, «che risente naturalmente del gusto dominante in quel tempo, portato […] a qualche non troppo segreto compiacimento per eleganze di carattere accademico (atteggiamenti da cui egli cercò sempre di rifuggire)» (Mazzotti 1959: 22), sa tendere anche all’introspezione psicologica, mantenendo pur desta l’attenzione verso i tempi dolorosi, senza arrivare a dure condanne. Così in Materiale da costruzione, ossia le fondamenta di quel che sarà la Guida d’Italia per la parte centrale della penisola, Bertarelli lascia un vivace reportage «cinematografico» da quelle regioni, in cui emerge come il suo modus operandi sia una commistione inscindibile tra modus iter faciendi e modus scribendi:
metodo nuovo e non mai applicato finora, originale pel mezzo moderno di trasporto, perfettamente rispondente al bisogno, poiché nulla permette la descrizione succosa e fotografica di una strada quanto una corsa in auto, […] nulla è più sinceramente e durevolmente espresso poiché la impressione topica è senz’altro dettata al segretario, chiuso come me, nelle ampie vetrate della limosina e che, mentre io sfoglio le carte e indago i dintorni e l’orizzonte, scrive rapidamente ciò che gli detto, e magari amichevolmente suggerisce aggiunte, modifiche, ritocchi alle mie aggettivazioni. (35)
Esposta la metodologia seguita, Bertarelli fornisce tragicomicamente non soltanto un quadro dello stato delle strade, alle volte «scenografico» sebbene ci «si dimentichi per forza ogni bellezza pittorica per far attenzione alla vita», e della condizione degli alberghi, ma anche e soprattutto della gente e dell’Italia nel tempo di transizione: «Un giorno feci la colezione meridiana in un alberghetto, non peggiore di tanti altri, a Roccastrada. Poi girai nel paese, da curioso», chiedendo informazioni subito fornite «con quella grazia innata di popolo gentile, che la bellezza della lingua che parla fa ancor più toccante». A dar fondamento all’osservazione, riporta quindi i dialoghi in discorso diretto rendendo le varianti diatopiche:
– Ma tu sei l’albergatore? – L’albergatore è «’l mi babbo». Mi accorsi allora che portava un nastrino rosso alla giacchetta e gli chiesi: – Ma sei forse socialista? – No, – mi rispose con serietà – sono comunista. Comunista! E intendiamoci, non all’ingrosso ma per distinzione da socialista, e a dieci anni, e figlio di albergatore! Accipicchio! qui la gioventù non è tardiva e anche non scherza. No, a Roccastrada non si scherza, malgrado la gentilezza di tutti. Pochi giorni dopo ero a Roma e lessi dell’eccidio del luglio: un’imboscata di comunisti contro fascisti, con 13 morti! (Bertarelli 1922a: 758-59)
Al divertissement situazionale che si nutre del contrasto tra la figura sociale e il credo politico e sfocia nell’accumulo di esclamazioni ricalcanti il racconto orale, segue la constatazione della realtà storica, che può portare ad esiti di pietas dantesca. Come nel caso di un successivo ritratto, di due albergatrici incapaci del loro mestiere, di fronte alle quali il traveller, fondatore della «Lega dei Malcontenti», non riesce a «trattenere un po’ di esplosione, ma così, un’escandescenza piccola piccola: d’altronde era difficile farsi sentire con quell’accidente di suonatore» di mandolino da cui fuoriescono «suoni inauditi», che se ne sta seduto nella «hall» – per adoperare l’anglicismo tecnico dell’autore. Di nuovo la situazione grottesca mostra il suo lato amaro, questa volta nei discorsi riportati, cui seguita la riflessione: «“Che vuole? Lei ha ragione. Non è nostro mestiere. […] avanzi di vecchi splendori: deve scusarci.” […] “La vecchia mi ha detto che è una marchesa moglie di un colonnello. E la ragazza è la marchesina.” Un dramma dunque: forse una tragedia. […] Questo ricordo, in cui c’è un sentimento di compianto, mi fa cadere la penna di mano e mi arresto». Il pezzo si chiude con la gnome virgiliana «Sic vos non vobis mellificatis apes» (Bertarelli 1922a: 766-68) e, come titoli di coda, l’elencazione dei motori, della benzina, dell’olio e degli pneumatici utilizzati, sia mezzi che compagni di viaggio e di scrittura.
6. Fotografare e (de)scrivere l’Italia
Senza cadere nel tecnicismo delle riviste di settore, Le Vie d’Italia, divenute dal 1919 organo ufficiale dell’ENIT, (36) mantengono una forma piana e popolare, o meglio medio-borghese, racchiusa in una curata ed attraente veste grafica affidata alle mani di grandi disegnatori tra cui De Carolis, l’illustratore di D’Annunzio, Battaglini, Dudovich, Bisi, Cagnoni, e alle fotografie scattate dagli stessi collaboratori, sorta di fotoreporters ante litteram, per i quali Bertarelli si adopera a fornire il buon esempio. Il suo occhio è attento a cogliere nel paesaggio le peculiarità e gli aspetti infrastrutturali di richiamo per il turista; la sua scrittura negli studi, nelle precise indicazioni di carattere geografico, toponomastico e organizzativo, frammischia fotografie e abbozzi paesaggistici dello «stato di solitudine selvaggia», (37) ad esempio dell’«orrido meraviglioso» (Bertarelli 1921: 10) delle gole cadorine, non disdegnando topoi, sonorità poetiche allitterative e ossimori, «ma invece di offrire illusionisticamente la natura – come accadeva nelle affollate sale per diorami e panorami allestite nelle esposizioni industriali – il fondatore del Touring vuole portare il turista all’aperto, a godere di panorami naturali autentici» (Clerici 2004: 294). Per questo fornisce ai lettori consigli tecnici di fotografia: «bisogna scegliere il luogo – per esempio la foce del Crati presso Sibari o quella della Pescara – il giorno, la luce e l’istante e saper fare. Non occorre una macchina grande, bensì un obiettivo di marca e un “a fuoco” assoluto» (Bertarelli 1921: 123); e si attiva a organizzare escursioni nazionali, come quella nella Venezia Tridentina a pochi mesi dalla fine del conflitto, punto di partenza per la pubblicazione di un nuovo volume della Guida d’Italia sulle Tre Venezie, in cui si destreggia nelle questioni linguistiche e toponomastiche, nonché in ultima analisi ideologiche e politiche. Anche in questo lavoro di «scrittura del territorio» di cui dà conto sulle Vie d’Italia, a prevalere è il pragmatismo e l’immediata comprensibilità tra i viaggiatori, senza troppe forzature, «dando il tempo al tempo» alla stabilizzazione linguistica: «la convivenza pacifica e tollerante dei popoli fonderà anche gli animi e la toponomastica, la quale dopo la guerra deve cessare d’essere una bandiera, [corsivo dell’autore] assumerà il posto che le spetta: elemento di conoscenza del paese, non causa di dannosi fermenti». (38)
Dare i nomi ai luoghi e alle cose è «scienza positiva» finalizzata all’apprendimento, il che implica precisione e rigore linguistici, apertura dei linguaggi e delle lingue in ogni variante diatopica e diafasica: dai «calanches di Aiaccio» agli «emposieux» (39) del Colle Cimetta, dai capanni «tucul abissini» alle canzoni in cagliaritano sulla «gente rubbia», personalizzazione dei fenicotteri («su mangoni, su mangoni, allonghia, allonghia!»), dalla «roggia» della Bassa Milanese fino alla specie della «Phoca vitulina» della Grotta del Bue Marino. Tali esempi linguisticamente da rilevare sono tratti da La traccia di un grande lavoro (Bertarelli 1921: 1-14, 113-23, 225-35), il lungo editoriale che – come abbiamo già visto – inaugura il primo numero delle Vie d’Italia unificate alla Rivista Mensile. Il nuovo periodico è distribuito in abbonamento dal 1921 a 12,10 lire: l’ambito dei destinatari si allarga, e vengono così risolti i problemi economici dovuti alle elevate tirature. Con la fusione, l’anima tecnica e propagandistica (prettamente turistica) si unisce a quella divulgativa e conoscitiva, come proposto dal Nostro sulla Rivista Mensile attraverso la metafora della forgiatura del bronzo, di gusto carducciano:
Ebbene, alle direttive delle Vie d’Italia si aggiungano quelle della Rivista: alla vita vissuta dei progressi turistici, alle forme pratiche del viaggio e dei suoi strumenti, alle notizie sugli organi pel suo sviluppo, a quelle dei fattori morali ed economici su cui s’impernia il turismo, si aggiunga la visione del suo fondamento primo in Italia, i paesi meravigliosi, le linee del monte, della costa, del piano, le bellezze d’arte, i colori del pennello, le forme plasmate dallo scalpello, gli edifici, le storie antichissime superstiti nelle tradizioni, nei costumi, nei ruderi. E con questa larghezza di concezione, già saldamente improntata nelle due diverse fisionomie della Rivista e delle Vie d’Italia si faccia un periodico unico, come medaglia che congiunge la bellezza del diritto con quella del rovescio, si fondano le due caratteristiche, varie ma affini, così come l’argentina delicatezza dello stagno, unendosi nel crogiuolo al fiammeggiante rutilare del rame, genera il bronzo possente. (40)
è l’inizio di un nuovo programma che Bertarelli non vedrà concretizzato e che verrà portato a termine dai suoi successori, Bognetti in primis, nella collana di illustrazioni regionali Attraverso l’Italia, che raccoglie l’eredità di una rivista tanto seguita dal Vitòri: il Giornale illustrato dei viaggi di Sonzogno. Si tratta di un progetto non guidistico, ma illustrativo, diverso dalle Guide d’Italia, descrittive ma schematiche. Il primo Capo della Sezione Strade, dopo aver fornito gli strumenti pratici, punta ancor di più a stimolare la conoscenza di un Bel Paese ancora ignoto: ci penserà poi Gadda a far conoscere le mirabilia, quelle abruzzesi del Gran Sasso e delle sue genti, e, senza pietà, quelle di Milano (v. Pianta di Milano e Libello, rispettivamente SGF I 57-60 e 87-96). Per aprire la via, nell’editoriale sopra citato, Bertarelli indica possibili esempi da trattare per ogni categoria di soggetti, avendo probabilmente in testa l’indice de Il Bel Paese e procedendo espressamente «per associazione di idee»: (41) dagli eremitaggi alle incisioni preistoriche, dalle rocce basaltiche delle Eolie alle argille dell’Appennino emiliano, ai vulcani, dalla speleologia e idrografia sotterranea, sue grandi passioni, agli usi e costumi abitativi e funerari fino a comprendere persino ogni possibile effetto del variar della luce o curiosi fenomeni, dovuti al clima, ai venti, alle nebbie, che rendono il paesaggio quasi fantastico. Nell’esempio che adduce di personale trattazione delle curiosità carsiche attorno a Postumia, il suo sguardo fotografico da naturalista, geografo e gran curioso non tralascia le testimonianze più elevate della tradizione letteraria, come quelle tassiane filtrate probabilmente attraverso l’Itinerario d’Italia del Vallardi: (42)
le alternative di magre e di piene e tutti i caratteri fisici esterni relativi al corso dell’acqua, provano che il Rack è l’emissario del lago temporaneo di Circonio, cioè la continuazione del fiumetto che percorre la gran valle chiusa ove si forma il lago. Questo gran lago temporaneo è il fenomeno carsico superficiale più grandioso che si presenti nei bacini che stiamo descrivendo, anzi in tutta la Carniola e l’Istria e certo uno dei maggiori d’Europa. Torquato Tasso nel Terzo Giorno del Mondo creato, ha per esso versi che, dal punto di vista dell’esattezza descrittiva, non potrebbero essere più precisi:
A la palude Lagia, onde si vanta | la nobil Carnia, lunga età vetusta | non ha scremato ancor l’onore e ’l grido; | quivi si pesca prima: e poi ch’è fatta | secca ed asciutta, in lei si sparge il seme | e si raccoglie; e tra le verdi piante | prende l’abitator gl’incauti augelli. | E ’n tal guisa addivien, che ’n varj tempi | l’istessa sia palude, e campo, e selva.
Questo lago era noto del resto anche nella più remota antichità e ne fa cenno Strabone. (43)
Bertarelli non si limita a descrivere la natura italiana, ma democraticamente esorta ancora una volta ciascun socio che «conosce de visu le “curiosità”» (Bertarelli 1921: 235) del Bel Paese a inviare articoli, immagini e fotografie, costituendo una sorta di laboratorio di quella pubblicazione che prenderà corpo in Attraverso l’Italia. All’appello rispondono numerosi: i giornalisti del Corriere Borsa e Tomaselli, i geografi Almagià e Marinelli, i critici Porena e Vivaldi, gli eruditi Grigioni e Lazzareschi, gli storici dell’arte Nicodemi, Dami, Tarchiani, l’antropologo Puccioni, questi ultimi tre ex collaboratori di Hermes. Non mancano specialisti in materia tecnica come Ruata, direttore delle Terme di Stato di Salsomaggiore, Tajani, docente al Politecnico di Milano in discipline ferroviarie e giornalista del Corriere, Giolli, architetto e critico d’arte, e gli urbanisti Albertini, Reggiori e De Finetti, quest’ultimo compagno di guerra di Gadda al Magazzino di Edolo. (44) A loro Bertarelli si affida sin dagli esordi come a suo tempo fece Cattaneo con i suoi collaboratori del Politecnico. (45) Queste e altre firme arricchiscono la rivista, anche grazie all’opera di un giovane ventiseienne, un altro compagno di Gadda, di liceo questa volta. (46) Luigi Rusca, presentato nel settembre 1920 al Consiglio del Touring proprio da Bertarelli, che si dimostra pure abile talent scout, e definito da Montanelli «il primo vero “operatore culturale”» dell’editoria italiana (47) e da Gadda come «energico e milanesemente sbrigativo», (48) è nominato redattore assieme ad Attilio Gerelli, sotto la guida di Bognetti, direttore di redazione dal 1919, ex Presidente del Circolo Filologico Milanese, membro del Consiglio della Società Storica Lombarda e del comitato milanese della Dante Alighieri. A loro, il liberale-deluso Bertarelli, da un lato strenuo difensore dell’apoliticità del Touring (49) e dall’altro borghese ambrosiano non sdegnoso rispetto a un ritorno all’ordine sia pure autoritario, (50) morendo il 19 gennaio 1926 nell’anno della promulgazione delle «leggi fascistissime», lascia la sua eredità: una rivista che in poco più di un lustro raggiunge i quasi 165.000 abbonati ed è destinata a crescere sempre di più assieme al Touring, nonché a pubblicare tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Quaranta gli articoli della triade lombarda Linati, Gadda e Tessa.
7. Al di là dei «cartelli stradali»
Forse non vano ai fini gaddiani sarà stato ripercorrere la nascita e le prime vicende del sodalizio turistico e della sua rivista, una delle più diffuse in Italia, mettendo in luce la figura tipicamente ambrosiana del Bertarelli operaio-imprenditore-scrittore-cicloturista. Egli è l’esponente della media borghesia di una città «laboriosa, ma non colta», o forse colta a modo suo, selfhelpista e non accademica, di quella generazione della seconda metà dell’Ottocento ancora fermamente credente nelle scienze (politecniche), prima che si rivelino tragicamente inesatte, e nel progresso prima che cortocircuiti, seppellendo sotto «le ceneri delle battaglie» anche i memento del Cattaneo. A Gadda, appartenente alla generazione meneghina successiva, di fine Ottocento, questi memento e questo humus sodale e patriottico, pronto all’attivismo e impresso nel Volere è potere del Lessona, restano: sono alcuni tasselli significativi della sua formazione che emergono dalla prosa osmotica, soprattutto in relazione alle pagine milanesi (e pastrufaziane), e si trovano a fare i dolorosi conti con le disillusioni belliche e con quelle dei vent’anni trascorsi sotto «il Merda».
Si è tentato di dare una cornice a quel quadro iniziale di citazioni così ricorrenti nell’opera dell’Ingegnere, senza tuttavia qui riuscire (e aspirare) a completarla, giungendo solo fino alla morte di Bertarelli, con cui Gadda identifica pienamente il Touring, senza arrivare a quando egli stesso offrirà le sue collaborazioni giornalistiche, quando Le vie d’Italia non saranno più la rivista mensile del Touring Club Italiano, ma della Consociazione Turistica Italiana, come voluto dal «Merda». La messa a fuoco ha invece cercato di rendere più nitidi gli esordi del periodico durato cinquant’anni, sorta di laboratorio e al contempo mezzo di propaganda delle Guide d’Italia, tanto apprezzate da Gadda. Negli anni della Grande Guerra, quando Gadda perde il fratello e molte certezze, Bertarelli, positivista inossidabile fino alla fine, sa che è il momento propizio per potenziare l’associazione patriottica, dando vita a quel mensile turistico di matrice pragmatica che vuol far conoscere l’Italia agli italiani, attraverso un linguaggio tecnico (per questo aperto anche alle voci straniere e regionali, sempre glossate), funzionale a descrivere strutturalmente un paesaggio. Rispetto alle Guide d’Italia, negli editoriali bertarelliani al dato descrittivo subentra la narrativizzazione vivace del viaggio, profonda e non priva di deprecationes, ed è forse su questa linea (o meglio al di sopra, visti gli esiti) che potranno collocarsi le prose di viaggio gaddiane, dalle Meraviglie alla Certosa.
L’eredità del Bertarelli, esploratore curioso e appassionato quanto l’entomologo Carlo dell’Adalgisa, va quindi cercata al di là dei cartelli «smaltati per oblazione pubblica»: la si trova non solo nel suo modus scribendi poco accademico e composito, ma anche nella sua capacità di radunare attorno al sodalizio e al suo organo di stampa quella Milano dei «savi», che va scomparendo sotto gli occhi di Gadda e dei suoi compagni di guerra e di scuola, i quali proprio dalle Vie d’Italia muovono i primi passi.
Université de GenèveNote
1. Più precisamente: Baedeker, Unteritalien (Baedeker-Ellendorff, 1911) e Italie Centrale. Rome (1919); delle Guide d’Italia del Touring Club Italiano risultano possedute: Piemonte, Lombardia, Canton Ticino (Milano: TCI, 1914); Liguria, Toscana Settentrionale, Emilia, 2 voll. (1916); Sardegna (1918); Sicilia(1919); Le Tre Venezie, 2 voll. (1920-1921); Italia Centrale, 4 voll. (di cui il secondo su Firenze, Siena, Perugia, Assisi in duplice copia) (1922-1925); Italia Meridionale, 3 voll. (1926-1928); Possedimenti e Colonie: Isole Egee, Tripolitania, Cirenaica, Eritrea, Somalia (1929); Toscana (1935); Umbria(1937). Delle guide Attraverso l’Italia: I, Piemonte(1930); II, Lombardia. Parte I (1931). Della Guida itineraria delle strade di grande comunicazione e di particolare interesse turistico: I, Italia Settentrionale-Zona Ovest(1927); II, Italia Settentrionale-Zona Est (1928); IV, Italia Meridionale (1930); V, Italia insulare. Possedimenti e colonie (1931). Infine, la Guida Breve d’Italia, II, Italia Centrale (Milano: Consociazione Turistica Italiana, 1939). Si tratta di guide inviate gratuitamente ai soci del Touring nell’anno della rispettiva pubblicazione. Cfr il Catalogo del Fondo Gadda, Biblioteca del Bucardo, Roma, in Cortellessa & Patrizi 2001a; e per l’intera bibliografia del Touring G. Vota, I sessant’anni del Touring Club Italiano (Milano: TCI, 1955). Per una rapida panoramica sulla storia del sodalizio si veda S. Pivato, Il Touring Club Italiano (Bologna: Il Mulino, 2006), mentre per uno studio più dettagliato rinvio al volume di D. Bardelli, L’Italia viaggia. Il Touring Club, la nazione e la modernità (1894-1927) (Roma: Bulzoni, 2004).
2. Gadda 1938c, 1938d, 1939i-k, 1940f, 1941e.
3. Tradotto dal milanese: «Avete da mangiare? Mi sembra di no. Dai retta a me, accorcia la strada». In A. Gerelli, L.V. Bertarelli nella vita privata, in Le Vie d’Italia 32 (1926), n. 3 (marzo): 254.
4. G. Mazzotti, L. V. Bertarelli nel centenario della nascita. Commemorazione tenuta il 19 settembre 1959 nella Grotta Gigante presso Trieste (Milano: TCI, 1959), 18.
5. Ricordo la Biblioteca Utile che traduce il best-sellerdi Smiles Self-help e che pubblica Paolo Lioy, divulgatore scientifico di successo e collaboratore del Politecnico di Cattaneo, e la Scienza del Popolo che annovera tra gli autori il criminologo Lombroso, la cui figlia Paola scriverà sulle Vie d’Italia.
6. «Avevo letto: Volere è potere del Lessona, un po’ a spizzico, ma molte cose mi erano rimaste impresse, prima fra tutte il titolo: Volere è potere, che è da solo un insegnamento superlativo». In L.V. Bertarelli, Gigetto e Achillino ai bagni, in La Sorgente 9 (1925), n. 1 (gennaio): 9. Altra testimonianza del radicamento della lezione del Lessona nella mentalità meneghina-pastrufaziana è nell’explicit della prima parte della Cognizione (RR I 669): «con apporre a tali cedole la propria firma, mediante mozzicone di lapis masticato a retrocarica, testimoniano che volere è potere. Volontà, volontà! Cava dinaio dai muri, in villa. Per tutte ville! Dal salve hospes: dalla coda delle lucèrtole». Per il riferimento al marito dell’Adalgisa, si ricorderà il personaggio come solerte lettore del «libro di Eger Lessona: “Il raccoglitore naturalista”» (RR I 518), riportato in maniera imprecisa, senza distinguere l’autore Leopold Eger dal suo traduttore Michele Lessona, già traduttore di Darwin.
7. G. Bognetti, Lo scrittore, in Le Vie d’Italia 32 (1926), n. 3 (marzo): 237.
8. L.V. Bertarelli, La traccia di un grande lavoro, in Le Vie d’Italia 27 (1921), n. 1 (gennaio): 2-3.
9. G. Piovene, Viaggio in Italia (Milano: Mondadori, 1966), 83.
10. Vista la ragguardevole presenza di guide del Touring, perlopiù prime edizioni, nella biblioteca gaddiana, non è affatto azzardato avanzare l’ipotesi di un Gadda socio del Touring, forse non vitalizio come il Santarella del Pasticciaccio, notando qualche discontinuità nelle pubblicazioni possedute destinate ogni anno gratuitamente ai membri del sodalizio.
11. Di fronte all’imponenza dell’opera sia dal punto di vista autoriale che ricettivo, Bertacchi, il poeta-cantore del Touring, cui Gadda nel Pasticciaccio erroneamente attribuisce l’inno del sodalizio (RR II 159), afferma che grazie a Bertarelli «ci è entrata in casa l’Italia» e celebra la pubblicazione con l’epigrafe latina: «Per te cuncta rotis micat | elabentibus ora | et patet ipsa suis | notior Italia».
12. L.V. Bertarelli, Diario di un cicloturista di fine Ottocento. Da Reggio Calabria ad Eboli, a cura di V. Cappelli (Castrovillari: Teda Edizioni, 1989), 9-10.
13. A.G. Bianchi, Prefazione a Bertarelli 1989: 2-3.
14. Rinvio alle esemplificazioni contenute nell’esauriente saggio di L. Clerici, «Sono uomo d’affari, anzitutto»: Luigi Vittorio Bertarelli e la cultura della divulgazione, postfazione a L.V. Bertarelli, Insoliti viaggi. L'appassionante diario di un precursore (Milano: TCI, 2004), 284-85.
15. Riguardo allo Stoppani, Bertarelli scrive sulla Rivista Mensile nel 1908: «se fosse vivente ancora bisognerebbe forse modificare lo statuto del Touring, per creare a lui un posto di presidente d’onore» (cit. in Bognetti 1926: 237); e ancora (da Mazzotti 1959: 27): «Quando lo conobbi ero poco più di un ragazzo; fu un narratore eloquente, manzoniano nella precisione del pensiero e nella forma bonaria ed arguta. Questa sua caratteristica è rimasta imperitura nel più forte dei suoi lavori, Il Bel Paese, fresco oggi come quando fu scritto». Come il Mantegazza, lo Stoppani è «l’esponente tipico del bifrontismo culturale della stagione positivistica», di quell’osmosi fra «cultura scientifica, ansia divulgativa e eclettismo letterario», che tanto ammira il Bertarelli e che ben si radica nel tessuto ambrosiano di fine Ottocento-inizio Novecento, di cui si nutre la cultura gaddiana. Cfr. G. Rosa, Identità di una metropoli. La letteratura della Milano moderna (Torino: Nino Aragno Editore, 2004), 227.
16. A. Gerelli, I cinquant’anni del Touring, Bozze di stampa (Milano: Consociazione Turistica Italiana, 1944), 612, che riprende l’editoriale del dicembre 1915 apparso sulla Rivista Mensile 21, n. 12.
17. Gadda nel Castello di Udine non nasconde di leggere il poeta chiavennasco, suscitando la feroce canzonatura dei compagni di prigionia: «“Gadda, a casa sua, sul suo tavolo, cià un Bertacchi alto così, capite? rilegato in marocchino rosso, còstole in oro, capite? cià speso cinquanta lire; si sazia di Bertacchi, combina delle orge di Liriche Umane”» (RR I 160). Tuttavia, aver letto il Bertacchi non è certo indice di apprezzamento: il giudizio su di lui e sulla sua «musa ipocarducciano-iposàffica» cade implacabile nel Pasticciaccio, proprio in relazione all’Inno del Touring (RR II 159).
18. Carta della Fronte Giulia al 100.000 in 4 fogli (Milano: TCI, 1917); Grande Carta Topografica della Fronte della Guerra italiana, 24 fogli al 100.000, con Istria e Dalmazia al 500.000 (Milano: TCI, 1917); La Guerra d’Italia (Milano: TCI, 1918).
19. Tale tesi è sviluppata all’interno del saggio di A. Treves, Anni di guerra, anni di svolta. Il turismo italiano durante la prima guerra mondiale, in Studi geografici sul paesaggio, a cura di G. Botta (Milano: Cisalpino-Goliardica, 1989), 249-99.
20. Circa il desiderio di viaggiare represso dal periodo bellico, cfr. E. Grandi, Le tourisme en Italie (Cernobbio: Tipografia G. Asperi, 1934), 52 e D. Frigerio, Organizzazione e nuovi mezzi di potenziamento del turismo in Italia (Bellinzona: Istituto Editoriale Ticinese, 1940), 21.
21. Cfr. A. Mortara, Le associazioni italiane (Milano: Franco Angeli Editore, 1985), 14: «nell’assenza di una qualsiasi forma di intervento diretto in una politica di settore, che era tipica dello Stato liberale per ciò che riguardava molti campi delle attività economiche e sociali, le associazioni volontaristiche, e specialmente il Touring club, avevano cioè sopperito alle esigenze collettive emergenti, creando i presupposti dell’intervento dello Stato durante il periodo fascista».
22. L.V. Bertarelli, Per il nuovo periodico del Touring. Un concorsino per il titolo, in Rivista Mensile 23 (1917), n. 5 (maggio): 229-30. D’ora in avanti Bertarelli 1917a.
23. Si vedano C. Cattaneo, Prefazione al volume primo del «Politecnico», in «Il Politecnico» 1839-1844, a cura di L. Ambrosoli (Torino: Bollati Boringhieri, 1989), 7 e le recensioni alle guide turistiche firmate da Cattaneo, e alla Guida di Lucca del marchese Antonio Mazzarosa (Cattaneo 1989: 1336-353).
24. Verbali del Consiglio Direttivo del Touring Club Italiano, seduta del 13 dicembre 1916 (il materiale è consultabile presso l’Archivio Storico del TCI a Milano).25. Bertarelli 1917a: 227. La nuova rivista uscirà infine nel mese di settembre stampata nello Stabilimento Grafico Artistico e Industriale Gustavo Modiano & C., Milano, Riparto Gamboloita, 52.
26. Sul successo di pubblico e sulla peculiare tipologia di quest’ultimo, si veda anche R.J. Bosworth, The Touring Club Italiano and the Nationalization of the Italian Bourgeoisie (Perth: Routledge, University of Western Australia, 1996); poi in European History Quarterly (1997), n. 3 (luglio): 373: «A sceptic might reply that this was a passive membership […]. Yet, the Touring did regularly urge participation in club activities. Similarly, the Touring Club was a busy and assiduous publisher. Its journals, guides and maps attracted far more readers than did La Voce or L’Idea Nazionale».
27. L.V. Bertarelli, Le Vie d’Italia. Turismo nazionale, movimento dei forestieri, prodotto italiano, in Rivista Mensile 23 (1917), n. 7 (luglio): 348.
28. L.V. Bertarelli, Alla riscossa!, in Le Vie d’Italia 1 (1917), n. 1 (settembre): 1-5.
29. Cfr. la prefazione a Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia di A. Stoppani, Agli istitutori (Milano: Tipografia Giacomo Agnelli, 1876), 1-6.
30. L.V. Bertarelli, La questione dei “buffets”, in Le Vie d’Italia 1 (1917), n. 3 (novembre): 129-36.
31. Cfr. L.V. Bertarelli, Un bel sogno. Uno studio del sen. Maggiorino Ferraris, in Le Vie d’Italia 2 (1918), n. 3 (marzo): 129-37. Su Maggiorino Ferraris, senatore dell’area liberal-moderata, ministro durante il terzo governo Crispi e poi nel 1922 in quello Facta, direttore della Nuova Antologia, nonché promotore della Società Italiana degli albergatori e dell’Associazione Nazionale per il movimento dei forestieri, cfr. R. Ricorda, La «Nuova Antologia» 1866-1915. Letteratura e ideologia tra Ottocento e Novecento (Padova: Liviana Editrice, 1980).
32. Cfr. A. Ceccarelli Pellegrino, Vitto e alloggio in Italia per i primi “turisti” europei: Montaigne e alcuni suoi contemporanei, in Montaigne e l’Italia, Atti del congresso internazionale di studi di Milano-Lecco, 26-30 ottobre 1988 (Genève: Slatkine, 1991), 529-43.
33. Così si legge nella parte del Journal De Pise à Lucques, redatta da Montaigne in italiano: «A dire il vero per tutto dove io mi son fermato in Italia, fuora Firenze (perché là non mi partii dell’osteria, con que’ disagi che si trovano in tal case, massime quando fa caldo) e Venezia (dove fummo in una casa troppo publica e sconcia, avendo a starci poco tempo), ho sempre avuto alloggiamenti non buoni solamente, ma eziandio dilettevoli». A queste considerazioni vanno aggiunte quelle su alcune osterie toscane e pavesi: «la più cattiva di questo viaggio fu Il Falcone di Pavia. Qui si paga, et in Milano, la legna a partito: e si manca materassi a i letti». Rispettivamente in Montaigne, Journal de voyage de Michel Montaigne (Paris: Presses Universitaires de France, 1992), 195, 221.
34. L.V. Bertarelli, Il Touring e l’ENIT associati per un’opera preziosa. Centoquindicimila lire per un concorso di miglioramento di piccoli alberghi, in Le Vie d’Italia 28 (1922), n. 12 (dicembre): 1185-190.
35. L.V. Bertarelli, Materiale da costruzione, in Le Vie d’Italia 28 (1922), n. 8 (agosto): 756. D’ora in poi Bertarelli 1922a.
36. Ente parastatale di studi e di propaganda turistica fortemente voluto da Bertarelli «a carattere associativo e democratico, espressione di tutte le forze vive del turismo italiano, agile e libero da pastoie burocratiche». Con l’istituzione dell’ENIT per la prima volta lo Stato riconosce l’importanza del turismo nella vita della nazione, per la cui promozione in piena guerra erano appunto sorte le Vie d’Italia; diventando l’organo ufficiale dell’ente, il periodico assume una funzione istituzionale e amplia il numero dei lettori soprattutto negli ambienti governativi.
37. L.V. Bertarelli, Due parchi nazionali nel Trentino, in Le Vie d’Italia 3 (1919), n. 1 (gennaio): 12.
38. L.V. Bertarelli, I nomi di luogo nella «Guida delle Tre Venezie» del TCI, in Le Vie d’Italia 4 (1920), n. 9 (settembre): 517.
39. Francesismo del Jura accolto dallo Stoppani 1876: 150.
40. L.V. Bertarelli, Per forza maggiore bisogna passare il Rubicone, in Rivista Mensile 26 (1920), n. 10 (ottobre): 449.
41. Cfr. Bertarelli 1921: 4, quando al termine del paragrafo su Chiese, santuari, eremitaggi passa a I vulcani: «Qui, avendo nominato il Vesuvio, per associazione di idee, passo ad una “curiosità”, in cui l’Italia ha pure il pericoloso primato in Europa, quella dei vulcani e “annessi”».
42. G. Vallardi, Itinerario d’Italia o sia di CXXXVI viaggi per le strade più frequentate sì per posta che altrimenti alle principali città d’Italia (Milano: Pietro e Giuseppe Vallardi editori, 1835), 180. Bertarelli riporta lo stesso riferimento a Strabone e i medesimi versi di Tasso citati dal Vallardi nel Viaggio LXXIV. Da Venezia a Trieste, con una variante significativa: «Lagia» al posto di «Lugea». Vallardi prende probabilmente in mano una versione de Il mondo creato come poteva essere quella pisana del 1823 non ancora epurata dalla propaganda politica viennese (con cui forse dovette fare i conti il Vallardi), che aveva caldeggiato la sostituzione con «Lugea», secondo quanto avanzato sulla Biblioteca Italiana 90 (1838), maggio: 89-91. Cfr. M.G. Pensa, Niccolò Tommaseo e il commento veneziano alla Commedia, in Atti dell’Accademia Roveretana degli Agiati 254 (2004), IV a, fasc. II: 155.
43. L.V. Bertarelli, Sopra e sottoterra intorno a Postoina, in Le Vie d’Italia 27 (1921), n. 6 (giugno): 577.
44. Si veda la chiusura della lettera del 7 novembre 1915 nel Giornale di guerra e di prigionia: «è arrivata parecchia gente nuova, della territoriale, fra cui De Finetti, magro, alto, del politecnico» (SGF II 489).
45. Cfr. l’introduzione di Luigi Ambrosoli a Cattaneo 1989: XVII «Il Politecnico seppe assolvere il compito che i suoi compilatori avevano prefigurato affrontando con identico rigore, per mezzo di una scelta schiera di collaboratori dotati di specifiche competenze, problemi attinenti a molteplici campi di ricerca, evitando le astratte e accademiche dissertazioni per richiamarsi costantemente alla realtà e alle realizzazioni concrete».
46. Cfr. D. Isella, Introduzione a L. Rusca, Breviario laico (Milano: Rizzoli, 1990), 1.
47. I. Montanelli, è morto a novantatre anni Luigi Rusca il primo vero «operatore culturale», in Il Giornale, 9 agosto 1986: 3. A lui si deve infatti l’ideazione, o quanto meno un forte contributo alla messa a punto delle collane mondadoriane identificate dal colore della copertina, prima fra tutte I libri gialli, e di altre famose collane come la Medusa e gli Omnibus, nonché della BUR. Cfr. A. Cadioli, Letterati editori (Milano: Il Saggiatore, 1995), 113-32.
48. Lettera dell’8 settembre 1933 a Silvio Guarnieri, consultabile presso il Fondo Manoscritti dell’Università di Pavia, già citata in Cadioli 1995: 100.
49. Sulle Vie d’Italia ancora nel gennaio del 1925, nello stesso mese in cui Mussolini proclama la dittatura, il Touring richiama la propria indipendenza dalle vicende politiche e ribadisce il proprio fine: «far conoscere l’Italia agli Italiani, riunirli nel campo turistico in una grande famiglia, all’infuori di ogni partito politico». Cfr. La Direzione del TCI, Il trentennio del Touring, in Le Vie d’Italia 31 (1925), n. 1 (gennaio): 3.
50. Cfr. l’articolo di Bertarelli riportante una lettera di encomio di Mussolini sull’operato dell’ENIT e del Consorzio per gli Uffici di Viaggio e Turismo: «si può comprendere e misurare la soddisfazione colla quale il Presidente dell’ENIT, Senatore Rava, ha ricevuto dal Presidente del Consiglio, on. Mussolini, una meditata lettera che lo scrivente, Presidente del Consorzio, con piacere non minore ripete qui: “[…] La prego di gradire la mia parola di incoraggiamento per l’ENIT e per il Consorzio degli Uffici di Viaggio e Turismo: ad essi è affidato un compito essenziale per l’economia del Paese, come è quello di attrarre in Italia le grandi correnti turistiche mondiali, elementi primari per la ristabilizzazione della bilancia dei commerci e dei cambi e fonti di lucro per tutte le classi sociali.” MUSSOLINI. Questa lettera “fia suggel ch’ogni uomo sganni”» in L.V. Bertarelli, Parole dall’alto, in Le Vie d’Italia 31 (1925), n. 7 (luglio): 738. Attraverso la chiusa dantesca (Inf. XIX, v. 21), Bertarelli sottolinea come Mussolini, molto attento agli aspetti propagandistici del turismo, valga da auctoritas a difesa dell’operato suo e dell’ENIT. Tuttavia sarà proprio l’attenzione mostrata verso il turismo da parte del Duce a limitare e inquadrare la carica fattiva e lo spirito di iniziativa che avevano caratterizzato il sodalizio e la rivista nel segno di Bertarelli.
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-20-5
© 2011-2024 Sara Lonati & EJGS. First published in EJGS. Issue no. 7, EJGS 7/2011-2017.
Artwork © 2011-2024 G. & F. Pedriali. Framed image: photo of Olindo Guerrini.
All EJGS hyperlinks are the responsibility of the Chair of the Board of Editors.
EJGS is a member of CELJ, The Council of Editors of Learned Journals. EJGS may not be printed, forwarded, or otherwise distributed for any reasons other than personal use.
Dynamically-generated word count for this file is 9433 words, the equivalent of 27 pages in print.