Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali

Dediche

Claudio Vela

Dei diciotto volumi di Gadda pubblicati fra il 1931 (La Madonna dei Filosofi) e il 1967 (Eros e Priapo, l’ultimo vero libro d’autore), la metà, nove, recano dediche dell’autore, o pertinenti all’intero volume o a una sua parte. Curiosamente la pratica della dedica sembra all’inizio oscillare secondo un ritmo alterno: infatti è presente nel 1° (La Madonna dei Filosofi), nel 3° (Le meraviglie d’Italia), nel 5° (L’Adalgisa) e nel 7° libro (Novelle dal Ducato in fiamme), a partire dal quale troviamo invece due gruppi di tre libri: il 7° è infatti seguito dall’8° (Giornale di guerra e di prigionia) e dal 9° (I sogni e la folgore), dal quale si passa a 11° (I viaggi la morte), 12° (Verso la Certosa) e 13° (Accoppiamenti giudiziosi). I due grandi romanzi, Cognizione del dolore e Pasticciaccio, non hanno dedica; così pure Il primo libro delle Favole, Eros e Priapo e opere minori.

I dedicatari non sono però nove, ma sette, perché a uno di essi, Raffaele Mattioli, sono riservate ben tre dediche. Analiticamente: La Madonna dei Filosofi (1931) è «A Tilde Gadda Conti»; Le meraviglie d’Italia (1939) «Alla memoria | di mia madre»; L’Adalgisa (1943) «a Giuseppe De Robertis»; le Novelle dal Ducato in fiamme (1953) «A Raffaele Mattioli | despota dei numeri veri | editore dei numeri | e dei pensieri splendidi | in segno di ammirata gratitudine»; il Giornale di guerra e di prigionia (1955) «a Bonaventura Tecchi | ricordando la sua fermezza | nei giorni difficili»; Il castello di Udine, nella riedizione entro I sogni e la folgore (1955), «A Riccardo Bacchelli»; I viaggi la morte (1958) «A Emilio Cecchi»; Verso la Certosa (1961) «A Raffaele Mattioli | dedicando queste pagine» (segue una lunga prefazione-dedica di quattro pagine); infine il racconto San Giorgio in casa Brocchi, nella raccolta degli Accoppiamenti giudiziosi (1963), «a Raffaele Mattioli». (1)

Tutte le dediche sono mantenute anche nelle successive edizioni controllate dall’autore, quando siano presenti (per es. in I sogni quelle della Madonna e dell’Adalgisa), tranne che per le Meraviglie, che nella seconda edizione (Einaudi 1964), dove le prose del libro sono riunite a quelle di Gli anni, non presentano più la dedica alla memoria della madre. Diverso il caso dei racconti di Accoppiamenti, che subentrano come raccolta alle Novelle: la dedica a Mattioli cade come dedica di volume, ma in compenso appare una dedica interna, a San Giorgio. (2) L’unica dedica realmente aggiunta in seconda edizione resta perciò quella a Bacchelli del Castello e nella compagine di I sogni, a ventun anni dalla prima edizione. (3)

All’inizio e al termine degli anni Trenta del Novecento, il decennio di esordio del non più giovane scrittore, le dediche riguardano due donne, un fatto che non si ripeterà più. Ma queste due donne sono due parenti di Gadda: e una di loro, ricordata in memoriam, è la madre; l’altra, Tilde Gadda Conti, è anch’essa una madre, di un cugino dello scrittore, Piero Gadda Conti, scrittore anch’egli. Inutile insistere sul traumatico rapporto con la madre che segnò Gadda per sempre, e che trasfigurato letterariamente sta al centro stesso della Cognizione. Inevitabilmente la scelta di Tilde Gadda Conti come dedicataria sembra a noi oggi quella, polemica, di una sorta di Ersatz della madre dell’autore, dal canto suo avversa all’impegno letterario del figlio. (4)

E dunque si può sospettare il carattere espiatorio, come di postumo risarcimento, della dedica successiva, quella delle Meraviglie alla memoria della madre (Adele Lehr era morta il 2 aprile 1936): di un libro fra l’altro all’inizio progettualmentte implicato con la Cognizione, e di fatto contemporaneo alla pubblicazione di alcuni tratti del romanzo, ormai autonomo, su Letteratura (cfr. SGF I 1029-050). Un’urgenza di riparazione venuta meno in occasione della seconda edizione delle Meraviglie, nel ’64: non perché allora il libro si presentasse unito con Gli anni, già all’origine privi di dedica, ma forse perché ancora una volta era la Cognizione, finalmente apparsa in volume l’anno precedente, a fare i conti, disperatamente e definitivamente, con la memoria della madre. La permanenza della dedica delle Meraviglie nel’64 avrebbe avuto un che di grottesco. Così quel rivelatore ricordo rimase quasi clandestino, confinato nelle 405 copie dell’edizione del ’39.

Nel momento in cui ricevono la dedica, gli altri dedicatari sono tutti personaggi pubblici, (5) ai quali Gadda si sente legato da particolari vincoli di amicizia o, soprattutto, di gratitudine. Sono due scrittori (Bacchelli e Tecchi), due critici (De Robertis e Cecchi), un banchiere umanista e mecenate (Mattioli). Però la dedica a Tecchi non è certo allo scrittore e neppure all’amico, ma al compagno di prigionia, a colui che ha condiviso con Gadda parte di quell’esperienza affidata alla scrittura nel libro che gli viene dedicato, il Giornale, pubblicato (parzialmente) nel ’55 a quasi quarant’anni di distanza dalla stesura. (6)

Questa dedica, indubbiamente onorevole per Tecchi, va letta però anche in negativo, conoscendo i rapporti non solo di amicizia, ma letterari, che erano intercorsi e intercorrevano tra Gadda e Tecchi. Gadda riconoscerà sempre un debito di gratitudine nei confronti di Tecchi come tramite verso l’ambiente letterario, a cui il solitario ingegnere avrebbe avuto altrimenti difficile accesso. (7) Ma la dedica arriva ben ventiquattro anni dopo la promessa fatta da Gadda all’amico nel ’31, (8) e l’àmbito della sua pertinenza è di fatto ristretto a un’esperienza extraletteraria, quella che sola veramente Gadda ammira nel ricordo del comportamento dell’amico, cioè la sua nobiltà e dignità nel tempo amaro della prigionia. (9) Dedicare a Tecchi quel libro e con quelle parole si risolve in conferma che l’ammirazione di Gadda non si estendeva egualmente all’attività letteraria dell’amico, come già avevano dimostrano pubblicamente le non lievi riserve delle recensioni e privatamente certifica l’aneddotica. (10)

Meno complesse le motivazioni retrostanti alle dediche a Bacchelli, a De Robertis, a Cecchi. (11) Sono tutte manifestazioni di riconoscenza, per le quali non è richiesta formula più estesa dell’indirizzo «a…». La dedica a Bacchelli della seconda edizione del Castello è dovuta all’amico scrittore come al fautore della vittoria del premio Bagutta 1935 per lo stesso libro nella sua prima, solariana edizione. (12) Per L’Adalgisa a Giuseppe De Robertis basterà ricordare che i disegni milanesi escono da Le Monnier nella collana dei «Quaderni di letteratura e d’arte raccolti da Giuseppe De Robertis» alla fine del ’43 (con la data del ’44): tempi così difficili tanto più avranno alimentato in Gadda la considerazione per un critico e patrocinatore attento al suo caso. Al raffinato critico Emilio Cecchi vengono dedicati I viaggi, raccolta di saggi critici: è il primo libro pubblicato da Gadda dopo il successo, l’anno precedente, del Pasticciaccio, il romanzo che finalmente aveva fatto conoscere l’ultrasessantenne scrittore al grande pubblico. Proprio a Cecchi si doveva, dopo la mancata assegnazione del premio Marzotto al Pasticciaccio, da Gadda vissuta come una palese ingiustizia, l’iniziativa di bandire un nuovo premio appositamente per il romanzo, (13) il «Premio degli Editori Italiani», finanziato dietro le quinte da Mattioli (in giuria Cecchi, Bo, Citati, Contini, De Robertis, Montale), e conferito a Roma il 12 dicembre del ’57. L’omaggio del beneficiato ne è una tempestiva conseguenza.

Il dedicatario principe resta Raffaele Mattioli. Non solo per la pluralità di dediche; anche perché la dedica diretta a lui tende a trasformarsi in un testo autonomo: dalla intensa «dedica motivata» delle Novelle, che esplicitamente segnala la gratitudine del dedicante e insieme scolpisce con epigrafica sintesi il duplice profilo del dedicatario (banchiere e economista, amministratore delegato della Comit, dai bilanci attivi e veritieri, perciò «despota dei numeri veri», e l’intellettuale mecenate e editore che dal 1951 aveva dato casa ai «pensieri splendidi» della letteratura avviando, finanziando e dirigendo la collezione «La letteratura italiana – Storia e testi» della Ricciardi); fino alla forma classica dell’epistola dedicatoria (14) di Verso la Certosa, pagine fra le più alte dello stile sublime di Gadda. (15)

Mattioli aveva offerto ospitalità e soccorso a Gadda sfollato da Firenze bombardata nella primavera del ’44, gli aveva procurato committenze, generosamente fornito prestiti, patrocinato (con Cecchi) e finanziato il premio al Pasticciaccio: davvero «un sostegno continuato, munifico e disinteressato, illuminato e umano». (16) Con Verso la Certosa, raccolta appositamente predisposta per essere offerta a Mattioli, (17) e con la prefazione di dedica, che ricapitola tutti i motivi della gratitudine dello scrittore, Gadda esprime il suo riconoscimento più convinto e toccante.

Due anni dopo Verso la Certosa è certo per discrezione, per evitare un eccesso di esposizione, che Gadda ha voluto far rientrare all’interno del volume successivo, Accoppiamenti (uscito nel ’63 come la Cognizione), la dedica a Mattioli che invece fregiava tutta la raccolta delle Novelle del 1953, riservandogli ora, quasi per ammicco tra intenditori, San Giorgio in casa Brocchi, uno dei più milanesi e felici racconti del libro, il più lungo e centrale anzi. (18)

Che l’attività dedicante di Gadda si chiuda nel nome di Raffaele Mattioli assume così il duplice significato di una fedeltà senza ombre da parte dello scrittore e della funzione insostituita, non solo per Gadda, svolta dal grande banchiere nel promuovere la nostra letteratura migliore.

Università di Pavia

Note

1. Nell’edizione delle Opere diretta da Isella le dediche si trovano nei seguenti luoghi: Madonna, RR I 7; Meraviglie, SGF I 15; Adalgisa, RRI 287; Castello, RR I 113; Giornale, SGF II 435; Viaggi, SGF I 423; Verso la Certosa, SGF I 277-79; San Giorgio (entro Accoppiamenti), RR II 643. Non compare ovviamente la dedica a Mattioli delle Novelle (comunque citata da R. Rodondi nella Nota al testo degli Accoppiamenti, RR II 1244), in quanto l’edizione riproduce i racconti secondo l’assetto di Accoppiamenti.

2. La riedizione garzantiana del 1965, parziale e col semplice titolo di Racconti, riporta il nome del dedicatario nell’occhiello di tutto il volume.

3. I sogni e la folgore consta della riunione di Madonna, Castello e Adalgisa: tre libri, tre dediche. È possibile che non la scelta del dedicatario, ma la presenza stessa di una dedica al Castello, l’unico dei tre a esserne originariamente privo, fosse suggerita anche da un’esigenza di uniformità rispetto agli altri elementi del trittico.

4. Sul rapporto tra Gadda e la madre, cfr. Roscioni 1997. Quanto a Tilde Gadda Conti, l’intenzione e le ragioni della dedica della Madonna si ricavano dalle lettere a Carocci del 10 e del 15 gennaio 1931 (Gadda 1979a: 298, 302), e da quelle a Piero Gadda Conti, del gennaio e della primavera 1931 (Gadda 1974c: 10, 15), e infine dalla lettera a Tecchi del 16 aprile dello stesso anno, che ne illustra la (debole) motivazione ufficiale: «Ho dedicato il libro alla mamma di Piero Gadda, anche per un omaggio alla memoria del di Lei marito che molto ha lavorato nel campo industriale, senza avere riconoscimenti o compensi che hanno tanti ciarlatani» (Gadda1984b: 90). Per l’interpretazione della dedica cfr. la Nota al testo di R. Rodondi a Accoppiamenti, che parla infatti di «sottile rivalsa nei confronti della madre, minimo segnale di un rapporto difficile» (RR I 795), e quanto alla menzione del «marito» della dedicataria, lo «zio» Giuseppe, spiega che questi era «in realtà cugino primo, ancorché di vent’anni più anziano dello scrittore».

5. Per le necessarie distinzioni tra dediche e tra dedicatari cfr. le categorie di G. Genette, che in Seuils (Paris: Editions du Seuil, 1987) alle dediche riserva un apposito capitolo. Genette distingue tra dedicatario privato e pubblico: al primo l’opera viene dedicata «in nome di una relazione personale», il secondo «è una persona più o meno conosciuta, ma con la quale l’autore manifesta, attraverso la dedica, una relazione di carattere pubblico» – si cita dall’edizione italiana: Soglie. I dintorni del testo (Torino: Einaudi, 1989), 129. In Gadda rientrerebbero nella prima categoria Tilde Gadda Conti e la madre (ma in certa misura anche Raffaele Mattioli), nella seconda tutti gli altri dedicatari.

6. Tecchi risponderà all’omaggio dell’amico con la dedica dei suoi propri ricordi di prigionia, Baracca 15 C (Tecchi 1961): «a Carlo Emilio Gadda | con affetto vivo | e a Ugo Betti | in affettuosa memoria». Il terzetto letterato della baracca di Celle viene così ricomposto (Gadda invece, raffreddatisi i rapporti con Betti già negli anni Trenta, non lo ricorderà in alcuna dedica).

7. «Il N. conobbe negli anni 1926-30 diversi scrittori e critici italiani e la catena delle conoscenze fu innescata dalla sodalità di Bonaventura Tecchi, suo compagno di prigionia a Rastatt e a Celle, che primo lo presentò a Carocci e Franchi a Firenze. Indi ad altri insigni» (scheda autobiografica del 1963, SGF II 875).

8. Nella cit. lettera del 16 aprile 1931, dopo aver informato Tecchi della dedica della Madonna a Tilde Gadda Conti, prosegue quasi a giustificazione di non averla invece dedicata all’amico (che lo aveva aiutato anche economicamente nella stampa del libro): «Spero che nel futuro mi sarà dato di dedicare a te qualche mio lavoro, a te che tanto mi hai sempre incoraggiato e illuminato» (Gadda 1984b: 90).

9. La dedica a Tecchi del Giornale non fa eccezione rispetto all’osservazione di Genette che la dedica di un’opera «implica sempre dimostrazione, ostentazione, esibizione: essa mostra una relazione, intellettuale o privata, reale o simbolica, e questa esibizione è sempre al servizio dell’opera, come argomento di valorizzazione o tema di discussione» (Genette 1989: 132). Ma mostrare una relazione a forte polarizzazione può voler dire tacitamente, all’interno di un sistema letterario e di rapporti storicamente dati, escludere altre possibilità di relazioni.

10. Tra il 1930 e il 1940 Gadda recensì di Tecchi Il vento tra le case, Tre storie d’amore e Idilli moravi (SGF I 698-701, 739-44, 847-55). Appropriatissima l’osservazione di Roscioni: «Gadda cercherà spesso […] d’essere un giudice indulgente dei libri degli amici scrittori. Ma il più delle volte non ci riuscirà: nelle sue critiche, una spinta più forte d’ogni benevola intenzione farà emergere la vanamente camuffata, insopprimibile verità» (Roscioni 1997: 196-97; esplicitamente dedicate alle recensioni gaddiane di Tecchi, anch’esse segnate dalla tendenza dello scrittore «a vedere nei libri e nei problemi […] altrui dei pretesti per ragionare dei propri», sono le pp. 289-92). Quanto all’aneddotica, cfr. la scena descritta da Vigorelli 1989: 241-43.

11. I tre nomi compaiono insieme e all’inizio di una nutrita serie nella scheda autobiografica cit.: «Il N. ha avuto l’onore e la fortuna di conoscere […] i più notevoli poeti, scrittori e critici italiani fra cui si possono ricordare Montale, Cecchi, De Robertis, Pancrazi, Bacchelli […]» (SGF II 875).

12. Le benemerenze di Bacchelli nei confronti di Gadda non si limitano al decisivo appoggio per il Bagutta al Castello (su cui cfr. lo stesso autore in Inchiesta sugli scrittori laureati, SGF I 812-15): in precedenza Bacchelli aveva favorito la collaborazione di Gadda al quotidiano milanese L’Ambrosiano e ancora nel ’42 fu soprattutto la sua autorevolezza istituzionale a far attribuire a Gadda un premio dall’Accademia d’Italia (Gadda 1974c: 55-56).

13. Cfr. la lettera di Gadda del 10 dicembre 1957 al cugino: «Il generoso spirito di rivalsa di Emilio Cecchi […] ha messo in piedi quest’altra fronda di alloro, della quale certo gli sono grato e tanto più gli sarò se tutto andrà bene» (Gadda 1974c: 94).

14. La cui funzione, come spiega Genette, «sconfina chiaramente in quella della prefazione» (Genette 1989: 121). Ancora di Genette è la definizione di «dedica motivata» come quella in cui «la motivazione assume generalmente la forma di una breve caratterizzazione del dedicatario, e/o dell’opera dedicata» (123).

15. Su questa «prefazione, sotto forma di dedica» cfr. il nitido giudizio di L. Orlando, nella Nota al testo di Verso la Certosa (SGF I 1283, dove anche se ne ricostruisce la genesi): «testimonianza di stima e di affetto, ma soprattutto capitolo integrante la serie del volume, dichiarazione programmatica e chiave di lettura per l’intera raccolta, dove il tema evocato – la costante gaddiana del “tempo e le opere” – è assunto a segno di una esperienza vissuta e sofferta. Lessico estremamente nobile, costrutti arcaicizzanti in una sintassi involuta, sono ordito e trama di un elaboratissimo esercizio di stile».

16. Sono parole di Papponetti, in un articolo che si raccomanda per la puntuale rassegna e interpretazione dei rapporti tra lo scrittore e Mattioli (Papponetti 1998: 225-32, 231). Oltre che nella prefazione-dedica di Verso la Certosa Gadda elogiò pubblicamente l’«umanità» di Mattioli nei suoi confronti anche nella scheda autobiografica cit. (SGF II 875); e in privato numerose lettere attestano i suoi sentimenti di «ammirata gratitudine» verso l’intelligente benefattore: oltre quelle allo stesso Mattioli (che sempre si rivolgono al destinatario come all’«Illustre e caro dottor Mattioli») e a Gianni Antonini pubblicate da L. Orlando (Gadda 2001c: 43-87), cfr. ad es. le lettere al cugino del 21 novembre 1940, del luglio 1941, del giugno 1944 (Gadda 1974c: 52, 54-55, 62).

17. Per la storia dell’opera cfr. la Nota al testo di L. Orlando (SGF I 1283); e Gadda 2001c: 43-87, con le annotazioni della stessa Orlando.

18. Cfr. l’interpretazione di R. Rodondi, nella Nota al testo di Accoppiamenti (RR II 1244), che vede nell’«alta considerazione» in cui Gadda tenne sempre San Giorgio la ragione della dedica a Mattioli (RR II 1280; altre considerazioni sulla dedica alle pp. 1260-061). Ancora un omaggio a Mattioli sarà infine la partecipazione di Gadda alla miscellanea Un augurio a Raffaele Mattioli (Gadda 1970c).

Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0

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