Pocket Gadda Encyclopedia
Edited by Federica G. Pedriali
Calvino
Pierpaolo Antonello
A privilegiare il dato stilistico su quello epistemologico e culturale, il Gadda barocco ed espressionista sembra poter spartire ben poco con il Calvino geometrizzante e algido, con il linguaggio chiaro e spogliato di ogni ridondanza manieristica dello scrittore ligure – e di fatto Calvino sarà da principio colto da una ben celata allergia per l’euforia linguistica e dialettale dell’ ingegnere milanese. È a partire dagli anni ’60, dopo la svolta «conoscitiva» e epistemologica della narrativa calviniana, che le aperture di credito nei confronti di Gadda aumenteranno esponenzialmente, fino a quell’omaggio così preciso in apertura di Molteplicità in cui Calvino cita il Pasticciaccio di Gadda come esempio fra i più cogenti di «romanzo contemporaneo come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo» (Calvino 1995: I, 717). Gadda si iscrive a pieno titolo in quella costellazione di «classici» che Calvino ha istruito negli anni, e che ha trovato emblematica sistematizzazione estetica nelle Norton Lectures. Ovviamente si tratta di un autore a cui non riesce e non può assomigliare stilisticamente, ma con cui impara a condividere profonde tensioni conoscitive e una esplicita progettualità epistemologica. (1)
Per Calvino Gadda è l’autore italiano che meglio di altri ha saputo ritrarre il «mare dell’oggettività», il «magma indifferenziato dell’essere», e, soprattutto, «l’unica punta d’avanguardia nella ricerca formale, che possa affiancarsi a consimili esempi stranieri» (Calvino 1995: I, 51, 59, 71). Ci sono pochi scrittori del Novecento italiano che abbiano saputo comporre un quadro altrettanto articolato e polimorfo, aggiornato e vitale della realtà, presentando inoltre un’assoluta novità sul piano del linguaggio e della tecnica strutturale e compositiva. Calvino trova in Gadda un inaspettato alleato nel suo sforzo di affinare i propri strumenti concettuali, conoscitivi e stilistici da contrapporre all’azione destrutturante e negativa del caos oggettuale della realtà contemporanea, attraverso un sistema concettuale e filosofico che ad un tempo la spiega e la rappresenta. Calvino trova in Gadda una forma della scrittura e un sistema estetico-conoscitivo altamente persuasivo, che risponde – probabilmente in modo non replicabile per la storia poetica personale di Calvino – a quella sintesi, fra quadro cosmologico generale e stile, necessaria affinché l’opera d’arte rimanga un progetto sensato nella nostra contemporaneità.
è soprattutto in riferimento al fondamentale lavoro di Gian Carlo Roscioni, La disarmonia prestabilita, che Calvino affronta il «sistema Gadda». (2) Il lavoro dell’ingegnere esemplifica in maniera esatta quello che Calvino stava teorizzando in quegli anni, soprattutto a ridosso del suo famoso intervento del 1967, Cibernetica e fantasmi. Calvino è grato al lavoro di Roscioni perché:
ricostruisce sui testi editi e inediti il sistema del mondo di quell’ultimo «filosofo naturale» che è Carlo Emilio Gadda. Infatti, il nucleo della ricerca di Gadda (filosofo e scrittore, perché i due si confondono in ogni riga) risulta essere – tramite l’arte combinatoria di Leibniz – proprio quello dei nostri discorsi. L’oggetto dello scrivere di Gadda è il sistema di relazione tra le cose, che attraverso una genetica combinatoria mira a una mappa o catalogo o enciclopedia del possibile, e, risalendo una genealogia di cause e di concause, a collegare tutte le storie in una, nell’intento eroico di liberarsi dal groviglio dei fatti subiti passivamente contrapponendo loro la costruzione d’un «groviglio conoscitivo» – o, noi diremmo, d’un «modello» – altrettanto articolato. (Calvino 1995: I, 253)
Gadda diventa poi utile a Calvino per ripensare un certo pensiero aurorale della modernità. Se dal punto di vista estetico e filosofico uno dei centri della costellazione teorico-estetica di Calvino era Galileo, istitutore della scienza sperimentale, e maestro di stile sospeso fra la modernità barocca che si sta dischiudendo, e la chiarezza e l’equilibrio formale di un uomo rinascimentale (Calvino 1995: I, 232-33), Gadda ha come punto di ispirazione filosofica l’asse Leibniz-Spinoza, calato quindi in un Seicento più maturo, dove un certo equilibrio classico si degrada nella discontinuità infinitesimale del mondo, messa in moto da strumenti concettuali che si ispirano comunque alla stessa tradizione conoscitiva che anima Galileo ma che si affinano nel senso di una maggiore decomposizione formale e matematica del mondo. Calvino impara a iscrivere il nome di Leibniz nella sua «alleanza estetico-conoscitiva» proprio a partire dalla lettura del testo di Roscioni, quindi come una acquisizione tarda. Sulla scorta di questa parentela Mario Porro ricorda come Calvino e Gadda condividano:
una comune visione leibniziana del mondo, del Leibniz grande anticipatore del Novecento, nel suo volto strutturale e combinatorio, informazionale e cibernetico, e nel suo volto dinamico e metamorfico. Se Calvino declina i possibili leibniziani nel linguaggio della complicazione dei giochi combinatori, Gadda li declina nei termini delle latenze propensionali, degli spigoli virtuali che accompagnano la complessità circostanziale dell’accadere. (3)
La combinazione viene usata da Calvino a livello strutturale e macro-formale, mentre per Gadda è il senso stesso della comprensione e della costruzione del mondo e della pagina, ovvero delle potenzialità delle complessioni date da ogni circostanza esperienziale e narrativa; è la piega continua del calcolo infinitesimale che si estrinseca sulla pagina in una sorta di frattale linguistico: «il modello di storia unica cui Gadda tende – scrive Calvino – non è quello riduttivo e semplificatore di Propp o Greimas ma è un modello inclusivo e totalizzante. Il procedimento di Gadda va dal complicato al complicato, dalla complicazione subita alla complicazione prestabilita» (Calvino 1995: I, 254).
Se Calvino mira a portare in superficie la struttura sintattico-grammaticale del racconto e del mondo, Gadda processa il deragliare fenomenico della realtà che ha solo implicito il proprio meccanismo di regolazione, il proprio nomos. D’altro canto, se il gioco combinatorio rimane la più vistosa mediazione conoscitiva che si instauri a partire dalla comune comprensione lucreziana e leibniziana del mondo (e non come semplice ossequio alle mode strutturaliste prima e postmoderne poi), «l’istinto della combinazione» aveva comunque già agito nella pagina di Calvino anche a livello espressivo e immaginifico. Un esempio è il racconto Ti con zero, dove il protagonista è rinchiuso esattamente in una monade temporale dei co-possibili, ancorché non tutti i presupposti filosofici e epistemologici qui proposti fossero pienamente coscienti e esplicitati in Calvino.
Contini scorge poi involontariamente una parentela tarda fra Calvino e Gadda quando scrive che «il solo bene di Gadda è il presente, l’esaltante buccia delle cose» (Contini 1989: 20). Questo «mondo fenomenico verso cui si dirige lo sguardo euforico gaddiano» può essere tradotto nella «superficie inesauribile delle cose», nella malinconia descrittiva del signor Palomar, dove quest’ultimo rimane il momento disforico di ogni reazione di fronte alla «cornucopia del mondo». Palomar è un romanzo che fa della descrizione e del soggetto epistemico il centro pensante della narrazione, e non può non ravvisarsi l’influenza del modo in cui Gadda ha dato voce al «mare dell’oggettività». Qui non è tanto nell’orizzonte dell’enciclopedismo, o del principio combinatorio, che questo debito descrittivo si forma, ma nel sistema relazionale che tiene assieme l’infinito differenziarsi fenomenico del reale:
Se si sofferma per qualche minuto a osservare la disposizione degli uccelli uno in rapporto all’altro, il signor Palomar si sente preso in una trama la cui continuità si estende uniforme e senza brecce, come se anche lui facesse parte di questo corpo in movimento composto di centinaia e centinaia di corpi staccati ma il cui insieme costituisce un oggetto unitario, come una nuvola o una colonna di fumo o uno zampillo, qualcosa cioè che pur nella fluidità della sostanza raggiunge una sua solidità nella forma. Ma basta che egli si metta a seguire con lo sguardo un singolo pennuto perché la dissociazione degli elementi riprenda il sopravvento ed ecco che la corrente da cui si sentiva trasportato, la rete da cui si sentiva sostenuto si dissolvono… (4)
Dove dissociazione risuona come termine squisitamente gaddiano. Tra questo equilibrio fra pluralità possibile e «algoritmi miopi» – ovvero possibilità solo locali di ordine gnoseologico – si costituisce la possibilità della letteratura di essere voce della complessità del mondo, non più in grado di contrastarne la molteplicità caotica con una forza riformatrice, persuasiva, ma di diventare immagine del mondo come stabilità limitata nello spazio-tempo, «rare isole del razionale», punto di sosta che ci consente di costruire una comprensione sensata della realtà.
Gadda non è però immagine di un relativismo assoluto, di una complessità che accetta tutte le soluzioni e tutti i modelli, dove ogni sapere e visione del mondo è simultaneamente valido ed esperibile: «ciò che conta, sopra tutto, è la costanza delle caratteristiche, in ogni tipo» (Pasticciaccio, RR II 84). In Lezioni americane Calvino usa Gadda proprio per descrivere il groviglio molteplice del mondo, abbandonando l’idea della letteratura come modello di ordine geometrico stabile, e sostituendolo con quello di «enciclopedia aperta» e con quello di «rete». Il sistema descrittivo gaddiano mette infatti in luce un principio rizomatico dove ogni episodio e «ogni minimo oggetto è visto come il centro d’una rete di relazioni che lo scrittore non sa trattenersi dal seguire, moltiplicando i dettagli in modo che le sue descrizioni e divagazioni diventano infinite» (Calvino 1995: I, 718).
Senza subire le ragioni nichilistiche del relativismo epistemico, sia in Gadda che in Calvino, la gnoseologia di ispirazione leibniziana rimane alla fine locale e progressiva, «comme travail de rectification continuée», come «vérités indexées», «telle connaissance est vrai en son genre, et, dans cette région, joue l’inversion relative d’un faux et d’un vrai locaux, point de vue opposés sur cette région». (5)
Cambridge UniversitySt John’s College
Note
1. Lo spiega bene Simonetta Chessa Wright in un libro significativamente intitolato: La poetica neobarocca in Calvino (Ravenna: Longo, 1998).
2. «Da tempo non leggevo esposizione di filosofia che m’appassionasse e “convincesse” quanto questa» (Calvino 1995: I, 253).
3. M. Porro, Letteratura come filosofia naturale, in Riga 9 (1995): 257.
4. Palomar, in Romanzi e racconti, a cura di M. Barenghi & B. Falcetto (Milano: Mondadori, 1992), II, 926-27.
5. M. Serres, Le système de Leibniz et ses modèles mathématiques (Paris: PUF, 1968), 124-25.
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-00-0
© 2004-2025 by Pierpaolo Antonello & EJGS. First published in EJGS (EJGS 4/2004). EJGS Supplement no. 1, second edition (2004).
© 2002-2025 Pocket Gadda Encyclopedia edited by Federica G. Pedriali.
© 2002-2025 Artwork by G. & F. Pedriali.
All EJGS hyperlinks are the responsibility of the Chair of the Board of Editors.
EJGS is a member of CELJ, The Council of Editors of Learned Journals. EJGS may not be printed, forwarded, or otherwise distributed for any reasons other than personal use.
Dynamically-generated word count for this file is 1840 words, the equivalent of 6 pages in print.