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Dal «cuófeno» dell’Ingegnere.
Lo stato delle carte (1)
Paola Italia
L’ordine, lo spirito meticolosamente analitico di un organizzatore di servizî tecnici, la catastrofica precisione del nevrastenico che chiude tutto a chiave in bell’ordine e poi non riesce più a trovare quel che cerca e confonde le chiavi e i lucchetti e le chiavi delle chiavi, il sordo livore del domenicano contro la gazzarra senza senso contraddistinguono la mia persona.
(Paragrafo della verginità, 26 luglio 1927) (2)
Nel 1908, Carlo Emilio Gadda, all’epoca quindicenne, inizia la prima delle catalogazioni del suo archivio:
Carlo Emilio Gadda.
Ricordi dell’anno 1908.
1°. Corrispondenza:
Lettere: 6, (cioè: sei.)
Cartoline illustrate: 4; (cioè: quattro.)
2°. 6 (sei) cartoline illustrate, non spedite, di anni precedenti.
3°. 5 fogli di note.
4°. Un’immagine commemorativa della prima comunione di mio fratello Enrico.
5°. La mia tessera di Pattinaggio dell’anno 1908.
(Vedi retro.)
6°. 3 (tre) calendarî dell’anno 1908.
Carlo Emilio Gadda
23 dicembre 1908.
(Italia 2003d: 65, 6.4c)
In uno dei cinque «fogli di note» citati si legge:
La mia penna stilografica «Waterman» mi fu regalata la sera del giorno 4 luglio 1908 da i miei genitori; essa costa 24 lire.
Io cominciai ad adoperarla e a servirmi unicamente di essa il giorno 5 luglio 1908.
Tutto ciò è verissimo e assicuratissimo. (Italia 2003d: 65, 6.4a)
L’anno successivo, 1909, a sedici anni:
Memorie dell’anno 1909.
Reparto I°.=
3 (tre) cartoline postali del mio povero Papà; e 1 (una) di Emilio Gadda. –
10 lettere dell’anno 1909. –
1 cartolina e una lettera di altri anni, raccolte insieme alle missive del 1909. – Totale: cartoline e lettere: 16. (sedici).
Reparto 2°.: Un biglietto di P. Fumagalli. –
Reparto 3°.: 5 taccuini dell’anno 1909.
(Vedasi pagina seguente:)
4°. la mia pagella scolastica dell’anno scolastico 1907-1908: (cioè della quarta classe ginnasiale.)
5°. La tessera dell’anno 1909 della società di Pattinaggio di cui ero socio.–
6°. La pianta di un castello. –
Anno 1909.
Carlo Emilio Gadda. (Italia 2003d: 66, 6.6a)
Quattro anni dopo, a venti anni, un’altra catalogazione:
Anno 1913.
I ricordi di quest’anno, oltre alla corrispondenza diretta a me e qualche lettera a mia madre, contengono i soliti almanacchi, fotografie, ecc. Dò qui l’elenco di quegli oggetti soltanto che richiedono una spiegazione:
1.° 14 cartoline direttemi da mio padre e trovate solo ora in un cassetto.–
2.° Un turacciolo.– Esso è il tappo della bottiglia di Champagne con cui la sera del 9 dic. 1913, si festeggiò in casa Fornasini il 20.° genetliaco di mio nipote Emilio.
3.° Il numero estratto all’ufficio di Leva.
4.° Due schede elettorali del candidato liberale al mio collegio: (I.° Milano).
5.° Due esercizî di scuola.
6.° La copertina, consunta dall’uso, del mio «Carducci» (poesie.) –
7.° Due fotografie del 1912.–
Poi réclames, carte d’ufficî, ecc. spiegabilissime da sé.–
Corrispondenza
Lettere N.°…………………………….20. (venti.)
Cartoline, biglietti, ecc. N.°……………73. (settantatrè)
Totale:…………………………………93 (novantatrè)C.E. Gadda
29 dicembre 1913.– (Italia 2003d: 69, 6.10)
I lettori dell’ingegnere non si stupiranno: è una precoce conferma della mania classificatoria gaddiana, di quella volontà – come scriveva Roscioni più di trent’anni fa, di omnia circumspicere – e di non voler tralasciare nessun particolare, di appellarsi continuamente a questa certificazione classificatoria, per avere conferma della propria esistenza. Il motto cartesiano per Gadda trova una declinazione archivistica: «catalogo, quindi sono». E ciò sin dall’adolescenza: «Tutto ciò è verissimo e assicuratissimo».
Una mania classificatoria e conservatrice, che l’autore non ha mancato di caricaturizzare nei suoi personaggi; valga per tutti uno degli abbozzi dell’Incendio di Via Keplero, in cui Gadda racconta le eterne diatribe di Arpalice Carpioni, l’incunabolo dell’Adalgisa, con la domestica Caterina, deputata al mero risciacquo delle «scodelle» d’uso quotidiano, per sospetto cronico della «signora» di probabili trafugamenti:
Così essa aveva potuto salvare dall’avidità rapace delle «serve» tutta la sua «roba»: vecchie palandrane tarmate, vecchie calze color arcivescovo, vecchie scatole di cartone piene di giornali vecchî, vecchie scatolette piene di vecchî bottoni scompagnati, vecchî barattoli di salsa, o di sardine, con dello spago, dei ferri da aprir le scatole di sardine (tutto può servire!), degli spilli arrugginiti, dei cavatappi inservibili, delle pile del campanello esauste, dei lucignoli di lampade a petrolio contemporanee del traforo del Frejus, delle monete granducali, delle «stecche di balena».
[…]
Uno dei peggiori dispetti che la Caterina, nella penombra della sua cateratta, poteva fare alla Signora Arpalice era quello di gettare fra le immondizie i residui dei di lei pasti: certi scheletrucci di aringa, certe «pelli» di salame, certe croste di Gorgonzola, prezioso residuo che la vecchia amava conservare per delle settimane intere, nella tema di perdere qualcosa della sua personalità di «signora Carpioni»: poiché‚ «era tutta roba buona», e non «si deve buttar via niente». (3)
E veramente, e flaubertianamente, se è vero che «l’Adalgisa c’est moi», all’archivista delle carte gaddiane si presenta una scena non dissimile, un furore conservativo che gareggia con quello di Arpalice Carpioni: vecchie note della spesa, ricevute di biglietti di viaggio, tesserini del pattinaggio e del tiro a segno, il conto della tintoria e del fabbricante di scarpe su misura, le lettere dei cugini, delle zie, della nonne e delle contrononne, le ricevute delle raccomandate e delle cene al ristorante: «tutta roba buona», roba da non «buttar via niente».
è perciò una sorta di contrappasso il destino che hanno subito le carte di Gadda. Mentre, infatti, i volumi della biblioteca sono depositati presso il Teatro Burcardo di Roma, a cui l’autore li aveva donati, (4) le lettere e i manoscritti hanno subito diversa sorte, seguendo negli anni le peregrinazioni dell’ingegnere in una continua, progressiva dispersione, ed è solo recentemente che sono state depositate o in corso di deposito presso Biblioteche e Archivi pubblici, in modo da permettere quell’opera di catalogazione che annetterà alla complessa geografia del continente gaddiano territori ancora inesplorati o addirittura sconosciuti.
I nuclei più consistenti delle carte dello scrittore – il Fondo Gadda dell’Archivio Garzanti, il Fondo Roscioni e recentemente il Fondo Citati (5) – si trovano presso l’Archivio Storico Civico della Biblioteca Trivulziana di Milano, accanto alle carte di Carlo Porta e di Tommaso Grossi: in buona, ambrosiana compagnia. Le carte familiari e l’epistolario si trovano invece a Firenze, presso la sede dell’«Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti» del Gabinetto G.P. Vieusseux.
L’Archivio Garzanti
Se del Fondo Roscioni e del Fondo Citati è ancora prematuro parlare, essendo state appena avviate le necessarie procedure di inventariazione, le carte dell’Archivio Garzanti sono invece state quasi completamente schedate e da un paio d’anni l’inventario viene presentato a puntate sulla rivista fondata da Dante Isella: I quaderni dell’Ingegnere. Studi e testi gaddiani. Si tratta di materiali di straordinaria importanza, per lo più manoscritti, donati a Livio Garzanti dopo la pubblicazione del Pasticciaccio, a testimonianza e a riconoscenza di un’amicizia e di un sostegno che mai gli erano venuti meno. Il «cuófeno» di Gadda, divenuto presto proverbiale, doveva riferirsi proprio a questi quaderni e notes di appunti, una settantina circa, che coprono un arco di tempo piuttosto ampio, quasi mezzo secolo: dai diari scolastici del 1902-1903 (di un Gadda appena decenne) al quaderno del viaggio in Spagna compiuto con Ungaretti nel luglio 1953. La gran parte, però, risale al decennio 1930-1940, il più produttivo in assoluto della lunga vita dell’ingegnere.
Proprio la particolare natura di questi materiali, costituiti per lo più da elementi compositi, ha richiesto un duplice criterio di archiviazione: una schedatura per quaderni e una schedatura per argomenti tematici od opere. I singoli quaderni, notes di appunti, fascicoli di carte sciolte, sono identificati, quando possibile, con il nome dato da Gadda stesso (es.: quaderno «Climaterico», quaderno «Sottile», ecc.), abbreviato in una sigla («Cl», «S», ecc.). Le altre sigle rimandano al contenuto del quaderno (es.: «AS» = Appunti senesi). Di ogni unità d’archivio viene data la descrizione fisica, seguita dal contenuto dei singoli blocchi testuali che esso contiene, identificati da incipit e explicit; scelta non esente da problemi di identificazione, stante il carattere composito e in fieri della produzione letteraria e saggistica gaddiana.
Accanto alla catalogazione delle unità d’archivio, è stata effettuata una catalogazione per Schede tematiche, che permette allo studioso di ripercorrere un tema o un testo all’interno dei diversi quaderni. Ogni singolo blocco testuale di un quaderno, perciò, si può trovare sia nella scheda del singolo quaderno che in quella relativa al tema o all’opera cui è riferibile. Se, ad esempio, in un quaderno si trovano minute di lettere, il blocco testuale che le comprende, segnato da incipit ed explicit, si trova nella scheda di quel quaderno, ma anche nella scheda tematica intitolata «Corrispondenza: Lettere da spedire». D’altro canto, in un quaderno di appunti vari come AV («Appunti di viaggio»), vi sono testi archiviati in diverse schede, dagli appunti veri e propri, agli indirizzi, ai testi preparatori di articoli a stampa, ecc.
Le Schede tematiche sono, di necessità, a maglia molto larga, ma permettono di ricostruire, accanto alla formazione culturale gaddiana, anche il suo specifico modo di lavorare. È il caso dei materiali preparatori di opere pubblicate (Gli Anni, gli Accoppiamenti giudiziosi, L’Adalgisa, Il Castello di Udine, Un fulmine sul 220, La Meccanica, La Madonna dei filosofi, Il primo libro delle favole, alcune Poesie, i Racconti dispersi, i Racconti incompiuti: Notte di luna e Dejanira Classis, ovvero Novella seconda, il Racconto italiano, alcuni degli Scritti dispersi e i Viaggi la morte), attraverso i quali possiamo seguire la genesi dei testi gaddiani, in qualche caso fornendo il dossier completo degli avantesti, come è accaduto per il trittico milanese degli anni Trenta costituito da Incendio di via Keplero, San Giorgio in casa Brocchi e Fulmine sul 220, pubblicati come Disegni milanesi nel 1995. Importanti anche gli abbozzi e i testi incompiuti (Testi da identificare; Testi inediti; Testi parzialmente editi), e i progetti, alcuni già documentati nel lavoro di annotazione svolto dai curatori delle Opere Garzanti dirette da Dante Isella, e dallo stesso Isella, altri ancora da portare alla luce, disseminati nelle pagine dei quaderni (Progetti di prose critiche; Progetti per articoli di giornale; Progetti per novelle e romanzi).
Ma la messe di dati più ricca e composita è offerta dai numerosissimi quaderni di appunti, che, come e più di quelli dannunziani, ci consegnano la radiografia dell’attività gaddiana, a partire dagli Appunti di guerra e prigionia, per passare a quelli scolastici, per la preparazione degli esami dell’Istituto Tecnico Superiore, recentemente presentati da Andrea Silvestri nell’ultimo numero dei Quaderni dell’Ingegnere (Appunti di ingegneria, Appunti di matematica, ma vi è una scheda specifica riguardante gli Studi d’ingegneria) (Silvestri 2003: 245-84), o di quelli presi all’Accademia di Scienze e Lettere (ci sono Appunti bibliografici di filologia romanza, Appunti bibliografici di letteratura italiana, Appunti bibliografici di letteratura latina, Appunti di filosofia) e più in generale la formazione e l’aggiornamento culturale (Appunti di letteratura americana, francese, italiana, latina) e l’apprendimento delle lingue dello scrittore (Appunti di lingua e letteratura inglese e Appunti di lingua e letteratura tedesca).
Ognuno di questi quaderni offre informazioni preziose. Che Gadda, ad esempio, avesse iniziato lo studio del tedesco in prigionia era già noto, ma viene qui confermata la continuazione dei suoi studi del tedesco, attraverso la traduzione degli Appelmänner, uno dei drammi di Achim von Arnim, commissionatagli da Bompiani e svolta nel febbraio-marzo 1943. Nell’Archivio Garzanti si conservano 3 quaderni di traduzione e appunti preparatori, mentre nella Biblioteca gaddiana del Burcardo si trova un esemplare di Dramen di Ludwig Achim von Arnim e di Joseph Freiherrn von Eichendorf, a cura di P. Kluckhohn, Leipzig, Reclam, 1938 («Deutsche Literatur. Reihe Romantik»: 22), pp. 290, contenente di Arnim, tra gli altri drammi, proprio Die Appelmänner. Il volume, ricco di sottolineature e annotazioni, reca l’etichetta della Biblioteca Nazionale Braidense (che Gadda doveva conservare dagli anni Trenta, dato che negli anni Quaranta vive stabilmente a Firenze nella casa di via Repetti).
Un altro filone interessante è costituito dagli Appunti d’arte, tratti da visite a biblioteche, mostre, musei o viaggi culturali, come quello compiuto con Ungaretti in Spagna nel 1953 e testimoniato dal quadernetto di viaggio con note della visita al Museo del Prado (quaderno «Sp»). Ma vi sono i quaderni di appunti presi durante la visita alla mostra iconografica tenutasi presso la casa dell’Ariosto nel 1933 (quaderno «AA»), della Mostra Colombiana del 27 giugno 1951 (quaderno «AC»), alla Biblioteca Laurenziana (quaderno «IA»), alla Galleria degli Uffizi (quaderno «Lig»), alla Mostra Leonardesca di Milano (quaderno «ML»), poi documentata nell’omonimo pezzo, pubblicato nel 1939 nella Nuova Antologia (Gadda 1939f) e poi escluso dalla compagine di Verso la Certosa; varie annotazioni artistiche spesseggiano anche negli appunti di viaggio (quaderni «AS», «AV», «RA»). O per fare qualche altro esempio, è sintomatico come viaggi e spostamenti, anche per motivi di lavoro, diventino spunti narrativi o forniscano del materiale grezzo da rielaborare in seguito. È il caso del Diario delle residenze e dei trasferimenti, iniziato nel primo dei due quaderni che poi accoglieranno il Fulmine sul 220 il «14 novembre 1928, mio trentacinquesimo genetliaco» e terminato molto prima di quanto sarebbe utile allo studioso, a Terni la «domenica 4 agosto 1929». (6)
è significativa l’assenza dall’Archivio Garzanti della corrispondenza dell’autore, ad eccezione del mannello di lettere di Livio Garzanti, parzialmente pubblicate a documentazione della storia esterna delle varie opere pubblicate con la medesima casa editrice. Le carte donate all’amico editore, quando Gadda viveva già a Roma, costituiscono infatti la sezione letteraria e pubblica delle carte gaddiane: quanto poteva essere utilizzato in sede editoriale nel furore di pubblicazioni che seguì il successo del Pasticciaccio (come le edizioni, nei primi anni Settanta, della Meccanica e di Novella seconda). I quaderni di appunti documentano però, oltre a una serie di indirizzi importanti per ricostruire la rete di legami culturali tessuta dall’ingegnere quando era ancora – come aveva scritto a Tecchi il 6 marzo 1926 (Gadda 1984b: 44) – «giraffa o canguro» nel bel giardino dei letterati di mestiere – minute di lettere, elenchi di lettere ricevute o ancora elenchi di «Persone a cui devo scrivere e cose da fare. Marzo 1928. Nota del 27 marzo 1928» (Quaderno «Climaterico» 57); o ancora la «Corrispondenza in partenza. – Dal 22 aprile 1923» (dal Quaderno di Note varie 7).
L’Archivio Bonsanti
Fino alla morte di Adele Lehr, le carte della famiglia Gadda e Lehr rimangono nella casa di Longone, presso villa «Alta Costa», ed è verosimilmente solo all’inizio degli anni Quaranta che vengono trasportate a Firenze, con il trasferimento dello scrittore nell’appartamento di via Repetti 11.
Alla fine degli anni Quaranta, alla vigilia della partenza per Roma, quando, con l’assunzione alla RAI, Gadda ottiene finalmente il primo impiego regolare non ingegneresco, tali carte vengono donate ad Alessandro Bonsanti, l’amico fiorentino che a partire dagli anni Trenta aveva costituito un costante punto di riferimento nella randagia e solitaria vita dell’ingegnere. (7)
Anche in questo caso, la storia delle carte gaddiane è la storia di un contrappasso: conservate in alcune casse allogate provvisoriamente nei sotterranei del Gabinetto Vieusseux di Palazzo Strozzi, vengono travolte (con gran parte dei libri del deposito) dall’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966. Il paziente e meticoloso lavoro di recupero, svolto dal Laboratorio di restauro dell’Istituto, (8) ha trasformato quelli che si presentavano come blocchi compattati di fango e carta saldata, con materiale in dissolvimento per l’azione delle muffe che avevano letteralmente digerito le carte, in lettere, cartoline e documenti recuperati in larga maggioranza alla lettura. (9)
Il lavoro di ordinamento, preliminare alla schedatura, iniziato alla fine del 2002, ha già permesso di valutare l’importanza di questo Fondo, eccezionale da tutti i punti di vista: personale, letterario, storico, archivistico, conservativo, ma straordinario soprattutto per l’entità dei materiali conservati: più di quattordicimila pezzi, tra lettere e documenti, di cui più di due terzi circa già recuperati.
Di questi ottomila documenti, seimila circa riguardano lettere e documenti di Gadda, gli altri appartengono invece alla sua famiglia. Accanto al Fondo Carlo Emilio Gadda, quindi, vi sono i Fondi Adele Gadda Lehr, Clara Gadda, Enrico Gadda e anche Francesco Gadda, che permettono di completare l’affresco familiare tracciato da Giancarlo Roscioni ne Il Duca di Sant’Aquila. Si può infatti ora dare un volto più preciso a Francesco Gadda, di cui si sono conservate nel Fondo alcune lettere, oltre a varî documenti notarili relativi all’acquisto della casa di Longone e all’attività economica, e ad Enrico Gadda, il deuteragonista in absentia di tutta l’opera del fratello, rimasto finora ancora nell’ombra. E se le più di mille lettere della sorella Clara permettono di ricostruire giorno per giorno la quotidianità della vita gaddiana, e quelle scambiate tra Clara, Adele ed Enrico, ricostruiscono il quadro di uno psicodramma familiare noto finora solo nella sua trasfigurazione letteraria, il carteggio con la madre rappresenta la voce epistolare più attesa e inquietante, il basso continuo che fa da sottofondo a tutta la vita di Gadda ed è triste colonna sonora nella Cognizione del dolore.
Innumerevoli i corrispondenti, alcuni già noti per gli epistolari gaddiani già editi: dagli amici milanesi Semenza, Gobbi e Marchetti, agli amici di guerra e prigionia Tecchi e Betti, dagli amici fiorentini Carocci e Bonsanti, ai letterati delle «Giubbe Rosse», Montale, De Robertis, Loria, Carlo Bo, Gianna Manzini, il giovane Vittorini, ecc. Ma accanto ai nomi più celebri della letteratura italiana degli anni Trenta, si è potuto cominciare a delineare tutta la complessa geografia della «somaresca tribù» dei Gadda, dei Gadda Belloni e dei Gadda Osnago, dei Gadda Castellani e dei Gadda Conti, dei Gadda Testori e dei Gadda Pozzi, dei Gadda di Rogeno e quelli di Longone, e poi dei Ronchetti, dei Fornasini, dei Lehr, e ancora di tutti i rappresentanti di quell’odiosamato mondo ingegneresco frequentato da Gadda ai tempi dell’Ammonia Casale e del lavoro presso la Città del Vaticano, mondo che le carte scoprono non così anonimo e ostile, a partire dai colleghi e amici Valdani, Santagostino, Rossi, ecc.
La situazione in cui sono giunte le carte donate all’amico Bonsanti conferma la mania classificatoria dello scrittore. Ad esclusione infatti dei Fondi familiari, le lettere e i documenti di Gadda erano stati ordinati dallo stesso autore il quale li aveva disposti cronologicamente in piccoli pacchi o buste di colore rosso/arancione a partire dal giugno 1933, periodo in cui, in convalescenza dalla malattia di stomaco nella quiete della casa di Longone, si era dedicato a una prima catalogazione delle sue carte, poi indicata come «riordinamento 1933». Un riordinamento meticoloso, cui seguì la disposizione progressiva della corrispondenza ricevuta in pacchetti distinti per mese, trimestre, o argomento. Che questa fosse una prassi della catalogazione gaddiana, dopo il «riordinamento 1933», lo mostra la presenza di una di queste buste anche nell’Archivio Garzanti. La sezione AMD («Appunti e manoscritti diversi»), reca infatti in intestazione: «Quaderni di Appunti e Manoscritti diversi (Non utilizzabili perché già editi – o perché deteriori.) (o perché scolastici) – L’Ortolano di Rapallo. – I Simbolisti. Corneille. – Quaderni Celle Lager. – Appunti diversi. Carlo Emilio Gadda. Riordinamento 1933. Longone al Segrino. C E Gadda». (10)
Purtroppo, i danni dell’alluvione non hanno consentito di conservare che una piccola parte dell’ordinamento originario, che è tuttavia stato mantenuto nella moderna catalogazione per i documenti, e per gli epistolarî, ora distinti alfabeticamente secondo la prassi archivistica, ma ricostruibili nella loro primitiva disposizione mediante la schedatura informatica. Di ogni pezzo del Fondo, infatti, viene indicata l’appartenenza o meno all’ordinamento originario, e ciò è spesso indispensabile per sciogliere dubbi di attribuzione e cronologici.
A differenza dell’archivio Garzanti, che offre materiali letterari e saggistici affatto nuovi da affidare alle cure degli studiosi, il Fondo Gadda dell’Archivio Bonsanti permette di compiere non solo un percorso biografico di interesse storico e documentario, ma un vero e proprio viaggio letterario nel cuore profondo e altrimenti intangibile dell’opera dello scrittore milanese. Scriveva infatti Gadda a Gianfranco Contini in una delle ultime lettere, il 9 aprile 1963:
Il mio lavoro è logicamente, esteticamente, e narrativamente «sbagliato», fondandosi sulla stolta speranza di «narrare intorbidando le acque» per dépister il lettore dalla traccia della sua reale esistenza. La sua essenza, il movente vero, è un disperato tentativo di giustificare la mia adolescenza di «destinato al fallimento» dallo egoismo narcisistico e follemente egocentrico dei predecessori, dei vecchî, e degli autori de’ miei anni in particolare. (Gadda 1988b: 103-04)
Ripercorrere la vita di Gadda e della sua famiglia attraverso le lettere e i documenti, infatti, significa assistere, con il timore dell’indiscrezione, a una lunga seduta psicoanalitica e allestire contemporaneamente, con l’acribia del filologo, un dossier di fonti letterarie. Impossibile resistere, nell’uno e nell’altro caso, all’empatia sollecitata dal soggetto, che appare, nelle missive dei corrispondenti (tolte alcune felici eccezioni giovanili di cugini e amici), in quelle vesti di timidezza e serietà che costituivano, ai suoi occhi, la «grama sostanza» di «povera creatura, sfortunata e infelice», e ai nostri, la scorza esterna, catafratta dalle convenzioni del tempo, di un nocciolo fatto, come gli scrisse Betti, «davvero di un buon metallo, tutto, fino in fondo» (Italia 2003d: 91, 9.11).
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Note
1. La prima parte di questa relazione è confluita nell’Introduzione al Catalogo della Mostra tenuta presso l’Archivio Contemporaneo «Alessandro Bonsanti» del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze nei giorni 14 novembre 2003 - 16 gennaio 2004 (Italia 2003d).
2. Il secondo libro della Poetica (Gadda 2003a), a cura di Dante Isella, I quaderni dell’Ingegnere. Testi e studi gaddiani n. 2 (2003): 17.
3. Appendice III all’Incendio di via Keplero, Gadda 1995: 275-77.
4. Cortellessa & Patrizi 2001a. E si veda anche l’appendice Il Fondo librario Gadda della Biblioteca Trivulziana di Milano (provenienza Roscioni), curata da Cortellessa ne I quaderni dell’Ingegnere n. 2 (2003): 235-44.
5. Di quest’ultimo fanno parte alcuni materiali gaddiani donati dallo stesso Roscioni a Maria Corti nel 1968 per il Fondo manoscritti dell’Università di Pavia; si tratta di un faldone contenente quattro fasi elaborative della novella La Madonna dei Filosofi, eponima del primo libro gaddiano, e ritagli di giornale contenenti recensioni al volume; cfr. la scheda del Fondo nel Catalogo del Fondo Manoscritti (Torino: Einaudi, 1982), 69-75.
6. Per la ricostruzione della topografica cronologica gaddiana è ora disponibile l’utilissimo regesto delle lettere di Carlo Emilio Gadda compilato da Claudio Vela, Per un censimento delle lettere di Gadda. Repertorio cronologico delle lettere di Gadda pubblicate (al 31 dicembre 2000), pubblicato nel primo numero dei Quaderni dell’Ingegnere (2001): 177-231.
7. «Solo Bonsanti sarebbe riuscito negli anni Trenta a creare intorno a lui un po’ di calore. Montale, l’ammiratissimo Montale, guardava con curiosità e simpatia la nuova, singolare recluta delle lettere italiane; ma mai si sarebbe interessato veramente a ciò che si nascondeva sotto quelle eccentriche apparenze. Quanto agli altri scrittori che Gadda incontrava alle Giubbe Rosse, i suoi rapporti con la maggior parte di loro sarebbero rimasti confinati nell’ambito d’una superficiale anche se vivace, gradevole convivialità» (Roscioni 1997: 298).
8. Il recupero è stato compiuto da Angela Gavazzi e Susanne Ritgen, sotto la direzione di Maurizio Copedé. Per omogeneità con gli altri Fondi dell’Archivio Contemporaneo «Alessandro Bonsanti», nella schedatura, le carte di Carlo Emilio Gadda legate al Fondo di Letteratura, vengono indicate con la dizione: «Fondo Carlo Emilio Gadda».
9. Dopo l’immediata disinfezione in autoclave, negli anni Settanta, e un lungo periodo di stasi, in questi ultimi due anni le carte sono state pulite a secco dalle infiorescenze pulverulente di muffa, separate le une dalle altre e rinforzate. Nel distacco dei materiali, la soluzione più idonea è consistita nella velinatura preventiva con carta giapponese e nello splitting delle due superfici combacianti, sacrificando, nel caso, le buste delle lettere o le immagini delle cartoline.
10. Le indicazioni del riordino gaddiano, tuttavia, non vanno seguite alla lettera: tra questi materiali definiti: «Non utilizzabili perché già editi – o perché deteriori», si trova infatti quell’abbozzo di romanzo intitolato Retica, scritto in prigionia a Rastatt in un tour de force di tre giorni, che segna l’inizio della narrativa gaddiana e la pone sotto gli auspici di numi tutelari come Balzac, Beethoven, Orazio. Il testo integrale di Retica è stato pubblicato, a cura di chi scrive, ne I quaderni dell’Ingegnere. Studi e testi gaddiani n. 2 (2003): 295-311. Si veda inoltre Italia 1995a: 179-202.
Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)
ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-06-X
© 2004-2023 by Paola Italia & EJGS. First published in EJGS (EJGS 4/2004).
artwork © 2004-2023 by G. & F. Pedriali.
framed image: after a detail from Vittore Carpaccio, The vision of St. Augustine, (1502?), Venice, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni.
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