Gadda, la trama, le trame (1)

Aldo Pecoraro

Fra le «Battute da interpolare» pubblicate da Emilio Manzotti in appendice alla sua edizione commentata della Cognizione è illustrato il codice a cui fa riferimento il tribunale della scrittura gaddiana, (2) un codice illuminante anche per il Pasticciaccio:

Forse a lato della realtà fisica, meccanica, bassamente stereometrica, bassamente storica = corre una trama spaventosa e vera, uno spaventoso pensiero. E la cosa o l’atto pensato è più vero dell’accaduta o dell’eseguito. E Dio vede il pensiero, l’immaginato. E, anche non vedesse, si rifiutasse di vedere, (ché tutto può, Dio), l’immaginazione, il delirio rimarrebbero e l’anima si perde nell’imaginare, non nel compiere. (Gadda 1987a: 570)

La scrittura gaddiana esprime la colluttazione tra la trama della realtà superficiale e la trama della realtà profonda, tragica, vera. Il ritornello che orchestra la narrazione della Passeggiata autunnale – «la realtà parlava forte e villana e mentiva ogni cosa come solo la realtà sa mentire» (RR II 951) – agisce nella memoria latente della Cognizione e del Pasticciaccio. La realtà superficiale, ingiusta, disegna trame ingiuste. La passeggiata autunnale, prima prova narrativa autonoma di Gadda, cerca una trama musicale di pensieri che salvi – almeno nel giudizio e nell’affetto delle persone che gli sono care – il protagonista, Stefano, dalle trame ingiuste disegnate dalle apparenze della realtà.

La trama del giallo vuole spezzare in Gadda l’antitrama della realtà visibile, insufficiente sul piano gnoseologico e ingiusta su quello etico. I concetti di trama e antitrama potrebbero spiegare le soluzioni diverse, anche opposte, date dagli interpreti ai gialli gaddiani. Gonzalo è colpevole per l’antitrama disegnata dalle voci e dalle chiacchiere, innocente per la trama scavata dal giudizio del narratore: la scrittura gaddiana, quando giudica, è dicotomica (Pecoraro 1996: 104-07), non ammette ambiguità freudiane. Leggere Gadda secondo Gadda e leggere Gadda secondo Freud sono operazioni antitetiche. Trama e antitrama potrebbero essere definite trama profonda e trama superficiale, escludendo preliminarmente qualsiasi confusione o collusione con l’inconscio freudiano, assimilabile, se mai, alla trama superficiale delle chiacchiere e del senso comune. La trama superficiale del Pasticciaccio è comica, tra serve, ortaggi e delinquentelli, mentre la trama profonda è tragica (innocenza ferocemente accusata o assassinata). La trama superficiale è anche una trama lineare. La trama profonda procede a salti, torna indietro, crea combinazioni a distanza, si legge in termini di sistema.

I gialli sono risolti più dalla trama segreta (Pecoraro 1996: 9-11), che corrisponde al «disegno segreto e non appariscente» individuato nei Promessi sposi da Gadda che scrive l’Apologia manzoniana. La trama segreta è complementare alla trama non detta che rispecchia l’indicibilità politica, cognitiva, tragica (Pecoraro 1998a: ix-xii). La scelta del genere giallo implica la colluttazione con una trama al quadrato. Gadda è scrittore giudicante. La narrativa giudiziaria di Gadda processa le trame tradizionali, le costruzioni della realtà.

L’autobiografia rappresenta una trama aggiuntiva, in grado maggiore nella Cognizione e in grado minore nel Pasticciaccio. Il diario o la narrativa autobiografica implicano un significato forte per il disegno delle azioni e dei pensieri. Cognizione del dolore è anche cognizione della morte. La morte non completa la trama, la spezza. Cognizione e Pasticciaccio si fermano davanti all’immagine della morte in una metatrama della vita che non si conclude linearmente e a comando.

La sofferenza e la morte dell’individuo entrano in sinergia con il dolore e la morte della storia. I tre tempi di morte della Cognizione – campagne napoleoniche, prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale – mal si conciliano con una trama unica. L’alternanza tra Brianza e Sudamerica, tra geografie realistiche e geografie immaginarie può essere seguita solo moltiplicando le strade narrative. La dichiarazione di una trama unica sarebbe compatibile solo con la moltiplicazione illimitata delle digressioni. Per potere parlare di digressioni occorre però essere in grado stabilire quale sia la digressione. Il livello digressivo è in Gadda indecidibile persino quando la scelta è ridotta a due possibilità. Le storie dei fulmini e dei fantasmi nella Cognizione sono digressioni o architravi che reggono le digressioni? Indecidibile.

La guerra spezza il passato e interrompe le possibilità del futuro. I diari di guerra restano a lungo non pubblicati e poi vengono pubblicati quasi postumi – quasi postumi in quanto successivi al tempo di Gadda scrittore, non al tempo della vita. Doppiamente postumo è il Taccuino di Caporetto, comparso anche dopo la morte dell’amico, Alessandro Bonsanti, a cui era stato affidato in custodia. Il diario di guerra è impossibile, perché la trama si regge sull’incontro tra realtà e possibilità: la realtà è rifiutata; la possibilità è negata. La trama è spezzata dal dolore della prigionia e della morte del fratello in frammenti non più ricomponibili.

La cognizione del dolore e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana non sono riducibili a una trama unica. La moltiplicazione degli spazi, dei tempi e dei significati risponde meglio al concetto di trama al plurale, di trame. La distinzione non è rigidamente astratta ma funzionale, operativa. Le interpretazioni così diverse, spesso anche opposte, che sono state date alle opere gaddiane presuppongono una complessità dell’ordito narrativo che è a stento riducibile a un’unica trama.

La moltiplicazione delle trame è complementare ai concetti di lettura a distanza e di trama-sistema. Accanto alla lettura sequenziale acquista rilievo in Gadda la lettura a distanza, essenziale per l’interpretazione. L’immagine di Gonzalo ingordo nelle chiacchiere presenti nella prima parte della Cognizione si rivela bugiarda e ingiusta alla luce della presentazione diretta del personaggio che mangia davanti a un piatto quasi vuoto nella seconda parte. Dato che il capovolgimento a distanza delle chiacchiere su Gonzalo nella Cognizione è sistematico, senza la lettura a distanza Gonzalo rischia di essere scambiato per colpevole. Il senso comune potrebbe colludere con interpretazioni di ascendenza freudiana per accusare Gonzalo ma collide con il buon senso di un’ottica giudicante – quella del narratore – chiara e distinta.

Per la lettura a distanza risulta funzionale il concetto di trama come sistema, di trama-sistema. L’inizio, il centro e la fine della trama lineare non corrispondono necessariamente a luoghi della trama-sistema. L’incompiutezza della trama lineare non è l’incompiutezza della trama-sistema; anzi, per la trama-sistema la conclusione da un lato non è necessaria e dall’altro potrebbe essere in qualsiasi punto del racconto. Il quinto tratto della Cognizione risolve il giallo (c’è già in essenza la morte in memoria della madre di Gonzalo) (Pecoraro 1996: 114-17), e la sua posizione non è obbligata ma libera nella catena narrativa. Il tratto della madre sarebbe potuto essere all’inizio e nulla sarebbe cambiato per l’interpretazione. Il quarto capitolo del Pasticciaccio, con la tragica concatenazione tra i gioielli maledetti e i morti bambini (Pecoraro 1998a: 163-73), risolve il giallo e la sua posizione non è obbligata ma libera nella catena narrativa. Il testamento di Liliana Balducci si sarebbe potuto trovare, ad esempio, alla fine. Il finale del Pasticciaccio in cui il commissario è indotto a «riflettere», a «ripentirsi quasi» rimanda il lettore indietro nella lettura a rimeditare tutte le storie, a ripercorrere tutte le trame. Le chiusure che tendono al centro inducono a immaginare trame concentriche o a spirale.

In Gadda la visione del mondo e la concezione della scrittura si incontrano in una tormentata complessità. La moltiplicazione delle trame è sperimentata sin dai primi racconti: in San Giorgio in casa Brocchi la storia della novecentesca e milanese famiglia Brocchi si alterna con la storia romana di Cicerone e di Cesare in forme e modi difficilmente riconducibili a una trama unica. La trama moralistica dello zio Agamennone e dell’ambiente altoborghese o nobile milanese si capovolge nella trama antimoralistica che affiora narrativamente nel finale a sorpresa e sin dalle prime righe nello stile, nel linguaggio, nella forza delle metafore. La complessità intertestuale ed ermeneutica dei vari livelli narrativi è stata illuminata esemplarmente da Emanuele Narducci (Narducci 2003).

La teoria delle cause al plurale nella parte iniziale del Pasticciaccio coincide con la regia di una narratore di trame al plurale, di un narratore plurale. Le metafore del nodo e del groviglio si riflettono dalla realtà alla scrittura e si completano nella pluralità delle trame. Il limite del neorealismo consiste per Gadda in una visione riduttivamente lineare di una realtà che è viceversa poliedrica. Il lettore kantiano di cui parla Gadda in Un’opinione sul neorealismo presuppone un narratore kantiano. Si potrebbe immaginare un’ermeneutica quantistica con intervalli di soluzioni per i gialli: colpevoli a livelli diversi, ora i fascisti, ora i pescicani, orbitanti nello stesso sistema negativo per Gadda.

Le trame gaddiane si completano con trame allusive. Il riconoscimento della memoria manzoniana nell’episodio del fulmine offre la chiave per la risoluzione del giallo della Cognizione. Con le immagini del fulmine e del fantasma è eseguita la condanna figurale del generale (in particolare di Napoleone, carnefice per antonomasia) e del vate. I generali e i vati, cioè gli attori e i celebratori delle inutili guerre, sono i veri colpevoli della Cognizione. Le ferite della madre di Gonzalo sono le stesse ferite del figlio morto in guerra, inferte, le une e le altre, dai pensieri, dalle parole, dalle azioni dei generali e dei vati. Il volto della madre più che ferito è «ingiuriato». Il teorema dell’oltraggio determina lo svolgimento narrativo della Cognizione. La dimostrazione è presentata fin dal primo tratto con l’esperimento del gatto, tradotto dal teorema fisico dell’impulso a quello morale della conoscenza. L’asserto teorico è adempiuto nella realtà narrativa con la morte della creatura offesa dall’esperimento. Gonzalo e la madre sono le vittime parallele della guerra dei generali e del dopoguerra dei vati, dei falsi reduci e dei profittatori di guerra. Il crimine del pensiero corrisponde per lo scrittore al crimine della parola. Come scrive Platone, l’ingiustizia più grave consiste nel dire di essere giusti e in realtà non esserlo. La forma più alta della conoscenza del dolore consiste nel vivere nella memoria. Il grado più alto nella morte in memoria.

Gli stessi colpevoli della Cognizione agiscono nel Pasticciaccio e il punto di partenza per la soluzione del giallo è ancora una volta manzoniano. L’autoprocesso, come Manzoni insegna (fra Cristoforo, il cardinale, l’innominato e, nella forma di un disegno provvidenziale, Ermengarda, uccisa dalla propria sensibilità), è una prerogativa delle anime elette. Il teorema dell’ingiustizia che informa le precedenti opere gaddiane si applica nel Pasticciaccio all’ingiustizia suprema. Il massimo di colpevolezza coincide nella realtà narrativa con il massimo di innocenza, perché il personaggio più colpevole è anche il più innocente. Tanto innocente da condannarsi a morte in memoria nello spazio di un tribunale mentale che trasfigura sub specie aeternitatis la sua coscienza etica e la sua raffinata sensibilità. Il paradosso tragico dell’ingiustizia permanente consiste nell’impossibilità di condannare, se non a parole o nella letteratura, i veri colpevoli, cioè gli imboscati, i profittatori di guerra, i fascisti, mentre l’unica condanna che resiste all’aggressione della realtà è quella che gli innocenti, trascinati da una dolente sensibilità, coincidente al limite con la conoscenza del dolore, infliggono a se stessi per l’ombra di un pensiero o di una memoria.

La protagonista del Pasticciaccio si rivela sempre più affine, nel corso della narrazione, al personaggio manzoniano di Ermengarda. Anche Ermengarda muore in memoria per ferite morali. E due volte: personalmente per l’oltraggio ricevuto e provvidenzialmente per pagare le colpe degli antenati. Le sue due morti racchiudono, in un certo senso, il destino rispettivamente della protagonista della Cognizione e di quella del Pasticciaccio. La prima come vittima passiva e la seconda come vittima sempre inconsapevole ma attiva ricalcano la sorte di Ermengarda.

Ermengarda, la più innocente delle creature, sconta con la sua morte le colpe dei padri. In una prospettiva terrena, se ad essere sacrificata è la meno colpevole, la giustizia del mondo coincide con la peggiore delle ingiustizie. È la dimostrazione che nel mondo «non resta | che far torto, o patirlo», secondo il testamento spirituale di Adelchi. I nuclei tragici del Pasticciaccio e dell’Adelchi vengono a coincidere.

Anche quella del Pasticciaccio è una morte in memoria. La protagonista, figlia di un profittatore di guerra arricchitosi sul sangue dei sacrificati, si condanna a morte in memoria di tutte le vittime di guerra paterne. » lei la colpevole, il giudice, la vittima del Pasticciaccio. » lei che si serve di una sensibilità finissima, fatta di desideri, affetti, sogni, speranze, illusioni, delusioni, per istituire un processo contro se stessa, memore e beneficiaria dei crimini di guerra morali del padre. L’ipersensibilità che guida il tribunale della memoria, coincidente con la mente di Liliana Balducci, conduce il personaggio a sentirsi in qualche modo responsabile. Il percorso tragico del Pasticciaccio si configura come un’anamnesi platonica. » come se la protagonista scontasse, con le colpe paterne, la memoria delle precedenti vite.

La soluzione in chiave etica dei gialli della Cognizione e del Pasticciaccio qui prospettata presuppone il riconoscimento della memoria manzoniana. La riflessione gaddiana sulla giustizia, una volta organizzata in sistema, viene a sovrapporsi, come per incanto, alla visione negativa della giustizia terrena che è alla base delle opere manzoniane. Al posto del monolinguismo e della linearità della trama, che in Manzoni sono funzioni di una verità e di una giustizia garantite da Dio, il plurilinguismo e le trame speciali – trame plurali, trama e antitrama, trama e metatrama, trama-sistema, trama allusiva – sono forme della colluttazione di Gadda con la complessità della conoscenza e le violenze del mondo.

Leggere Gadda – lo ha scritto Piero Cudini nel Romanzo della letteratura italiana intitolato liricamente Che fai tu luna in ciel – equivale «a lottare col Pasticciaccio e con la Cognizione». (3) Ed è fulgida sintesi.

Liceo Scientifico «F. Buonarroti», Pisa

Note

1. La definizione più limpida e funzionale del concetto di trama è in Peter Brooks, Trame (Torino: Einaudi, 1995). Brooks supera la distinzione astratta tra fabula e intreccio, che ridefinirei trama morta e trama vuota, funzionali a una critica classificatoria, descrittiva, non certo all’ermeneutica.

2. Cfr. il capitolo Il tribunale tragico: «La cognizione del dolore», in Pecoraro 1998a: 79-132, con l’ipotesi di una scrittura giudicante a livello stilistico e strutturale.

3. P. Cudini, Che fai tu luna in ciel. Il romanzo della letteratura italiana (Milano: Rizzoli, 1996), 215.

Published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)

ISSN 1476-9859
ISBN 1-904371-06-X

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Artwork © 2004-2024 by G. & F. Pedriali. Framed image: after a detail from Vittore Carpaccio, Arrival of the English Ambassadors at the Court of the King of Brittany, 1495-1500, Galleria dell’Accademia, Venice.

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